Lettera a Tito, un ricordo di Pietro Borraro da parte di Ennio Scannapieco nella Rassegna Storica Salernitana 2023
Borraro e Sannapieco
19 febbraio 2024 14:41di DOMENICO LANCIANO
Caro Tito, lo scorso lunedì 29 gennaio 2024 il prezioso scrittore Ennio Scannapieco di Salerno mi ha inviato il suo saggio breve “Pietro Borraro (1927-1982) a quaranta anni dalla scomparsa” per come estratto dal fascicolo 80 (nuova serie n. 10 – dicembre 2023) della Rassegna Storica Salernitana prodotta dalla Società Salernitana di Storia Patria che, fondata il 13 gennaio 1920, ha adesso come presidente il chiarissimo docente universitario prof. Alfonso Conte (www.storiapatriasalerno.it). Tale prestigiosa rivista semestrale è edita da Francesco D’Amato di Scafàti – SA (info@damatoeditore.it e https://www.facebook.com/damatoeditore/?locale=it_IT). Avuto con immediatezza il consenso del dottor Scannapieco, con email di venerdì 09 febbraio 2024 (ore 08.13) ho chiesto alla Società Salernitana di Storia Patria il permesso di pubblicare gratuitamente su questo nostro sito www.costajonicaweb.it (ed eventuali altri siti web amici) le dodici pagine di tale scritto commemorativo. Una settimana dopo, con email di venerdì 16 febbraio 2024 (ore 18.03), il presidente Alfonso Conte mi ha dato l’atteso “nulla osta”: “Gentilissimo dott. Lanciano, nessun problema. Può tranquillamente inserire il profilo”. E’ quindi con grande gioia che, ringraziando tanto e di vero cuore Scannapieco e Conte, partecipiamo ai nostri lettori tale nobilissimo omaggio tributato al Maestro Pietro Borraro (giornalista, grande studioso, meridionalista e precursore dell’Animazione Culturale in Italia) purtroppo molto prematuramente scomparso a soli 55 anni, nel pieno del suo fervore per la valorizzazione e la diffusione della Cultura, sia come Direttore della Biblioteca Provinciale di Salerno e sia come Apostolo ed Eroe della promozione socio-culturale pure a livelli internazionali. Nessuno come Lui. Davvero.
Come ricorderai, ne avevamo accennato in modo molto accorato (sabato 11 giugno 2022 alle ore 15,51) nella << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-404-pietro-borraro-1927-1982-uno-degli-intellettuali-piu-esaltanti-del-novecento-europeo/ >> … testo interamente poi inserito subito dopo (con numerose immagini) nell’opuscolo “SAN PIETRO BORRARO MARTIRE” (che ho dato alle stampe in 68 pagine, più le copertine, nella Tipografia Antonio e Anna Litterio di Agnone del Molise) nell’imminenza del quarantesimo anniversario della morte (15 giugno 1982-2022). Ricorderai, altresì, che il dottore Scannapieco è stato, per qualche tempo, stretto collaboratore del direttore Borraro alla Biblioteca Provinciale di Salerno (come dimostra la ormai storica foto di copertina tratta dal suo libro “Pietro Borraro una vita per la Cultura” – 2003 – patrocinato dalla stessa Società Salernitana di Storia Patria per Laveglia editore).
PERCHE’ PROPRIO QUI E ADESSO PIETRO BORRARO
Qualcuno sicuramente mi chiederà o si chiederà perché proprio qui e adesso Pietro Borraro … e perché ancora una volta dopo la “Lettera n. 404” a Lui dedicata sabato 11 giugno 2022 … Rispondo. Prima di tutto Pietro Borraro è stato un accorato e tenace meridionalista (come dimostrano i suoi scritti e la sua stessa vita) e come tale andrebbe meglio conosciuto da chi ha a cuore la sorte del nostro Sud. Secondo, perché è un modello da imitare e da seguire il più possibile dal momento che (come ben descrive Scannapieco sia nel suo citato libro del 2003 e sia nel tributo che propongo qui di seguito al paragrafo 2) ogni città, paese, borgo e comunità avrebbe bisogno di un Pietro Borraro per fare davvero appassionata e disinteressata promozione ed animazione socio-culturale, specialmente là dove lo spopolamento morde di più non soltanto nel nostro Sud ma in tutte quelle zone tremendamente colpite dalla desertificazione inflitta dalla cattiva globalizzazione (persino nel Centro-Nord Italia non industrializzato, in tutta l’area mediterranea ma anche nei Paesi, vicini e lontani, da cui provengono i tantissimi migranti). In tale senso, Borraro potrebbe essere inserito pure nella “Storia della Spop-Art”.
Pietro Borraro
Terzo, perché Pietro Borraro (che io considero Santo e Martire oltre che tra i più ferventi “stakanovisti”) è uomo-prototipo di valori etici indispensabili e insostituibili, urgenti e necessari per una qualsiasi comunità così come per ogni persona onesta e volenterosa. Quarto, avrebbe potuto benissimo prendersela comoda e fare (come tantissimi altri) il tranquillo “burocrate” alla sua tutelata e sicura scrivania di Direttore di Biblioteca Provinciale (sia a Potenza che a Salerno), dedicandosi così alla propria famiglia e ad innocui ozi culturali, senza arrovellarsi e consumare il cervello ed il fisico nelle logoranti, numerosissime piccole e grandi imprese di promozione sociale … probabilmente non sarebbe nemmeno morto nel pieno del suo iperattivismo, portando con sé la moglie Adalgisa e la sua primogenita Argentina, lasciando orfani in troppo delicata e giovanile età i figli Mario, Giovanni e Rosaura con tutte le dolorose problematiche attinenti e fin troppo perduranti. Ci sarebbero tanti altri motivi che giustificano questa ulteriore evidenza di Pietro Borraro; ma ritengo che la notevolissima sensibilità ed acuta intelligenza dei nostri lettori abbiano già compreso abbondantemente la piena validità di questa nostra riproposta culturale, civile ed etica. A completamento pure della nostra “Lettera n. 404”, ecco quindi, per intero, il tributo del dott. Ennio Scannapieco per come presente nella Rassegna Storica Salernitana del dicembre 2023 (pagine 181-192). Precisazione: tale saggio non contiene foto; quelle riportate qui di sèguito sono una mia iniziativa per alleggerire la lettura ed illustrare, per quanto possibile, luoghi e situazioni inerenti il protagonista della narrazione.
PIETRO BORRARO (1927-1982) A QUARANTA ANNI DALLA SCOMPARSA
La sera del 27 novembre 2003, alla presenza di un pubblico discretamente numeroso intervenuto presso il salone delle conferenze della Biblioteca Provinciale di Salerno, fu presentato il volume “Pietro Borraro, una vita per la cultura”, edito a cura della Società Salernitana di Storia Patria nella collana ‘Quaderni salernitani’ e da me scritto in occasione del ventennale della tragica scomparsa dello studioso casertano che, per circa un decennio, aveva diretto la predetta istituzione bibliotecaria distinguendosi – sia pure con simpatie e giudizi non sempre unanimi – per il suo singolare attivismo intellettuale nel campo della divulgazione e dell’animazione culturale sul territorio: un attivismo poliedrico, meritorio e sicuramente disinteressato che in trent’anni di ininterrotta carriera gli avevano fatto comunque guadagnare la stima ed il rispetto di un gran numero di studiosi di ogni parte d’Italia e d’Europa. Purtroppo, questo lungo quanto costruttivo percorso esistenziale di “virtute e canoscenza” iniziato nei lontani anni ’50 del Novecento, si era chiuso all’improvviso nella notte tra il 14 e il 15 giugno 1982, in seguito ad un fatale incidente d’auto verificatosi sulla superstrada (oggi autostrada) Avellino-Salerno. Si trattò di una vera e propria – ed assai poco metaforica – ‘caduta sul campo’, perché al momento dell’incidente Pietro Borraro stava rientrando dall’Incontro culturale Italo-Finlandese tenutosi alcune ore prima presso il comune di Montesarchio, ultima tappa di un ciclo di manifestazioni collegate all’importante ‘Convegno Internazionale sull’Animazione Culturale in Europa’ che nei giorni precedenti lo studioso aveva promosso e diretto – con lo stesso prorompente e vulcanico entusiasmo dimostrato in tante analoghe occasioni – nella ridente località di San Marco di Castellabate, sulla costiera del Cilento.
Gli intervenuti alla presentazione del mio volume forse ancora ricorderanno che la circostanza fu in gran parte monopolizzata da una dotta ed appassionata prolusione del prof. Francesco D’Episcopo, docente di materie letterarie presso l’Università ‘Federico II’ di Napoli, che tra il 1976 e il 1980 aveva avuto fattivi ed amichevoli rapporti di collaborazione intellettuale con Pietro Borraro, e della cui personalità conosceva molto bene le varie sfaccettature. Nel corso di almeno un’ora di dotta dissertazione, il professore D’Episcopo mise infatti a fuoco, con una punta di evidente e sincera commozione, i suoi profondi rapporti di amicizia con lo scomparso, i grandi meriti civili ed intellettuali del medesimo sotto il duplice aspetto di eclettico studioso e di organizzatore di cultura sul territorio, nonché quel peculiare carisma che aveva permesso all’erudito casertano di allacciare rapporti cordiali ed affettuosi con tutti i suoi spesso prestigiosi interlocutori. Da parte mia, alla fine della serata, nel ringraziare i presenti per essere intervenuti, riparlai del mio vecchio proposito di tramandare alla memoria dei posteri il nome del maestro casertano facendogli intitolare almeno l’istituzione bibliotecaria salernitana da lui diretta per circa un decennio, ed invitai chi fosse stato d’accordo, a porre la propria firma in margine ad una petizione da me preparata allo scopo. Riuscii a raccogliere qualcosa come un’ottantina di firme, e l’istanza fu poi regolarmente trasmessa ad Alfonso Andria, presidente della Provincia di Salerno. Ma la proposta, nonostante le assicurazioni ricevute ed un clima prospettico in apparenza favorevole, era destinata a perdersi nel silenzio degli archivi dell’amministrazione. E da allora, a parte qualche sporadica circostanza celebrativa, qualche breve articolo ed il mio volumetto del 2003, a tutt’oggi non rimane quasi nulla in grado di perpetuare nella nostra memoria collettiva i meriti civili ed intellettuali associabili al ricordo di Pietro Borraro.
Quali e quanti furono questi meriti, non bastarono neppure le oltre cento pagine del mio saggio a darne un resoconto appena circostanziato: giornalista, bibliotecario esperto, cultore di studi umanistici e danteschi, fondatore e membro di numerose associazioni accademiche, conferenziere brillante ed ‘ambasciatore’ di cultura italiana all’estero, appassionato conoscitore e instancabile pioniere della riscoperta e della valorizzazione delle realtà storico-culturali delle due regioni cui si sentì maggiormente legato, la Campania e la Basilicata; autore, inoltre, di centinaia di eclettici saggi e curatore di poderosi volumi di erudizione accademica, ma soprattutto ideatore, organizzatore e ‘regista’ di oltre trenta tra seminari, incontri culturali e convegni di studio che hanno offerto innegabili contributi alla cultura locale e nazionale. In realtà, il singolare curriculum vitae del nostro personaggio si presta con molte difficoltà ad essere sintetizzato nell’ambito di un semplice articolo commemorativo come il presente. Nato a Caserta il 13 ottobre 1927, laureatosi in giurisprudenza presso l’Ateneo napoletano, Pietro Borraro aveva preferito dedicarsi piuttosto alla professione di giornalista – sia pure nell’ambito del giornalismo di cultura e di promozione –, attività che gli permise di combattere innumerevoli (e per lo più fortunate) battaglie in favore della tutela e della valorizzazione delle memorie storiche ed artistiche della sua terra natia: sui testi specialistici non è quasi mai ricordato, ma si deve soprattutto al suo zelo, ai suoi ostinati interventi giornalistici ed alle sue numerose petizioni se un patrimonio d’arte e di storia come l’antico borgo medievale di Casertavecchia, disabitato da oltre due secoli, fu infine promosso a Monumento Nazionale e preservato con lunghi lavori di restauro. Nel 1953, a soli 26 anni, divenne direttore della Biblioteca ‘Fortunato Messa’ della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, della quale era stato il principale socio fondatore e di cui tenne per vari anni la carica di segretario generale, curando l’edizione dei primi volumi dell’Archivio Storico di Terra di Lavoro: un merito che, al pari degli altri, sembra oggi quasi dimenticato nei circoli culturali casertani. (nota 1 – Sul sito internet della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, è comunque riportato che la Società fu fondata il 20/12/1952 «dal giovane studioso Pietro Borraro assieme ad altri 24 soci»).
Nel contempo, fondava diverse nuove associazioni culturali in provincia di Caserta, fu socio-corrispondente di un gran numero di altre società (accademiche e non), mentre come giornalista e saggista non smise mai di scrivere articoli e di curare rubriche per varie riviste nazionali e locali, alcune fondate e dirette da lui stesso. La bibliografia borrariana da me a suo tempo reperita, anche se molto incompleta (nel 1974 il Dizionario biografico dei meridionali, pubblicato a cura di Raffaele Rubino, stimava infatti a più di 400 gli articoli di Borraro apparsi fino a quel momento su giornali e riviste), comprende almeno duecento studi monografici i cui argomenti, spesso molto distanti tra loro, rivelano un eclettismo intellettuale non comune ed hanno offerto molto spesso importanti contributi alla riscoperta di realtà locali di ordine storico, artistico, letterario ed anche biografico, prima in gran parte sconosciute. «Si tratta in generale di scritti brevi» – annotò il professore Vittorio Enzo Alfieri di Milano in un articolo commemorativo apparso sulla Gazzetta di Parma del 27 luglio 1982 – «perché mancò a Borraro, in tanta febbrile attività, la quiete necessaria per scrivere un libro unitario, organico e ponderato». Furono per lo più scritti brevi, è vero, ma essi spaziavano da argomenti di storia patria con argute carrellate nelle problematiche storiche e sociali del nostro Sud, a temi più generali di letteratura e di storia dell’arte, e scorrendo l’interminabile elenco dei suoi scritti si passa, per esempio, da un saggio sulla Tradizione unitaria italiana da Dante a Mazzini ad altri dedicati alla storia degli Arabi in Basilicata o alle Basiliche paleocristiane di Cimitile. Innumerevoli furono, infatti, i saggi dedicati ai monumenti storici oggetto delle sue battaglie di salvaguardia e di promozione, mentre pochi ricordano il fatto che Pietro Borraro fu anche il fondatore ed il curatore di alcune collane di studi specialistici, tra le quali una meritoria ‘Collana di Studi Lucani’, i cui molti volumi furono stampati dall’editore Congedo di Galatina.
Come giornalista e divulgatore di cultura, il nostro studioso fu parimenti corrispondente e collaboratore, per vari anni, della RAI e della Radio Vaticana, presso la quale tenne un ciclo di rubriche dedicate ai monumenti italiani meno noti (come Vecchia Italia sconosciuta e Centri di cultura e di spiritualità). E, in aggiunta a queste attività, trovò anche il tempo di girare l’Europa – dall’Olanda alla Finlandia, dalla Spagna alla Norvegia, dall’Inghilterra alla Jugoslavia – per tenervi pubbliche conferenze aventi a tema le bellezze naturali e le ricchezze storico-artistiche dell’Italia Meridionale. Questa attività di conferenziere, forse meno conosciuta ma vasta quanto quella di pubblicista, fu agevolata dal fatto che Borraro rivestiva, tra l’altro, anche la qualifica di dirigente provinciale della Società Dante Alighieri, ed all’estero poté quindi avvalersi dell’appoggio dei locali Istituti Italiani di Cultura. Le sue dotte conferenze erano sempre accompagnate da proiezioni di diapositive illustranti le bellezze paesaggistiche e archeologiche, ma anche il folklore e le tradizioni di molte località del nostro Mezzogiorno, Campania e Basilicata in particolare. L’accoglienza positiva e la risonanza che ebbero queste ‘ambascerie’ itineranti di italica cultura sono attestate dalle cronache leggibili sui quotidiani dei vari paesi visitati, e dal conferimento a Pietro Borraro della croce di prima classe al merito della Repubblica Federale di Germania, una delle tantissime onorificenze ed attestazioni di merito che il nostro studioso seppe accumulare nel corso della sua vulcanica esistenza (tra queste, vanno ricordate numerose medaglie d’oro e d’argento, spesso con relativo diploma, ricevute dall’Ufficio del Presidente della Repubblica, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei Deputati e da vari altri ministeri ed enti locali).
Ma saranno soprattutto le già ricordate iniziative culturali di tipo collettivo (mostre, incontri tematici, seminari e, specialmente, i suoi leggendari convegni di studio), realizzate in collaborazione con studiosi di ogni parte d’Italia e d’Europa e spesso col patrocinio delle più alte cariche dello Stato, a caratterizzare la febbrile esistenza ed il destino stesso del nostro personaggio. Un attento resoconto su tali manifestazioni – almeno trentacinque tra il 1960 e il 1982 – e la cui messa a punto richiedeva un enorme impegno in termini di tempo e di energie intellettuali, è ovviamente riportato nel mio volume biografico del 2003. Per dovere di completezza commemorativa, non posso esimermi dal richiamare qualcuna di tali performances anche in questa occasione, citando quelle più prestigiose in termini di contributi culturali offerti e di consensi ricevuti: come ad esempio i cinque Congressi di Studi Danteschi (uno degli argomenti preferiti nell’ambito degli interessi umanistici borrariani), che furono organizzati in varie località della Campania e della Basilicata tra il 1961 e il 1970 secondo un eclettico e variegato piano di indagini tematiche (Dante nel secolo dell’Unità d’Italia; Dante nell’Italia Meridionale; Gli studi danteschi nel secolo XIX; Dante nell’esegesi dei secoli XIV e XV e Dante e la cultura sveva) e i cui atti, curati dallo stesso Borraro, furono successivamente pubblicati dalla prestigiosa casa editrice Olschki; oppure i vari Congressi sulla Storiografia Lucana (Le antiche civiltà lucane; Giacomo Racioppi e il suo tempo; Francesco Lo Monaco, un giacobino del Sud; La Questione Meridionale da Giustino Fortunato ad oggi e Il brigantaggio nel Sud), tutti realizzati nel periodo (1967-1973) in cui Pietro Borraro passò a dirigere la Biblioteca Provinciale di Potenza, presso la quale non mancò di distinguersi per il suo impegno professionale e per l’immensa mole di iniziative culturali finalizzate alla riscoperta degli aspetti più vari e delle problematiche storico-sociali di una regione, la Basilicata, fino ad allora non pienamente valutata ed apprezzata nell’ambito della cultura ufficiale.
Anche il pur difficile periodo salernitano, cominciato nell’autunno del 1973 quando lo studioso vinse un concorso per la carica a direttore della locale Biblioteca Provinciale, fu molto fecondo di iniziative congressuali, perché annovera ben quattordici manifestazioni pienamente realizzate tra il 1974 e il 1982, tra le quali il leggendario ‘Congresso Internazionale di Studi Manzoniani’ ed analoghe iniziative dedicate a Ludovico Ariosto, Masuccio Salernitano, Alfonso Gatto, Manara Valgimigli, San Bernardino da Siena e Giuseppe Prezzolini. Appena terminato quest’ultimo congresso (aprile 1982), Borraro si buttò a capofitto nella sua ultima fatica intellettuale ed organizzativa, il già ricordato ‘Convegno Internazionale sull’animazione culturale in Europa’, tenutosi a San Marco di Castellabate tra il 6 e l’11 giugno 1982, con la partecipazione di studiosi di almeno quindici paesi europei. Il tema, almeno in relazione agli ultimi momenti della sua personale evoluzione intellettuale, gli stava particolarmente a cuore: quello dell’unità e dell’universalità del sapere pur nella molteplicità e nella diversità delle culture, attraverso l’affratellamento degli uomini sotto il vessillo supernazionale dell’intelletto. Fece appena in tempo a veder realizzato l’inizio del suo sogno generoso; pochi giorni dopo la morte lo ghermì brutalmente assieme a metà della sua famiglia, ponendo per sempre fine ad un’attività febbrile e disinteressata, ad un ideale propositivo e costruttivo che può forse apparire imparentato con le odierne e più agguerrite teorie sull’animazione culturale e sulla funzione del sapere in una società già allora ineluttabilmente avviata verso l’odierno processo di ‘globalizzazione’ e di confronto tra culture diverse, ma che proprio per questo, almeno nei modi e nell’azione, fu sicuramente in anticipo sui tempi.
È lecito domandarsi, a questo punto, come fece Pietro Borraro – scavalcando ostacoli di ogni sorta ed una realtà contingente spesso poco favorevole alle sue aspettative – a conseguire i tanti successi che arrisero comunque alle sue continue e molteplici iniziative. E soprattutto dove prendeva, questo pallido studioso casertano dall’aspetto tanto apparentemente fragile, e che pure aveva una consistente famiglia a cui badare, il tempo e le energie necessarie per far fronte a tante eclettiche fatiche volontariamente assunte? A tali domande posso solo rispondere, come del resto ho già fatto nel corso del mio libro, che quasi certamente Pietro Borraro non avrebbe potuto intraprendere e sostenere una così lunga e proficua carriera di animatore e di indagatore-divulgatore culturale, e portare a compimento degli impegni tanto gravosi in termini di tempo, di energie mentali e di pubbliche relazioni, se oltre ad una grande capacità lavorativa e ad una volontà di ferro che mai cedeva davanti alle avversità, non avesse trovato nella sua peculiare psicologia di studioso una grandissima ‘fede’ nella forza salvifica della Dea Cultura, ed un’indomita necessità interiore di portarne il dono magico e nobilitante in ambito sociale. Per Borraro, la ‘cultura’ non fu mai un fatto statico di cui godere in solitudine o da esporre magari su uno scaffale, bensì una forza viva, un movimento ininterrotto di scoperte, di idee e di ideali, una realtà palingenetica e rinnovatrice che doveva essere operante nel vivo corpo della società e finalizzata al progresso civile e intellettuale dell’uomo. Essa anzi personificava, nella visione ideale e totalizzante del nostro studioso, l’Uomo stesso, era l’Homo sapiens colto nel suo livello evolutivo più eccelso e spiritualmente elevato. Tuttavia, anche questa ‘fede’ quasi incommensurabile sarebbe stata forse insufficiente a garantirgli il buon esito delle iniziative intraprese, se il nostro studioso non fosse stato parimenti dotato, da madre natura, di un peculiare carisma personale e comportamentale che gli permetteva di ‘conquistare’ letteralmente i suoi interlocutori, nonché di servirsi, senza remore e senza economia alcuna, della disponibilità di chi aveva forse l’‘imprudenza’ di assicurargli aiuto e collaborazione. Tutti i suoi amici ed estimatori, nel ricordare i loro rapporti personali e di collaborazione con l’intellettuale casertano, sono infatti concordi nell’attribuirgli una straordinaria abilità (che io definivo ‘genio dell’amicizia’) di stabilire con chiunque, in pochi secondi, i rapporti umani più cordiali ed amichevoli: «Era insomma» – come scrissi anche nel mio libro – «l’uomo dei sorrisi e degli abbracci, e ne distribuiva senza economia alcuna, con forse calcolato candore, a vecchi amici come a persone conosciute un momento prima». E proprio in questo quasi seduttivo modus operandi nei rapporti sociali, stava gran parte del segreto che gli aveva permesso di stringere le amicizie più disparate con intellettuali e studiosi di ogni parte del mondo. Anche se poi sono stato spesso sfiorato dal sospetto che questo peculiare comportamento, parallelamente ad un bisogno autenticamente cristiano – e quasi fanciullesco – di gratificare il prossimo con aneliti di gentilezza e di fratellanza, celasse anche una calcolata tecnica psicologica per meglio disporre l’animo altrui a condividere le difficoltà emergenti dalla pratica realizzazione delle manifestazioni culturali scaturite dalla sua instancabile fantasia propositiva.
Comunque sia, nonostante questo suo peculiare savoir-faire e gli innegabili meriti attribuibili alle sue tante iniziative di ordine culturale e divulgativo, occorre anche precisare che nel corso della carriera del nostro studioso non ci furono sempre rose e fiori o facili successi: il suo instancabile attivismo e le sue istanze propositive, infatti, non sempre trovavano il dovuto riscontro presso i suoi numerosi interlocutori (soprattutto quando si trattava di burocrati o dipendenti di pubbliche amministrazioni), che spesso facevano fatica a comprendere i risvolti apparentemente poco utilitaristici delle iniziative che Pietro Borraro proponeva a getto quasi continuo. Senza contare le facili gelosie piuttosto comuni in tanti ambienti ‘intellettuali’, e le incomprensioni provenienti da ambiti culturali a lui ideologicamente avversi. A tale proposito, il periodo salernitano (1973-1982) del nostro studioso fu particolarmente difficile, soprattutto a causa dei cambiamenti che stavano palesemente intervenendo nella storia civile e culturale del mondo occidentale. Erano infatti gli anni turbolenti innescati dalla contestazione giovanile del Sessantotto, cui non posso non riconoscere il merito oggettivo di aver dato un inestimabile impulso alla libertà di critica nei confronti di cose ed istituzioni che negli anni precedenti parevano intoccabili, ma che nel mio libro non ho potuto fare a meno di qualificare come «un tronfio guazzabuglio di idee politiche confuse e velleitarie, un calderone variopinto di chiassose rivendicazioni in cui trovavano posto istanze e riferimenti ideologici spesso lontanissimi tra loro […] E nel quale Marx si trovò gemellato con Freud, Lenin a braccetto con Marcuse, e l’anarchismo libertario e protoecologico dei “figli dei fiori” accanto al più torvo fondamentalismo ideologico e liberticida delle sinistre veterorivoluzionarie». Da questo «variopinto carnevale ideologico» era scaturito, già a partire dalla metà degli anni ’60 del Novecento, un attacco sempre più violento contro tutti i valori morali e culturali espressi dalla cosiddetta ‘civiltà capitalistico-borghese’ e, soprattutto, contro la vituperatissima ‘repressione sessuofobica’ che i contestatori sessantottini attribuivano tanto alla tradizione cattolica che all’azione calcolata e sfruttatrice del capitalismo. E così, di punto in bianco, l’esaltazione della libertà sessuale nelle sue forme più spinte ed anarcoidi, fu promossa ad istanza rivoluzionaria di emancipazione e di catarsi liberatoria, venendo stranamente a sovrapporsi al tradizionale moralismo sociale delle vecchie ideologie di estrema sinistra. Col risultato che, mediante l’alibi piuttosto opinabile della ‘libertà di espressione’ ad ogni costo, fu permesso il definitivo sdoganamento della pornografia stampata e filmata, e di un erotismo generalizzato che, di pari passo con una spettacolarizzazione senza precedenti della violenza (espressa in Italia soprattutto nei cosiddetti ‘spaghetti-western’) causò quel generale abbassamento della morale collettiva e nei pubblici spettacoli che dura tutt’ora: una ‘rivoluzione all’indietro’ che però non venne percepita come tale dalla cultura prevalente in quei giorni, dominata da una sinistra divenuta improvvisamente libertaria ed impegnata a cavalcare l’‘onda lunga’ delle istanze sessantottine. ‘Vietato vietare’, si proclamava ad alta voce in quei giorni, ma questo ‘libertarismo etico-culturale’ si dimostrava in realtà piuttosto a senso unico, perché reagiva con rabbia permalosa contro chiunque osasse metterne in luce le contraddizioni e gli abusi. Ed essere definiti ‘fascisti’, in quegli anni, equivaleva ad un vero e proprio linciaggio morale.
Di questo clima falsamente libertario, nell’autunno del 1976 fu proprio Pietro Borraro a fare le spese. La sua educazione culturale e la sua stessa estrazione sociale lo portavano per natura a sentirsi un cattolico-borghese mediamente conservatore, e chiuso com’era nella cattedrale da lui stesso virtualmente costruita in adorazione della Dea Cultura, viveva un po’ avulso dalla realtà contingente e dalla fluttuante prosaicità del mondo politico. Così, quando alla fine del 1976 rimase sorpreso e scandalizzato per le scene gratuite di sesso estremo cui aveva assistito – in compagnia della moglie Adalgisa e della figlia minorenne Argentina – durante la proiezione del film Novecento Atto Primo del regista Bernardo Bertolucci, e si provò a chiedere il sequestro giudiziario del film mediante una circostanziata denuncia inviata al Procuratore della Repubblica di Salerno, precipitò immediatamente in un vortice di polemiche e di reazioni avverse, nonché di attacchi forsennati (e spesso ignobili) contro la sua persona e la sua stessa professionalità. Su di lui fioccarono, dal mondo della sinistra soprattutto, accuse di ‘clerico-fascismo’, di ‘lesa libertà artistica’, di ‘terrorismo ideologico’, e persino di grettezza culturale o di ‘incultura’(sic!). Purtroppo, per carattere e formazione, il nostro studioso non amava le polemiche e gli scontri ideologici, e tutta la ‘scorrettezza politica’ che caratterizzò quel fatale decennio lo trovò completamente impreparato. Come racconto anche nel mio volume, del tutto inutile fu il suo tentativo di giustificare, durante un’intervista concessa al settimanale Gente, le ragioni morali che lo avevano indotto a denunciare per oscenità il film di Bertolucci: le sue argomentazioni, espresse in maniera serena ed equilibrata, apparvero un tantino ambigue, ma fors’anche troppo signorili e pacate per quei tempi velenosi. Leggendo il testo dell’intervista, si ha infatti l’impressione che egli fosse alla ricerca di un compromesso tra le sue concezioni morali e le comuni idee dominanti nella società democratica di allora; ma c’è anche il fondato sospetto – venutomi solo a distanza di tempo – che l’intervista rilasciata a Gente fosse stata in parte manipolata (come succede da sempre nel giornalismo senza regole) in modo da far apparire innocue, confuse e quasi contraddittorie le dichiarazioni borrariane.
Ad ogni modo, nel mio volume non ho mancato di sottolineare il fatto che Borraro, anche se in taluni dei suoi interventi non manca di rivelare una certa vis polemica, per principio e per temperamento evitava sempre di farsi trascinare dall’irritazione e dal risentimento, e mai si lasciava invischiare nella palude delle polemiche ad oltranza. «Cristiano nel senso migliore» – come scrissi anche in un mio articolo del 1983 – «era probabilmente convinto che l’avversario andasse affrontato con la gentilezza, disarmato con la bontà e conquistato dal suo innato e quasi fanciullesco candore». Anzi, a fronte delle accuse ricevute di ‘clerico-fascismo’, si può ben rispondere ad alta voce, ancora e per sempre, che se un’accusa si poteva muovere al nostro studioso era proprio quella di essere, nelle idee come nei rapporti interpersonali, assai poco ‘fascista’ e fin troppo gentiluomo, fin troppo tollerante e rispettoso delle persone come delle idee altrui; oggi si direbbe che appariva fin troppo ‘politicamente corretto’ in un’epoca in cui, di political correctness non v’era neppure l’ombra. Purtroppo, per quanto riguarda i suoi enormi meriti nel campo dell’organizzazione e della divulgazione della cultura, e nonostante i modesti sforzi finora tentati dallo scrivente, quello di Pietro Borraro appare già oggi un nome piuttosto secondario nell’ambito di un virtuale ‘Dizionario biografico dei meridionali illustri’, forse ancora conosciuto – e soltanto ancora per poco – presso una limitata cerchia di studiosi di storia locale; o, come scrisse nel 1982 il professore Vittorio Enzo Alfieri di Milano, scolpito «nella memoria e nel cuore di coloro che, dalle più varie città d’Italia e da lontani paesi stranieri, furono più volte da lui convocati a portare i contributi del loro sapere all’edificazione di quella comunità spirituale in cui noi ci riconosciamo». Ma da queste belle parole sono passati ormai quarant’anni, e per quanto riguarda le future generazioni, falliti per ora tutti i tentativi di associarlo a qualcosa di duraturo (come un’Istituzione, una piazza o una strada), è facile prevedere che ben presto il nome di Pietro Borraro sarà ingiustamente destinato a diventare un semplice punto interrogativo – rivaleggiando con quello del manzoniano Carneade – nella distratta memoria collettiva degli italiani, compresa quella dei suoi stessi concittadini casertani. (nota n. 2 – Recentemente ho avuto notizia, da uno dei suoi figli, che al nome di Pietro Borraro è stata comunque intitolata una corta stradina interna nel comune di Caserta). – stop –
IL PRIMO CENTENARIO DEI CONIUGI BORRARO (1927-2027)
Caro Tito, i giovani di oggi hanno assoluto bisogno di modelli particolarmente etici per costruire una società più giusta e concretamente democratica e aperta, accogliente e salvifica. Infatti, la cattiva globalizzazione sta stravolgendo e deteriorando quasi tutto e tutti, specialmente le giovani generazioni attratte da modi di concepire e di vivere spesso alienanti dalla realtà. Salvo eccezioni e senza generalizzare, rispetto a noi, le giovani leve solitamente anelano a soldi facili, sfrenato consumismo, sesso troppo promiscuo (spesso insano e a rischio) e soprattutto successo sociale ad ogni costo, utilizzando come sistema anche compromessi nefasti e persino la corruzione. Se non hanno solide basi familiari e pedagogiche, tali nuove generazioni sono solite nutrirsi di apparenza così come l’abbondante uso dei telefonini (dei “social” come si usa dire), di cibo spazzatura e quasi sicuramente non avranno un futuro (pensionistico) sufficientemente tutelato. La società attuale tende a salvare soltanto i ricchi, mandando allo sbaraglio le classi povere e indifese. Perciò, c’è necessità di indicare loro figure di successo sociale ma ottenuto attraverso sacrifici, impegno e passione etica. Possibilmente altruismo … quell’altruismo generoso e lungimirante che punta al riequilibrio sociale e territoriale.
Altruisti e lungimiranti come il nostro Pietro Borraro e la cerchia dei suoi amici e colleghi, primo tra tutti il prof. Rosario Jurlaro (Francavilla Fontana 23 marzo 1930), il quale si è adoperato a collocare nella Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi gran parte dell’eredità socio-culturale borrariana, difendendola così da dispersioni o poca valorizzazione. Tale antica Biblioteca è adesso diretta dalla dottoressa Katiuscia Di Rocco, alla quale ho proposto di celebrare in quella sede (come sito principale) il primo Centenario dei coniugi Borraro previsto per l’anno 2027. In tale Biblioteca esiste pure una piccola targa di bronzo che rappresenta proprio i coniugi Borraro (mirabile opera dello scultore Alfredo Calabrese).
Il primo centenario della nascita dei coniugi Borraro (Pietro e Adalgisa Cocchinone) potrebbe essere una utile occasione per ripercorrere l’itinerario esistenziale e valoriale di questa ammirevole e affiatata coppia di intellettuali casertani i quali tanto hanno dato non soltanto alla propria società di appartenenza ma anche alla comunità internazionale di coloro che si nutrono di spiritualità, di studio, di lungimiranze e di altruismo o che hanno incrociato le loro vite. A dimostrazione di ciò bastano le tantissime testimonianze raccolte dalla bravisima dottoressa Wanda Occhialini e contenute nel libro delle “Dediche autografe” di recente pubblicazione. Potrebbe essere altresì una utile occasione per far dialogare le Biblioteche Provinciali di Potenza (ora inglobata dall’Archivio di Stato) e di Salerno, Associazioni ed Enti pure di Caserta, Istituti universitari ma anche altre utili Presenze.
IN RICORDO DI ALEKSEJ NAVALNY EROE ETICO
Come un fulmine, venerdì scorso 16 febbraio, ha raggiunto ogni angolo del mondo la notizia della improvvisa (e da molti prevista) morte (si ritiene per assassinio di Stato) del dissidente russo (anti-Putin) Aleksej Navalny relegato nel carcere più duro, freddo e isolato del pianeta, oltre il Circolo Polare Artico, una specie di “gulag” vicino al villaggio siberiano di Kharp. Qualcuno già aveva tentato di avvelenarlo la mattina del 20 agosto 2020 a bordo di un aereo in un volo interno alla Russia. Per interessamento diplomatico internazionale, due giorni dopo è stato portato in una clinica di Berlino che lo ha guarito. In sèguito, tutta una serie di avvenimenti hanno portato Navalny in carcere e al tragico epilogo che purtroppo conosciamo. Resta un eroe epico per la sua titanica lotta contro le dittature socio-politiche. Un coraggioso e temerario martire laico. Che si aggiunge ad un’infinità di altri martiri laici che hanno difeso strenuamente la nostra libertà, la nostra dignità di persone e di cittadini. Giovi il suo esempio e il suo sacrificio prima di tutto alla sua amata Russia (purtroppo da sempre adusa a questo tipo di uccisioni e di stragi imperiali ed imperialistiche) e poi al resto del mondo perché si salvi da sicura autodistruzione.
La tristissima vicenda di Aleksej Navalny (Butyn 04 giugno 1976 – Kharp 16 febbraio 2024) è una delle tante dimostrazioni di come alcuni poteri statali antidemocratici e sanguinari non si fanno scrupolo non solo a levare di mezzo i dissidenti ma a scatenare guerre di invasione come i Russi contro l’Ucraina e Israele contro i Palestinesi … in palese enorme sproporzione di forze militari. Giganti contro piccolissimi. Con il proposito di annientare l’altro, mentre il mondo sta a guardare, irresponsabile o complice. Una scusa si trova sempre poi per esagerare nelle uccisioni e nelle distruzioni. Il caso di Navalny è uno dei più noti, ma lunga è la lista dei martiri civili e politici, uccisi per la libertà e la vera democrazia. Una grande potenza imperiale come la Russia contro un uomo solo (anche se ha un grande sèguito ma del tutto inerme) … un simbolo, cosciente del proprio martirio. Possiamo immaginare che in ogni parte del mondo, più o meno, chi governa vorrebbe non avere alcun dissidente e nemmeno un’opposizione democratica. Ultimamente il mondo si sta trasformando quasi in un’unica dittatura globale, specialmente perché c’è un’insensata corsa agli armamenti e ciò comporta una limitazione ai diritti acquisiti con sacrifici di intere generazioni presenti e future. Limitazioni di spazi democratici ed economici sono palpabili persino nelle nostre periferie. E posso immaginare che sarà sempre peggio, pure perché le nuove generazioni hanno un’etica sociale ed istituzionale molto debole o del tutto assente o addirittura complice. Un motivo in più per segnalare loro la Storia in generale e le vicende di personaggi come Pietro Borraro che ha contribuito alla ricostruzione morale dell’Italia del dopoguerra, amando la democrazia, la cultura e tutti quei valori umanistici che rendono la persona davvero libera e partecipe del bene sociale. Lode e onore imperituro, quindi, ad Aleksej Navalny e per tutti coloro che sacrificano la vita per i più alti ideali etici e sociali. Se ne gioverà il mondo intero!… I coniugi Borraro-Coccinone così come Navalny e tanti altri sono autentici EROI ETICI che dobbiamo onorare e valorizzare pedagogicamente. Ho sempre proposto di realizzare un CALENDARIO DEI MARTIRI E DEGLI EROI LAICI come promemoria per le generazioni, così come la Chiesa Cattolica celebra quotidianamente i suoi Santi e Martiri!
UN INEDITO DI PIETRO BORRARO DEL 1968
Caro Tito, alle ore 06,48 di stamattina lunedì 19 febbraio 2024 (proprio mentre mi stavo preparando ad inviarti questa “Lettera n. 517”) mi è giunta via Whatsapp da parte di Mario Borraro, figlio secondogenito di Pietro e Adalgisa Cocchinone, una bella sorpresa … le foto delle sei pagine del documento con cui Pietro dedica i propri sentimenti d’amore alla moglie Adalgisa nel decimo anniversario del loro matrimonio (9 aprile 1958-1968). E’ stata una grande emozione ricevere questo prezioso dono ed è altresì una grande emozione trascriverlo in questo nostro contesto. Perciò, riproduco ed evidenzio qui di sèguito le tre principali pagine del dattiloscritto (terza, quarta e quinta), che invierò per intero alla Biblioteca Pubblica “A. De Leo” di Brindisi che custodisce l’Archivio pubblico e privato dei coniugi Borraro-Cocchinone. Intanto ringrazio tanto e di vero cuore l’amico Mario Borraro per tale inatteso e prezioso dono, che qui partecipo a te e ai nostri lettori, con il suo permesso.
Come si può constatare leggendo le sei pagine del documento del 9 aprile 1968, l’amore di Pietro Borraro verso la moglie e i figli è davvero immenso. Inoltre, pur essendo questo un documento celebrativo dei primi dieci anni di matrimonio, traspare la dirittura morale propria e della famiglia e l’indirizzo altamente etico dato alla propria vita e alla propria prefazione. Nel 1968 i Borraro abitavano a Potenza, una delle città climaticamente più fredde d’Italia, tra le montagne lucane che erano l’esatto contrario della pianura e del clima sempre mite della natìa Caserta. Un documento, questo del 1968, davvero emblematico e rivelatore del personaggio, che conferma pienamente quanto finora scritto da Ennio Scannapieco, il quale conserva pure qualche poesia scritta da Pietro Borraro che qui, in queste pagine inedite, manifesta l’animo poetico ed innamorato.
IL DOCUMENTO D’AMORE DI PIETRO BORRARO (1968)
Prima pagina: Ad Adalgisa … X annis post! – Seconda pagina: << De’ remi facemmo ali … >> – 9 aprile 1958-1968 – Terza pagina: Sfogliando il libro della vita, incontro a vent’anni la tua immagine.
Quanto tempo è trascorso dal giorno che ti notai leggiadra nel coro delle voci come visione di cielo alla mia anima inquieta. Stento a riconoscermi nel timido giovane che ti parlava studiandosi di celare il sentimento germogliato alla tua vista.
Giorni, mesi, anni sono passati da allora, ma la poesia di quell’attimo resta la più bella pagina delle mie memorie. Timidezza compagna dell’orgoglio, piccoli petali di bontà nascosti tra le ortiche di un difficile carattere, brandelli di generosità nel variopinto giardino dell’anima tornano come le onde del mare a dischiudere e a nascondermi di continuo la primaverile dolcezza di quel tempo. La mia vita si nutre dell’altalenìo dei ricordi in un dialogo con me stesso ora cauto dimesso, ora ardente impetuoso, al limite … Quarta pagina: sincero nella fantastica rappresentazione della realtà che viviamo.
Poi, l’un dietro l’altro come fiocchi di neve al primo accenno del freddo, simili a timide margheritine prataiole nelle verdi distese delle nostre campagne, ecco giungere i figliuoli che Dio ci diede a premio della fatica.
Argentina virgulto del primo amore. Mario simbolo di fiducia in noi e negli altri, Rosaura piccolo fiore in boccia nell’aurora della maturità e Giovanni inatteso e però più di tutti gradito come l’insperato dono del cielo.
Tale il bilancio di questo primo decennio della nostra unione che del mare ha inviolata profondità e del cielo l’azzurro infinito.
Non mancarono peraltro tempeste a spingere tra i marosi il nostro fragile palischermo e nuvole che di tanto in tanto velarono la vista dell’orizzonte.
Quinta pagina: Fummo di volta in volta sospinti dalla gioia verso i lidi della bellezza o nutriti di amaro nell’apparente deserto degli uomini. Ma sempre emergemmo così dalla facile euforia come dallo sconforto né mai piegammo alla noia o alle lusinghe del male. La vita ci volle protagonisti coraggiosi. Preferimmo le strettoie ai larghi sentieri del compromesso, anteponendo alle facili glorie l’onesto sentire che si apparta e alimenta della coscienza del retto operare. Soli nell’erta, lieti del conforto dei figli e degli affetti, lasciamo che il mondo giudichi alla sua stregua quel che non intende. Noi restiamo al timone della navicella impavidi tra le onde che teme solo chi non pensa e guardiamo lontano oltre i confini dello sguardo, oltre i limiti dell’orizzonte, ove la mente attinge nell’irreale l’ascosa poesia della vita. Pietro – Potenza, 9 aprile 1968 – Sesta pagina: Adalgisa e Pietro Borraro nel decennale delle nozze.
SALUTISSIMI
Caro Tito, ci tocca ringraziare proprio tanto e di tutto cuore il dottore Ennio Scannapieco (nella foto) per questo ulteriore prezioso regalo del dicembre 2023. Personalmente Gli voglio dimostrare pure qui la mia riconoscenza e gratitudine per contribuire a farci conoscere sempre meglio e sempre più il sempiterno valore di Pietro Borraro. Sono sicuro che ci sarà un suo consistente contributo intellettuale e di maggiore conoscenza per il primo centenario dei coniugi Pietro Borraro e Adalgisa Cocchinone. Non saprei immaginare l’uno senza l’altra e viceversa. Tutti coloro che li hanno conosciuti sono chiamati a dare la propria testimonianza per le celebrazioni del loro primo Centenario dell’anno 2027 che si avvicina sempre più. Mancano, infatti, appena tre anni. Un tempo sufficiente però per preparare una degna celebrazione.
Ennio Scannapieco
A conclusione di questa “Lettera n. 517” ringrazio pure te per voler pubblicare e così diffondere, con lo scritto-scrigno di Scannapieco, la preziosità di Pietro Borraro, che pure io considero mio maestro nell’animazione culturale e nella valorizzazione dei valori sociali.
Recentemente sono tornato a visitare la medievale e magnifica Casertavecchia che Egli ha contribuito a salvare e a rivitalizzare dopo due secoli di abbandono; ed ho pensato al borgo antico della mia splendida Badolato per la cui salvezza ho speso buona parte della mia giovinezza. Così è la vita… Borraro poi esule da Caserta ed io esule da Badolato.
Nonostante ciò nulla toglie la mia più intima felicità etica, così come è stato per Borraro. Wiva la Wita! W la felicità etica! … E alla prossima “Lettera n. 518”. Ciao, Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, lunedì 19 febbraio 2024 ore 09.51 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web per la maggior parte. Alcune mi sono state fornite dagli interessati, talune sono mie ed una è di Mario Carzana.