di DOMENICO LANCIANO
Caro Tito, come puoi immaginare, l’estate sconvolge e dilata i tempi. Così, travolto dagli imprevisti di questo periodo di fine luglio e inizi agosto, non ho avuto proprio la possibilità di mantenere la promessa (espressa, al paragrafo 7, in << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-623-in-omaggio-il-libro-scelte-coraggiose-della-scrittrice-molisana-paola-giaccio-premio-nazionale-reggio-calabria-day-2025/ >>) di inviarti nella stessa giornata di ieri (giovedì 31 luglio 2025) questa “Lettera 624” con il commento “il problema irrisolto degli Ebrei” di Salvatore Mongiardo, noto filosofo di Soverato e Scolarca fondatore della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone. Me ne scuso e provvedo adesso, dopo essermi premurato, ieri pomeriggio, di inviarlo almeno a qualche centinaia di testate di Calabria, Basilicata, Molise, Piemonte e nazionali; cosa che mi ha occupato meno tempo. Purtroppo, di tutte queste centinaia di testate giornalistiche web, finora (venerdì 01 agosto 2025 ore 10.50) hanno pubblicato soltanto: 1) https://www.lanuovacalabria.it/salvatore-mongiardo-il-problema-irrisolto-degli-ebrei (segr. red. Rita Barone di Catanzaro); 2) https://www.telemia.it/dal-cedro-di-calabria-alla-croce-tra-bibbia-pitagora-e-violenza-sacra/ (red. Raffaella Silvestro di Roccella Jonica RC); 3) https://www.politicamentecorretto.com/2025/07/31/il-problema-irrisolto-degli-ebrei/ (dir. Salvatore Viglia di Roma). Ringrazio tutti, tanto e di vero cuore; così come ringrazio il Direttore di << www.preserreedintorni.it >> (Franco Pòlito di Squillace CZ) che dovrebbe pubblicare prossimamente. Grazie, grazie, grazie!
Devo dirti che ho ottenuto soltanto questi pochissimi risultati (a fronte di un tema così coinvolgente) … molto probabilmente perché nessuna redazione forse si azzarda a pubblicare qualcosa (anche se di solo “candido” commento unicamente socio-culturale) su un problema così tanto spinoso ed insidioso come quello dell’ennesima guerra tra Israele e Palestina, che ormai si protrae da troppo tempo, prendendo sempre i più i connotati (pure secondo alcuni stessi israeliani o ebrei che vivono altrove) di un vero e proprio “genocidio” dei Palestinesi di Gaza; mentre in Cisgiordania i coloni si permettono ogni sorta di crimine e di pulizia etnica, commettendo addirittura omicidi persino sotto gli occhi delle telecamere e dell’inerte (anzi, spesso complice) esercito israeliano.
Devo dirti che ho ottenuto soltanto questi pochissimi risultati (a fronte di un tema così coinvolgente) … molto probabilmente perché nessuna redazione forse si azzarda a pubblicare qualcosa (anche se di solo “candido” commento unicamente socio-culturale) su un problema così tanto spinoso ed insidioso come quello dell’ennesima guerra tra Israele e Palestina, che ormai si protrae da troppo tempo, prendendo sempre i più i connotati (pure secondo alcuni stessi israeliani o ebrei che vivono altrove) di un vero e proprio “genocidio” dei Palestinesi di Gaza; mentre in Cisgiordania i coloni si permettono ogni sorta di crimine e di pulizia etnica, commettendo addirittura omicidi persino sotto gli occhi delle telecamere e dell’inerte (anzi, spesso complice) esercito israeliano.
Uno di questi israeliani famosi è il pluripremiato scrittore David Grossman (nato a Gerusalemme nel 1954), nella foto 3 che segue.
David Grossman
Infatti, i giornali italiani di stamani continuano ad evidenziare (sempre più insistentemente da giorni) come, all’interno della società israeliana, cresce il dissenso verso questa guerra ormai non più tollerabile … intollerabile pure per alcuni Governi esteri i quali hanno dichiarato di voler riconoscere (finalmente!) lo Stato di Palestina. Tuttavia, posso affermare (io che seguo le vicende israelo-palestinesi dalla molto traumatica per me guerra dei 6 giorni del giugno 1967) quanto segue … gli stessi Stati (che oggi gridano a situazione non più sostenibile, al genocidio o a qualcosa di simile) non hanno adeguatamente appoggiato la costituzione di << due Popoli – due Stati >> in tempi più propizi quando si era ad un passo dalla Pace e da tale costituzione pratica … che molto probabilmente avrebbe riportato almeno un allentamento delle tensioni in Medio Oriente. O forse le avrebbe acuite. Chissà?!… Sta di fatto che da millenni tale regione è afflitta da scontri, da stragi e da vere e proprie carneficine reciproche. E forse, a detta di alcuni (tra cui il nostro Salvatore Mongiardo), non si arriverà a capo di nulla, poiché gli uni vorrebbero cancellare gli altri in una Terra sempre più insanguinata dove, così pare, c’è posto per un solo Popolo e non per due (apparentemente così tanto diversi e contrastanti, pur provenendo dallo stesso Padre Abramo). La Storia ci dimostra che i confitti fratricidi (così come le dispute e le inimicizie tra fratelli) sono i più cruenti e irrisolvibili.
E su questo termine “irrisolvibile” si snoda la seguente annotazione di Salvatore Mongiardo, che pure qui torno a ringraziare per tutto ciò che ci sta elargendo in Opere e disponibilità personale per capire le più spinose ed ingarbugliate questioni del mondo, ma anche le più amene origini della Calabria Prima Italia. Ancora e sempre GRAZIE tante e di vero cuore, Salvatore! Ed ecco, qui di sèguito la sua testimonianza IL PROBLEMA IRRISOLTO DEGLI EBREI. Buona lettura a tutti. PACE E BENE a tutto il mondo, specialmente alle terre più martoriate!… Alla prossima “Lettera n. 625”.
IL PROBLEMA IRRISOLTO DEGLI EBREI (Commento del filosofo Salvatore Mongiardo)
Faccio seguito all’invito dell’amico Prof. Vincenzo Villella di scrivere di più sugli Ebrei, dopo l’interesse suscitato da quanto avevo scritto recentemente sul suo magnifico libro Ebrei di Calabria. In quel commento, che riporto integralmente nella prima parte di questo, avevo citato l’episodio che mi aveva portato a scoprire l’origine del cedro calabrese, che alcuni Ebrei raccolgono ancora oggi per la festa di Sukot o delle Capanne, la quale si celebra a fine estate. Era il 2010 e abitavo a Milano, quando lessi del cedro calabrese, di cui prima ignoravo l’esistenza. Per approfondire la materia mi recai alla Sinagoga centrale di Milano in Via della Guastalla. Mi ricevette il rabbino dr. Elia Richetti, poi deceduto, il quale ammise di non saperne nulla: tanto bastò per farmi ritenere la notizia del cedro calabrese un’invenzione giornalistica. Poco tempo dopo, però, il dr. Richetti mi telefonò, dicendomi che il cedro calabrese era una tradizione degli Ebrei Loubavitch, e mi diede il telefono di un rabbino, Michail Elmalèh, il quale mi fissò un appuntamento in un loro centro di Piazza Castello.
Da tempo mi ero posto il problema di come l’Italia era vista e conosciuta nel mondo ebraico prima di Cristo. Quel mio interesse era nato dall’aver letto nello storico ebreo Giuseppe Flavio che gli Esseni seguivano la dottrina insegnata ai greci da Pitagora, il quale tenne scuola a Crotone. In seguito, l’affermazione di Benedetto XVI che Gesù seguiva la dottrina essena, opinione ormai condivisa da tutti gli studiosi, ha aumentato la mia curiosità sull’argomento. Il cedro della Calabria è tenuto in grande considerazione dagli Ebrei della corrente Loubavitch, nome di una città russa, dove nel Millesettecento nacque il grande Movimento Chassidico, attualmente seguito da circa un milione di Ebrei, quelli che portano barba, cappello nero e camicia bianca, e hanno il loro centro più importante a Brooklyn, N.Y.
In italiano la parola cedro indica sia il frutto, che dà un frutto più grande e meno aspro del limone, sia l’albero maestoso delle conifere, come il cedro del Libano. Ovviamente qui parlo del cedro frutto.
Il giovane rabbino Elmalèh mi fornì le notizie sul cedro calabrese che si trovano nel secondo volume del TANYA, opera filosofica del gran rabbino Schneur Zalman di Liadi (1745-1812), e prima ancora nel commento alla Bibbia di Rabbi Shlomo Yitzhaqi (1040-1105), uno dei più famosi commentatori medievali, che visse in Francia intorno al Millecento. Continuò poi la spiegazione così.
La Genesi narra che Isacco sposò Rebecca ed ebbe due gemelli, Esaù e Giacobbe. Esaù era il primogenito, ma la benedizione paterna fu data al secondo figlio Giacobbe con un inganno ordito dalla loro madre Rebecca. Isacco scoprì l’inganno e, per riparare il torto, fece a Esaù una grande promessa:
Nel grasso della terra sarà il tuo luogo di residenza.
Il grasso della terra fertile che produceva l’olio di oliva era l’Italia della Grecia, come veniva chiamata dagli Ebrei quella che poi fu la Magna Grecia, cioè la Calabria.
La tradizione, ripresa dal rabbino chassidico Y.Y. Schneerson (1880-1950), vuole che quando Mosè intorno al 1200 a.C. era nel deserto con il popolo fuggito dall’Egitto, dove era stato tenuto in schiavitù per circa quattro cento anni, ricevette da Dio l’ordine di celebrare la festa delle Capanne o Sukot. Per quella festa era indispensabile il frutto del cedro, che Mosè non poteva trovare nel deserto, e allora mandò dei messaggeri su una nuvola a prenderlo in Calabria, dove almeno negli ultimi 250 anni gli Ebrei Loubavitch l’hanno cercato e cercano ancora a Santa Maria del Cedro e a Marcellina, due comuni sul Tirreno in provincia di Cosenza.
Nella festa delle Capanne si usano per la benedizione:
Gli Ebrei definiscono il cedro calabrese haddar, splendido, perché le radici dell’albero vanno in orizzontale e, con il caldo, l’albero poteva morire. Il limone, invece, ha radici che vanno in profondità, per cui era facile la tentazione di innestare il cedro su un limone. Ma allora si perdeva la purezza originaria e il frutto non era più kosher, adatto, come invece si era mantenuto quello calabrese.
Il Midrash, il commento rabbinico della Bibbia redatto da più autori tra il primo e il quinto secolo dopo Cristo, mette in luce gli insegnamenti giuridici e morali, utilizzando diversi generi letterari come racconti, parabole e leggende. Nel Midrash il frutto proibito dell’Eden non era la mela – la Bibbia in realtà non menziona nessun tipo di frutto – ma proprio il cedro. Quest’unicità del cedro, che simboleggiava il cuore umano, era confermata dal fatto che esso è l’unico albero che ha lo stesso gusto nel legno della pianta e nel frutto. In ebraico, poi, Italià significa rugiada, quindi non solo terra grassa, ma anche irrorata di rugiada: un sogno per gente che vagava nel deserto.
Il mio interesse aumentò dopo aver letto nei due libri di Villella: Giudecche di Calabria, 2014, ed Ebrei di Calabria, 2024, quanto scrisse nel 1848 l’abate Vincenzo D’Avino. L’abate napoletano scriveva che San Girolamo (347-420), pessimo di carattere ma preciso nella scrittura, afferma che attorno a Capo Bruzzano, sulla costa jonica in provincia di Reggio Calabria, si trovava un notevole insediamento di Ebrei, lì arrivati molto prima dei coloni greci, coloni greci che in seguito avrebbero civilizzato quegli Ebrei. Ho dato la caccia alla lettera di San Girolamo, che ne scrisse ben 143, per leggere il testo originale, ma finora senza successo. Anzi, invito chi sapesse di tutte le lettere del santo, di segnalarmele.
Tutto ciò mi porta a concludere che la grandissima stima che gli Ebrei avevano della Magna Grecia proveniva dall’etica, quell’etica italica scoperta da Pitagora in Calabria e diffusa in tutto il Mediterraneo, Ebrei inclusi.
La dottrina di Pitagora affermava: << Se uccidi l’animale, ucciderai l’uomo. La pace nasce dal rispetto della vita dell’animale >>. Secondo Pitagora l’uccisione dell’animale non poteva essere giustificata dal bisogno di cibo o dalle intenzioni umane, anche se gli Ebrei erano pastori che campavano scannando pecore e agnelli: è quella la loro vita. Tuttavia, l’uccisione dell’agnello innocente creava sensi di colpa che gli Ebrei cercarono di superare, attribuendola alla volontà di Dio che prediligeva quel sacrificio cruento. Immaginarono così un Dio padre padrone duro e implacabile. Tutto ciò fu confermato senza equivoci dal superpitagorico Gesù, che parlò di sé stesso come del Buon Pastore, che non mangia e non vende le sue pecore, ma vive in loro compagnia e le conduce al pascolo. Gesù rinnegò quindi la cultura pastorale degli Ebrei ed è un superpitagorico, perché non si limitò alle parabole o all’esortazione di Pitagora a non uccidere gli animali. Egli, difatti, unico in tutta la storia di Israele, cacciò e liberò gli animali destinati al sacrificio nel Tempio di Gerusalemme, anche se si rendeva conto che avrebbe pagato quel gesto inaudito con la vita.
La dottrina pitagorica era seguita dagli Esseni in Israele e dai Terapeuti: quest’ultimi Ebrei pitagorici vivevano attorno ad Alessandria d’Egitto, che probabilmente Gesù frequentò dalla sua infanzia fino al rientro in Israele. I membri di quelle due comunità erano avverse ai sacrifici di sangue, contestavano il Tempio, erano rigidamente vegetariani e indossavano per la loro cena tuniche di lino bianco all’uso pitagorico.
Questo mio scritto ricade sotto la mia personale responsabilità: non intendo coinvolgere il Prof Villella e nemmeno la Nuova Scuola Pitagorica, di cui sono lo Scolarca, anche se queste mie riflessioni sono nate dalle mie ricerche sul pitagorismo.
In realtà il problema ebraico mi aveva sconvolto già nel 1966, quando in Germania studiavo diritto internazionale comparato, ma dedicavo del tempo a documentarmi sui crimini nazisti. Poi, la prima visita fatta al lager di Dachau mi aveva impressionato al punto che non dormii per tre notti, anche se quel lager era meno crudele degli altri, se così si può dire. Durante la mia visita in Terra Santa nel 1999, guidata dal Cardinal Martini, svenni quando vidi le lucette nel monumento all’olocausto Yad Vashem che si spegnevano per ricordare il milione e mezzo di bambini ebrei uccisi nei lager. Io ho avuto e ho ancora ottimi amici Ebrei, e scrivo queste cose per svegliare gli Ebrei dall’incubo sanguinario che li ha accompagnati lungo tutta la loro tragica storia.
Per comprendere come il problema ebraico sia nato, bisogna leggere la Bibbia, che il mio amico Mimmo Lanciano ha correttamente definito un bollettino di guerra: una guerra spietata, guidata inizialmente da Mosè in persona. Ecco alcuni esempi riportati dalla Bibbia del gran numero di stragi perpetrate dagli Ebrei contro i popoli che volevano sottomettere occupando i loro territori:
Mi fermo per decenza, ma la Bibbia elenca altri popoli sterminati dagli Ebrei.
Torniamo ora al 1966, quando tornai dalla Germania in paese, Sant’Andrea Jonio, e il vecchio prete Don Salvatore Bressi, mi mandò a dire che dovevo assolutamente andare a trovarlo, perché doveva chiedermi una cosa troppo importante. Riporto qui esattamente quanto scrissi al capitolo 20 del mio primo libro Ritorno in Calabria, 1994.
Disse Don Salvatore:
– Ho voluto vederti per chiederti una cosa. Tu ora abiti in Germania e dovresti saperla.
Dentro di me pensavo: sapere cosa? Se i pastori protestanti si sposano? Come celebrano le loro funzioni?
– Volevo sapere se veramente esistono quei posti dove i tedeschi hanno fatto quelle brutte cose agli ebrei…
– I lager nazisti, intervenni io. Sì, certo che esistono, li ho visitati.
Don Salvatore impallidì e con un filo di voce disse:
– Allora non è propaganda! Vergine Santissima! Ma come è stato possibile? Ho letto che erano milioni e milioni di giovani, vecchi, madri, bambini, e sulle pareti delle camere a gas c’erano le unghiate della disperazione… No, non dirmi nulla, non voglio sapere più nulla!
Don Salvatore si tolse gli occhiali, prese dalla tasca un fazzoletto e si asciugò gli occhi. Poi, per riprendersi e darsi un contegno, si soffiò rumorosamente il naso e disse:
– Proprio non capisco! Dicono che gli ebrei sono la razza più intelligente del mondo, eppure si fanno cacciare e ammazzare dappertutto. Dove sta allora la loro intelligenza? Era meglio se avessero dimenticato tutto, anche la Bibbia! Quello che noi chiamiamo libro della salvezza, è stato la loro condanna a morte. Nella Bibbia sta scritto che Dio vuole sacrifici e gli ebrei si sono lasciati sacrificare dai tedeschi credendo che fosse un segno della predilezione divina!
Venti anni dopo, nel 2014, una domenica passavo da Piazza San Pietro e Papa Francesco, alla finestra per l’Angelus, mostrava una copia della Bibbia, invitando i fedeli a leggerla. Molte copie venivano offerte ai presenti e io ne ebbi una. Sulla copertina c’è l’immagine del papa, che vi aveva scritto:
È importante leggere la Parola di Dio: è Gesù che ci parla lì! E accoglierla con cuore aperto. Allora il buon seme porta frutto!
Quel papa, una gran brava persona, aveva certamente letto la Bibbia, ma non aveva capito la nascita e l’avanzare della violenza nel mondo. Per poter capire questo meccanismo infernale bisogna esaminare la storia con la mente di Pitagora, del superpitagorico Gesù, di don Salvatore e la mia, tutti partecipi di una visione italica e pitagorica dell’etica.
La storia del lager nazista di Ferramonti, in provincia di Cosenza, conferma questa mia affermazione. In quel lager nazista furono portati circa 1300 ebrei e altri 200 dissidenti, e la gestione fu affidata a carabinieri calabresi. Nessun ebreo fu maltrattato, essi potevano uscire e cercare lavoro nelle campagne, se nascevano bambini da coppie giovani, che chiedevano il battesimo per proteggere la prole, il comandante faceva da padrino e offriva il pranzo a casa sua. Nel campo furono permesse due sinagoghe e, anche dopo il 1943, quando la Calabria fu liberata dai tedeschi, molti vi rimasero volontariamente fino alla fine del conflitto. I carabinieri presero dei grossi rischi con i nazisti, che erano arrivati per una ispezione, e furono allontanati con una pestilenza messa in scena.
La Chiesa cristiana porta il nome di Cristo, ma dovrebbe essere chiamata biblica, perché San Paolo ha cambiato la dottrina di Gesù, basandola sul sacrificio salvifico di Gesù: una questione ben nota tra gli specialisti del Nuovo Testamento. San Paolo non lo ha fatto per malafede, ma perché egli si era formato sulla Bibbia nei quindici anni passati alla scuola di Rabbi Gamaliele a Gerusalemme.
Di conseguenza egli scrisse nella sua Epistola ai Filippesi (2,6-11):
Cristo per noi si è fatto obbediente sino alla morte, e alla morte in croce. Per questo Dio lo ha innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome.
La dottrina biblica, che Gesù voleva ribaltare, ha dominato tutte le chiese cristiane, e così la violenza del mondo, da turpe e ripugnante, è diventata sacra e necessaria alla salvezza. Secondo la Bibbia, difatti, il figlio innocente doveva morire per cancellare il peccato di Adamo: era arrivata all’assurdo che un Dio padre lascia morire il figlio innocente per salvare i colpevoli!
Quel grave malinteso fu compreso dal grande poeta tedesco Reiner Maria Rilke (1875-1926), il quale scrisse che i cristiani, invece di vedere la croce di Cristo come un segnale di pericolo, hanno piantato le tende e si sono accampati ai suoi piedi.
Quando Papa Benedetto XVI visitò il lager di Auschwitz, si chiese accorato: Ma Dio dove era? Quel Dio che lascia morire il figlio sulla croce era dove è ancora oggi, nella testa di gran parte degli Israeliani, i quali massacrano i bambini palestinesi che cercano il pane in mezzo a una popolazione destinata a morire di fame: una vicenda che il mondo, incapace di reagire per viltà, pagherà a caro prezzo. Quelle scene agghiaccianti, furono descritte molto prima dal profeta Geremia nella Bibbia alla sua Quarta Lamentazione:
La lingua del lattante si è attaccata al palato per la sete; i bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro.
Siamo un’umanità destinata allo sterminio, rinchiusa in un’Auschwitz iniziata migliaia di anni fa dagli Ebrei, i quali sterminavano le genti che vivevano nei territori che essi volevano conquistare. Una Auschwitz, poi, subita dagli Ebrei per opera dei nazisti e ora praticata da Israele a Gaza contro i Palestinesi. Con la fame e l’uccisione dei bambini che cercano pane, il governo israeliano ha azzerato l’umana pietà che il mondo provava per l’olocausto di milioni di Ebrei.
Le mie parole sono purtroppo confermare dai fatti, e le scrivo per aiutare tutte le vittime e tutti i carnefici, anche loro vittime di una voglia irrefrenabile di sterminio e di morte. Chi ci libererà dalla competizione e dalla violenza che stanno sommergendo il mondo? Avevo pensato a un’Accademia Mondiale Antiviolenza e un Osservatorio Etico, ma oggi mi sembrano strumenti inadeguati per fermare sia gli scontri armati che quelli finanziari. Perciò mi sono convinto che possa liberarci solo una seconda venuta di Cristo, quello storicamente reale, che compì molte azioni in aperta contraddizione con i precetti della Bibbia. Difatti Gesù:
È una materia che la Chiesa ha paura di ammettere, perché rinnegherebbe tutta la sua teologia, la seconda croce costruita con la dottrina biblica, alla quale Cristo è ancora inchiodato. Essa ha favorito la violenza del mondo, mentre invece Gesù augurava: Pace a voi. Sarebbe sbagliato giudicare queste mie affermazioni come un attacco alle Chiese cristiane. Io tendo invece una mano alle Chiese per tirarle fuori dal grande imbroglio che le ha paralizzate nel fermare la violenza umana.
Per tutti questi motivi io seguo l’esortazione di Einstein, che diceva:
Se qualcuno crede di aver scoperto qualcosa di nuovo, ha il dovere morale di dirlo. Io penso che questa mia scoperta sia avvenuta perché è nell’ordine delle cose: se questo è vero, le cose possono ancora radicalmente cambiare. Questa speranza è come aria fresca di cui l’umanità ha bisogno per non soffocare disperata.
Sono molti gli Ebrei residenti in Israele e altrove che disapprovano il governo israeliano, che per vendetta cerca in maniera abominevole con le armi e la fame, la distruzione della Palestina, come fece l’antico ebreo Sansone, il quale a Gaza fece crollare la casa dicendo: Muoia Sansone e tutti i Filistei! Salvatore Mongiardo – 31 luglio 2025
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736