di ENZO COSENTINO
Azienda sanitaria di Salerno (notizia data su Rai 3, ieri): c’è in cura in una struttura pubblica campana un giovane affetto da gravi complicazioni del suo stato di salute per il dilagare di metastasi. Cure oncoematologiche cui sottoporlo non ve ne sono oltre quelle già praticate. Ultimo tentativo sarebbe la somministrazione di un farmaco ampiamente già testato all’estero (mi sembra) ma non disponibile in Italia a carico dell’assistenza pubblica. Una terapia costosa che il giovane non è in condizione di affrontare. “Non si può e non si deve consentire di assistere alla morte di una vita.” I sanitari della struttura che ha in cura il giovane chiedono alla Azienda sanitaria territoriale l’autorizzazione all’acquisto del farmaco nei cui benefici loro credono. Conciliaboli, alla fine l’autorizzazione arriva. Il ciclo ha un costo - è detto nel servizio tv- di circa centomila euro. Somma pesante. Il farmaco si acquista. Esami strumentali successivi sul giovane presentano un quadro notevolmente modificato verso il meglio.
Una assunzione di responsabilità quindi del management medico-burocratico delle strutture coinvolte e così il giovane racconta la sua vicenda. Agli eventuali rilievi che organi dello Stato potrebbero muovere per una deroga al protocollo –dicono medici e responsabili dell’ASP salernitana si vedrà. Una azione coraggiosa ed una vita sicuramente allungata ad un giovane. Perché questo racconto di buona sanità e di burocrazie “senza peli sul cuore”? Per una riflessione –assolutamente non di parte- alla vicenda che nel Capoluogo di Regione sta facendo esplodere la sopportazione di cittadini bisognosi di cure e interventi di cardiochirurgia ad alto valore terapeutico, alle loro famiglie, ad operatori sanitari che rischiano la perdita del lavoro. E’ la triste vicenda che ha posto difronte a severe censure dell’ASP locale (commissariata) il “Sant’Anna Hospital”, struttura privata e convenzionata con il SSN che non sarebbe in regola con il rispetto protocollare. L’ASP ha disposto il blocco della convenzione, fermato rimborsi di somme dovute alla clinica. Di fatto ha fatto cessare al “Sant’Anna” di funzionare.
Riassunta così la storiella, che invece è affrontata in questo ore anche in “punta di diritto”, sembra cosa da niente. No, invece ha fatto suonare centinai di campanelli d’allarme. Perché- è la domanda corrente- si è arrivati a tanto lasciando forse maturare nel tempo le condizioni oggi raggiunte? Perché creare - d’emblée, direbbero i francesi - le condizioni della chiusura del “Sant’Anna Hospital”? Ai più sembra un atto eccessivo di responsabilità di chi lo ha assunto e che non ritenuto tener conto di quante vite nella struttura privata in questione sono state salvate con gli interventi di accertata qualità chirurgica che è alla base delle sempre crescenti richieste da tutta la Calabria e non solo? Ah se si fosse potuto dire finalmente: la struttura pubblica in regime di commissione d’accesso è senza macchie nel suo passato oppure ha tante “mestatasi” dovuto a quel male che si chiama “imbrogli”! Forse nella assicurazione della prima ipotesi si sarebbe potuto anche dare una spiegazione. Ma nell’incertezza la gente che non sa dire : povera sanità calabrese!
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