di DOMENICO LANCIANO
Caro Tito, mi sembra di averti già accennato al fatto che ho un “paese speciale”. Non ricordo se l’ho scritto in queste nostre corrispondenze (ormai giunte alla n. 512) oppure in una delle “Lettere su Badolato” (1-36). Questo mio “paese speciale” è nella mia anima. Non è un paese fatto di pietre e mattoni o di cemento armato. E’ un paese ideale, dove entrano e ci abitano le persone che mi piacciono o che hanno un grande significato per me. In particolare quelli che mi vogliono bene e quelli che mi hanno aiutato a crescere e, adesso, coloro i quali mi aiutano a invecchiare nel miglior modo possibile. Penso che, in fondo in fondo, ognuno di noi ha un proprio “Paese speciale”. Un paese fatto a nostra immagine e somiglianza. Dove sono tutti vivi e operanti, pure quelli che sono davvero morti e sono al cimitero.
Il grande scultore Gianni Verdiglione ha recentemente ripopolato di penitenti il borgo di Badolato (e qualche altro luogo) con apposite installazioni artistiche. Te ne ho scritto di recente con la lettera n. 505 del 30 novembre e n. 506 del 05 dicembre 2023. Rivedi https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-505-lartista-gianni-verdiglione-racconta-con-varie-installazioni-i-penitenti-del-purgatorio-di-badolato-borgo-cz/ e https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-506-si-estende-linteresse-verso-le-anime-penitenti-di-gianni-verdiglione-e-non-solo-a-badolato-cz/.
IL MONDO INTERIORE
Ognuno ha un proprio mondo interiore. Dove abita con chi gli pare e piace; con tutte le fantasie e i sogni possibili e immaginabili. Quasi sicuramente è la parte di noi che ci salva e ci difende dal mondo esterno, quello reale, in gran parte nemico acerrimo della sensibilità di ognuno di noi. E meno male che c’è questa specie di “salvagente”. Solitamente sopravvive meglio chi ha un mondo interiore esteso e ricco. Ad esempio, mio padre, oltre al suo mondo interiore come pensiero e spiritualità, aveva un riferimento quotidiano ben concreto e preciso per ricrearsi l’anima e il corpo: i suoi piccoli appezzamenti di terreni da curare e, in particolare, il suo aranceto dove trascorreva buona parte delle sue giornate in ogni stagione dell’anno. E lo curava così tanto bene che d’estate lo ripuliva di ogni filo d’erba, ricavandone l’ammirazione di tutti coloro che lo andavano a trovare. Sì, addirittura se cadeva un ago, lo si ritrovava sicuramente (affermavano i suoi amici). Ebbene, tutta quella cura quasi artistica del terreno era pure una cura della sua anima, del suo spirito, del suo mondo interiore. Una pulizia etica totale.
Così pure mia madre. Molto difficilmente lasciava la casa dove abitavamo. Quando andava a lavorare in campagna, con mio padre o altre persone, doveva essere e sentirsi sicura che fosse presidiata da qualcuno di famiglia. La casa era il tempio familiare dove doveva àrdere sempre il fuoco palpitante di una presenza. Non amava le feste e nemmeno si recava alla messa domenicale; per cui ci lasciava andare tutti via; e lei restava da sola con i suoi pensieri, con il suo mondo interiore. Amava il silenzio della sua casa. Era come una preghiera. Una religione domestica. Ma non era e non si sentiva sola. Viveva nel suo “paese speciale”.
IL DRAMMA DELLO SPOPOLAMENTO
E a proposito di madri, qualche giorno fa, mi sono ricordato dell’anziana madre di carissimi amici miei, tutti emigrati chi al nord chi all’estero in cerca di lavoro, non di fortuna (come si diceva una volta) … ma solo di lavoro, di dignitoso lavoro per poter vivere altrettanto dignitosamente. Come succede quasi alla maggioranza delle famiglie meridionali (ma anche della restante dorsale appenninica e persino prealpina e alpina d’Italia) i paesi spopolati per mancanza di lavoro e di servizi provocano tutta questa emigrazione giovanile, lasciando spesso da soli entrambi i genitori. A volte restano da soli quei coniugi privati della moglie o del marito per morte prematura.
La pandemia del Covid del 2020-2022 ha poi peggiorato la situazione. A volte esacerbando questa lontananza rilegandola in un isolamento insostenibile e nocivo. Inumano. Dopo la morte di questa anziana madre (che definirei “prototipo” della condizione di spopolamento) per dare conforto a questi miei amici disseminati in vare parti d’Italia e d’Europa ho inviato loro i versi trascritti al seguente paragrafo 3. E’ arrivato il conforto però non è andata via la maggiore amarezza della permanente lontananza dalle persone e dai luoghi che hanno nutrito infanzia e giovinezza di chi è emigrato. Per la cronaca, ho scritto questa “poesia” (cui sono molto affezionato) alle ore 20.08 di sabato 04 luglio 2020 al mare di Vasto Paradiso in Abruzzo.
TUA MADRE
Tua madre / mi dava del “voi” / quando mi parlava / timida e soave / nel suo passo felpato. / Così gentile / pure negli occhi / che abbassava / come per non disturbare. / Tua madre / abita come pochi altri / il paese speciale / che mi sono scelto / per farci entrare / soltanto chi mi piace. / “Come stanno i figli?” / chiedevo quasi sottovoce / sapendola persa / senza di voi / come tantissime altre madri / di questo Sud depredato. / “Li ricordate?” … / “Sì, sono tutti belli / e tutti ho nel cuore!” / Lei sorrideva / triste e felice / come se avesse dato / altrove / tutto l’oro del mondo.
IL DOLORE DELLA MAMMA E NONNA DI DIAMANTE
Caro Tito, è questa una poesia che reputo possa rientrare in quella corrente creativa della “SPOP-ART” … l’arte contro lo spopolamento, cui ho motivo di ritenere facciano idealmente parte artisti come lo stesso Verdiglione e il pittore Roberto Giglio di Badolato, Pasquale Verdone di Agnone del Molise, le animatrici socio-culturali Fausta Mancini e Maria Porrone (creatrici dei babàci e di altre iniziative per rivitalizzare il loro borgo molisano di Poggio Sannita), il poeta e paesologo Franco Arminio di Bisaccia (AV) e tantissimi altri, tra cui Maria Rosaria De Rito di cui qui di sèguito riporto un suo recente post pubblicato sul suo profilo facebook, apprezzato e commentato dai suoi amici che la seguono con tantissimo affetto.
Di questa donna, mamma e nonna cosentina abbiamo già pubblicato alcuni racconti in << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-413-ce-calabria-per-tutti-ovvero-18-brevissimi-racconti-di-maria-rosaria-de-rito-di-diamante-cs/ >> (15 luglio 2022) e in << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-474-in-omaggio-la-terza-raccolta-di-racconti-di-maria-rosaria-de-rito-di-diamante-cs/ >> (10 luglio 2023). Il motivo dominante delle sue narrazioni è quello della rabbia dei nonni meridionali (e calabresi in particolari) privati non soltanto dei propri figli emigrati altrove ma, di conseguenza, pure dei nipotini. Uno strazio affettivo per la mamma-nonna ma anche uno strazio antropologico per tutto il Sud e per tutti gli altri territori spopolati. Purtroppo una situazione assai comune che coinvolge tutte quelle famiglie che hanno figli e nipoti che vivono altrove, di qualsiasi nazionalità, poiché l’emigrazione non è soltanto italiana ma appartiene a tantissimi altri popoli del mondo. Ma ecco il più recente post apparso e leggibile sul profilo facebook di Maria Rosaria De Rito.
L’EMIGRAZIONE
La Calabria. Una domenica mattina di una donna del Sud con il suo nipotino sognando… Mi sono svegliata di buonora, come sempre. Ma oggi è domenica ed ho un bel programmino. Come tutte le domeniche, del resto. La cucina. Regno di tutte le donne del Sud, mi aspetta… complice e sorridente. Faccio colazione, ma intanto avvio le uova a bollire e il ragù che già ieri sera aveva cominciato a gorgogliare, riprende da dove era rimasto. Il mio the, fra i fumi della cucina, mi riscalda come il ricordo della mia infanzia, e di quando osservavo mia nonna fare ciò che sto facendo io. La saluto. Lei mi risponde subito. Entra, infatti, un fascio di luce del mattino nella stanza. E quando mai mi ha negato il suo sorriso. Riprendo, forte anche di questo saluto, e vado spedita per svolgere il mio programma. A pranzo c’è mia figlia col marito e il mio prìncipe. Più tutti gli altri. Le polpette le faccio apposta per lui. Trovatemi un bambino a cui non piacciono le polpette di una nonna del Sud. Non esiste.
Sono le nove e mezza e sono a buon punto. Mi vesto ed esco. Mi sta aspettando. Infatti è già pronto, con tanto di cappello e sciarpa, ché fa freddo stamattina. Mi salta tra le braccia appena mi vede. Io lo prendo e lo stritolo. Salutiamo mamma e papà ed è mio. Tutto mio. Mi ha cambiato la vita questo bambino e mi ha pure resa migliore. Sì, davvero … non esagero. Più saggia, serena, paziente … ha dato un senso ai miei giorni … ecco … proprio come dice la canzone.
Passeggiamo, lo amo, e tengo stretta quella manina che è ormai una ragione di vita per me. Sento il brivido del tempo che verrà. Me lo trasmette lui. Si entusiasma di tutto, ed io che avevo dimenticato certe sensazioni, presa dalla routine, le riscopro insieme a lui. Il letargo che avvolge gli anni che passano, rendendo grigie le tempie e le giornate, svanisce. I colori dell’infanzia rimbalzano nella mia vita di adulta. Mi fa bene. Rido. Ride pure lui e mi dice che sono una nonna speciale. La migliore del mondo. Ed io … salgo in paradiso e scendo solo perché devo tenergli la mano. Altrimenti resterei lì … Ci fermiamo davanti la Chiesa. Decidiamo di entrare. Gli ricordo che lì dentro c’è Gesù. Si entra in silenzio e ci si fa il segno della Croce. Si fa serio. E’ ancora più bello. Sì, nonnina, mi dice. Mi stringe la mano. Lo osservo. Capisce tutto. Quello che si vede e quello che non si vede. Gesù parla ai bambini. Quando mi rendo conto che la soglia di attenzione è giunta al limite, usciamo.
Sono stata una mamma prepotente, a volte. Giammai lo farei con lui. Ecco … essere nonni ti dà la possibilità di riparare agli errori di gioventù. Corriamo sul Lungomare. Stabiliamo che chi arriva lì per primo, ha vinto. Per fortuna ma la sento. Vince lui, ma non c’erano dubbi. E’ la sua partita, questa. La mia è già stata … tanto tempo fa. Io gli faccio solo compagnia. Poiché vuole un gelato, giusto premio per aver vinto la corsa, ci fermiamo al bar. Si chiama Cuore Matto. Ed è matto proprio come il mio, che batte di gioia. Ricordo che mia nonna, in questi casi, mi presentava a tutti. Ed io faccio uguale. Lui è il mio nipotino …. La butto lì … ma in realtà aspetto sempre che mi dicano che è bellissimo. Poi quando aggiungono che mi somiglia …. Be’ gòngolo.
Chissà perché i nonni si rincitrulliscono così, penso. Forse perché è l’ultima parte della vita. E abbiamo capito cosa conta davvero e cosa no. Lo prendo in braccio, solo un attimo, perché pesa. Lo bacio. Fortissimo. Su una guancia e sull’altra. Lui ci sta. Gli serve il mio amore per crescere. Piano piano ci dirigiamo verso casa mia. Entra e subito mi guarda. Nonna voglio le polpette. Ma certo amore mio. Arrivano gli altri. Sono indaffarata. Accaldata. Impicciata. Gli do un altro bacio e gli metto il piatto davanti. Lui per primo. Poi a seguire gli altri. Continua … ancora a lungo. Per buona parte del pomeriggio. Ma non voglio tediarvi.
Vi è piaciuta la storia?… Tutta inventata. Sono in negozio e guardo fuori. Ogni domenica penso che vorrei fare questo. Stamattina l’ho scritto. Magari funziona. E il magone se ne va. Fatemi compagnia. E’ dura fare la nonna, subendo l’emigrazione. E non se n’è parlato abbastanza finora. Duccio … che tu non abbia mai a pensare che io da quaggiù… non ti amavo. Buona domenica a tutti voi. Chissà si capisca, una volta per tutte, di cose è stato privato il Sud e la mia Calabria, costringendo i nostri figli all’emigrazione. E si capisca pure che la nostra colpa peggiore è questa pietosa silenziosa Rassegnazione ….
UN LIBRO ENTRO L’ANNO ?
Caro Tito, fin da quando, nel febbraio 2022, quasi due anni fa, ho letto i primi brevi racconti inviatemi via email, ho capito che Maria Rosaria è una scrittrice nata e l’ho incoraggiata a continuare a scrivere, così come adesso la sto sollecitando a pubblicare in un libro cartaceo la raccolta dei suoi post (destinati finora soltanto ai suoi amici facebook). Magari con il titolo << LA RABBIA DEI NONNI DEL SUD >>. Spero tanto che si senta pronta a dare alle stampe questi suoi “cammei” … vere perle di vita vissuta e, quindi, davvero autentiche e condivisibili con centinaia di migliaia di genitori e di nonni. Proverò ad interpellare qualche editore, vediamo se tale progetto riuscirà ad andare in porto. Sarebbe assai significativo se il libro di Maria Rosaria De Rito potesse essere presentato e lanciato proprio il prossimo due ottobre 2024, giornata dedicata ai nonni.
A parte i sentimenti che esprimono, tutti questi post sono un eccezionale, irrinunciabile ed originale documento socio-antropologico dei nostri tempi in cui la maggioranza dei genitori e dei nonni vivono lontani dai loro figli e dai loro nipoti. E’ una delle tante prove che il “centro” succhia tutte le energie economiche e generazionali delle “periferie”. Il nostro Sud Italia, in particolare, è depredato fino alla ultima goccia di risorse e di vita. Uno squilibrio che va sanato. Il mondo vive di troppi squilibri e andando avanti così non potrà avere lunga vita. Ecco pure perché nel 1990 ho fondato la “Università del Riequilibrio” … affinché si studino e si prendano i più salutari provvedimenti affinché si ritorni ad un minimo di equilibrio e possibilmente di armonia socio-antropologica.
SALUTISSIMI
Caro Tito, solidarizzo davvero tanto e di cuore con tutte le persone che vivono lontano e disgregate dalle loro famiglie per necessità di sopravvivenza. Solidarizzo con l’Autrice Maria Rosaria De Rito, la quale ha il coraggio di esprimere pubblicamente il proprio dolore per la lontananza di due dei suoi tre figli e dell’unico nipotino che meriterebbe tutte le attenzioni e l’amore anche dei nonni calabresi e non soltanto toscani. E’ un insopportabile esilio, non soltanto emigrazione forzata. E a proposito di Toscana, ha un maggiore significato ricordare qui i celebri versi in cui Dante (nel 17mo canto del Paradiso) fa pronunciare all’antenato Cacciaguida sul suo esilio da Firenze: << Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale >>.
Ed ecco che ognuno di noi ha bisogno del proprio “Paese speciale” in cui rifugiarsi. Cesare Pavese (1908-1950) scriveva che … << Un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti >>. Però questa è la foto dei nostri paesi a metà del ventesimo secolo. Di oltre 70 anni fa. Adesso la situazione si è stravolta in brevissimo tempo e i paesi (così tanto svuotati dall’emigrazione e dall’esilio specialmente dei giovani) sembrano non aspettare più nessuno. Speriamo che popolo ed istituzioni facciano qualcosa per rimediare a tutto questo dolore, a questa innaturalezza che porterà la stragrande parte dei popoli alla completa alienazione, dove non ci sarà più posto nemmeno per un “Paese speciale”.
Con questo augurio, che proviene pure dal più profondo del mio esilio e dal più assurdo dolore di mamma e nonna Maria Rosaria De Rito, concludo questa “Lettera n. 512” passando ai saluti più cari e sinceri per te e per i nostri sempre gentili lettori, alcuni dei quali ci dimostrano ancora una encomiabile “fedeltà” cui va il nostro più affettuoso ringraziamento. Alla prossima. Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, martedì 16 gennaio 2024 ore 19.44 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Alcune foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web; altre mi sono state fornite dalla scrittrice Maria Rosaria De Rito.
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