di FRANCO CIMINO
Care ragazze e cari ragazzi, oggi inizia l’anno scolastico. Il nuovo per voi. Ma, inizia anche l’anno scolastico, il nuovo. Per me. Il vostro, è quello di sempre. Dentro l’aula e per lo studio, la vostra formazione e la più ampia e specifica conoscenza. Il mio, è il primo senza l’aula, senza la cattedra. Per lo studio diverso, la ricerca nuova. Il primo senza di voi. Come tutti questi miei primi mesi dell’attesa di questo benedetto giorno, alla stessa ora del vostro ingresso in classe, io mi trovo seduto dietro la mia scrivania, sulla quale riposano fogli di appunti e corrispondenza che dovrei necessariamente vedere, e qualche libro che si agita per farsi “ vedere”. Di fronte, una parete della libreria. È piena, colorata, pure elegante con quel legno di noce che sembra dare calore e riparo a chi, a centinaia, vi si trova dentro. La libreria, infatti, è la casa dei libri. E, come tutte le case, è fatta per essere aperta e vissuta. Aperta a chi ama ciò che c’è dentro e lo vuole vivere, consumare senza fargli male. Senza distruggerlo. Anzi, conservarlo con la più grande delle cure. Ve le ricordate quelle mie lezioni sul libro? Partivano sempre da quei due gesti abitudinari, negli studenti: piegarlo a mo’di fumetto o rotocalco, scriverci sopra con la penna. E io a dirvi con quella passione che conoscete bene, che il libro è un arnese di lavoro come quello che usano tutti i lavoratori, i vostri genitori compresi. Avete mai visto, vi dicevo, un contadino distruggere l’aratro o la zappa? Un meccanico, le sue chiavi e il cacciavite? Un muratore, la spatola o la livella? Un falegname, la sega o la raspa e lo scalpello? Il pescatore, la barca e le reti? Un chirurgo, i suoi bisturi? Nessuno lo fa. Quegli strumenti gli danno il pane per i figli e la gioia di procurarselo con il proprio ingegno e l’onesta fatica. Insieme, mezzi e persona, creano ogni volta l’attività più bella e più antica, quella che “ nobilita l’uomo” - come si dice- e che sta a fondamento non solo della nostra Costituzione, ma del vivere civile di ogni paese democratico. Vi ho detto di più sul libro. Che esso, anzi lui, ha un’anima e che, soprattutto, non è il nostro. Non è, cioè, di esclusiva proprietà di chi lo possiede per averlo pagato. Il libro, invece, è di chi lo utilizza e lo impiega nella vita quotidiana. È di chi l’ha realizzato, composto pezzo per pezzo, parte per parte, foglio per foglio, parola per parola. È dunque di chi l’ha pensato e poi scritto. È dell’editore che se ne è fatto carico. Si è assunto, cioè, la responsabilità del suo contenuto. Il libro è dei tipografi, che l’hanno stampato. Dei distributori che l’hanno portato in giro. Fino alle librerie. È dunque dei librai, che lo custodiscono e con pochi margini di guadagno lo vendono. E prima di tutti loro, è dei fabbricanti la carta. E, ancor prima, del prezioso insostituibile suo alimento, il principio assoluto del libro, l’albero. Quindi, della natura, e di chi o cosa le ha dato vita. La natura di cui l’essere umano è figlio. E siccome la natura è una, tutti gli esseri umani sono uguali. La cultura, pertanto, è figlia della natura. Della vita. Il libro è vita. Per queste ragioni, ogni libro è di tutti. È mio nella misura in cui è di coloro i quali lo leggeranno dopo di me. Io che lo possiedo sono un utilizzatore intermedio e un custode speciale, perciò stesso carico di responsabilità. Quella di consegnare al futuro un bene ad esso destinato. Non è così per la responsabilità che abbiamo, e purtroppo non esercitiamo, nei confronti della Natura? Noi la distruggiamo, e non da oggi, da questo secolo o da quello in cui si è affacciata la tecnica come dominio della realtà materiale, prima di diventare padrona di quella umana e in essa spirituale. La distruggiamo, la natura, da quando l’essere umano ha avuto a che fare con il concetto di potere. Il potere, quando è nudo, è fatto solo di forza. Dapprima quella di fare, che è buona cosa. Poi, da quella di decidere, che è utile cosa. Successivamente, dalla forza di decidere sulle cose, per possederle, e sulle persone, per asservirle, atti, questi, che alimentano l’egoismo e la prepotenza, le due malattie degenerative dell’essenza umana. L’essere più intelligente del creato si è rivelato il più stupido. Tanto stupido da mettere a rischio quell’armonia che sembrava esser stata realizzata per lui. Quasi da sempre l’uomo distrugge la natura, il suo habitat, perché è convinto di essere proprietario dei beni, e di poterne possedere senza limiti fino a diventare il padrone della terra. Essere il padrone della terra per diventare padrone della vita. Uno o pochi o molti, mai però che possano essere tanti o la maggioranza, che siano diventati proprietari di cose e di beni in quantità sempre più grande, nella stupida illusione di poter vivere senza invecchiare o sentire il dolore. Consumare vita della natura, succhiare il sangue degli altri, prendersi tutta l’aria che si respira, per tentare di sconfiggere la morte. La propria. La morte del pianeta e dei suoi abitanti, per la sopravvivenza di pochi. Che stupida convinzione! Il libro ha un’anima, dicevo, per tutte queste ragioni che in un solo libro sono scritte. Prendiamo in mano un libro di storia. Per quanto esso possa essere stato scritto con la più insufficiente oggettività, esso-egli ci dice di fatti che abbiamo compiuto. I fatti insegnano. A non ripetere quelli cattivi e a migliore quelli buoni. Si prenda un libro di filosofia. Per quanto siano tanti e tutti tra loro contrastanti i filosofi, egli( da ora utilizzerò il pronome personale), il libro, ci insegna a pensare alto, facendoci immaginare che, parimenti a come sono stati prodotti tanti pensati, tanti altri, a seguire, potranno essere il frutto dell’attività del pensiero. Di ogni uomo che voglia pensare alto, quindi anche tu e lui e loro. Ed io stesso, che da qui vi parlo. Tutti insieme potendo potendo coltivare il principio secondo il quale ciascuno può costruire un pensiero autonomo e che la molteplicità e la diversità dei pensieri autonomi costituisce la più grande tra le forze umane. Quella che nasce dalla libertà individuale e crea la Democrazia. E che dire ancora di un libro di geografia, che ci inoltre nella conoscenza di altre terre e popoli e nazioni. E di quello di economia, che ci fa conoscere il modo attraverso il quale si producono i beni materiali secondo un rapporto tra bisogni e ricchezza, attraverso anche la più inadeguata considerazione dei primi e la più ingiusta distribuzione della seconda. E così a seguire libro per libro, da quello di antropologia a quello di psicologia, da quello di fisica a quello di chimica e di scienze naturali. Libro per libro, attraverso tutti i campi della conoscenza. La conoscenza prodotta da un altro uomo, l’opposto a quello stupido che porta alla rovina il pianeta. È l’uomo che impiega la sua intelligenza nella fatica dello studio, nella ricerca continua di vie nuove per migliorare la vita e procurare la felicità. Per tutti. Il libro, ragazzi miei, ha dunque un’anima perché al suo interno è conservata l’anima di chi l’ha scritto, la sua intelligenza, la sua ansia del progresso, la sua voglia del Bene. La sua gioia di donarlo agli altri. La sua immane e impagabile fatica. Per questo vi ho detto più volte, ed oggi lo ripeto: provate a graffiarlo, a stropicciarlo, a fargli le cosiddette orecchie, avvicinate il vostro cuore, lo sentirete soffrire. Piangere addirittura di dolore. Fisico, per la violenza subita. Morale, per la incomprensione e il suo spreco. Ragazzi miei, ho detto prima di queste due nature umane, una costruttiva e una distruttiva. Ma, attenti a non cadere in contraddizione: io non ho mai volute considerarle né come una doppia natura umana, ne come due facce identiche della stesso essere. La natura umana è una. Come tutte le realtà, essa può corrompersi fino a sembrare che si possa sdoppiare per formare un’altra, diversa e contrapposta. Come il Bene e il male, vi ricorderete anche questa mia lezione, io penso che non esistano, il bello è il brutto in noi, quali elementi di eguale peso e dignità. Non vi sono due esseri nel singolo uomo, ma solo la degenerazione di una sua parte quando essa venga trascurata, abbandona, repressa, violentata. La parte distruttiva, quella rozza e prepotente, che rischia di prendere il sopravvento sull’intera persona, è composta prevalentemente dagli uomini e donne che non leggono. E non perché non possano leggere, ché quelli la cultura se la fanno sul campo duro dell’esistenza difficile, ma perché non amano la cultura e odiano il libro, la sua forza espansiva di nuova cultura e conoscenza. Per tornare un attimo al libro di storia, o a quello della attualità non scritta, i regimi totalitari, i governi violenti, i dittatori sotto qualsiasi divisa e stagione, non hanno cultura, odiano la cultura, distruggono i libri e chiudono le biblioteche, cancellano la libertà di insegnamento e il diritto allo studio, restringono a una piccola élite lo spazio della partecipazione agli studi e al conseguimento dei titoli più alti, riducono la scuola a una tribuna di mera propaganda del regime. Quindi un libro, e poi tanti, ché come i confetti della nonna uno ne tira l’altro, rendono l’uomo libero. E bello. E sano. Pulito, onesto e giusto. Lo rende filosofo. Lo rende poeta e raccontatore di vite vere. E non solo perché avrà letto un romanzo o poesie, e in esse ha gettato il cuore e la mente. Ma, perché più leggi più pensi, più pensi più senti, più senti più vedi, più vedi più ami, più ami più conosci te stesso. E dopo tanti più che ancora potrebbero continuare, scoprirai che esisti tu. Il tuo pensare, il tuo sentire. E vuoi dirti, dire a te di te. E quando avrai scoperto che anche tu hai un’anima bella, penserai che forse è anche più bello farla conoscere agli altri. E scriverai canzoni e poesie. E parlerai di te al mondo. Non per vanità o per diventare chissà chi, magari un altro da quel che sei. Scriverai per dire che sei vivo e che ci sei. Mi sono accorto che l’ho fatta lunga, voi direte “ come al solito prof”, e qui mi fermo e mi scuso. Ritornerò a parlarvi ancora nei prossimi giorni. E vi dirò anche di me, dei miei propositi, della vita che faccio e che vorrò fare. Di quel che ancora non ho iniziato a programmare per il mio domani, avendo voluto attendere, non senza paure, questo giorno di inizio d’anno scolastico. Un altro per voi. Il primo vostro senza di me. E il mio, primo senza di voi. Vi dirò domani com’è andata. Intanto, sono riuscito a trattenermi nel pianto. Quel pianto che, libero, vi ho consegnato alla fine dello scorso anno quando ho sentito strapparmi la cattedra dalle mani. I vostri occhi dai miei. Ma adesso su, tornate tra i banchi. E studiate! E tenete sempre un libro con voi durante la giornata. E pensate alto. Sempre più alto, ché a forza di innalzare il pensiero, si vola. E prendete, con la mano e con gli sguardo, tutte le poesie di questo mondo. Anche le vostre che scriverete, anche quando sarete diventati astronauti, ingegneri, medici o non so cosa. Ricordandovi sempre che la poesia più bella siete voi, sei tu, singolarmente inteso.
Il vostro prof per sempre. Un prof è per sempre.
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