di VITTORIO COLOSIMO*
Nei giorni scorsi, io che negli ultimi tempi, avvocato difensore dei più importanti collaboratori di giustizia siciliani e calabresi, sono stato impegnato, perché invitato caldamente, nelle commemorazioni di Giovanni Falcone, della moglie, dott.ssa Morvillo, di Paolo Borsellino e degli uomini delle loro scorte, veri eroi della lotta alla mafia di Totò Riina, Matteo Messina Denaro e compagni, ho potuto soffermarmi un po' sulla lettura dei quotidiani locali.
Sull’edizione catanzarese di un quotidiano ho avuto una lietissima sorpresa: l’articolo “Catanzaro, l’intellettuale e l’ipocrisia del ceto politico” a firma di Tonino Cimino, a noi tutti ben noto.
Ebbene, il nostro, racconta che qualche sera prima il regista catanzarese Gianni Amelio lo aveva invitato al Teatro Comunale di Catanzaro, dove presentava il suo ultimo film “Campo di battaglia”. Nell’occasione, i due hanno parlato tra loro della nostra città. E qui le cose, da cronaca, diventano “storia” anche se “urticanti ma vere”, dal rilievo che noi catanzaresi non ci vogliamo bene quanto dovremmo, all’espresso rimprovero di non essere adeguatamente attenti a proteggere la nostra città.
Sin troppo facile rinvenire qualche specifico esempio: la distruzione del Politeama e del vecchio mercato, perché erano cose belle.
Già nel 2016 Gianni Amelio aveva definito un “vero e proprio delitto” aver demolito il vecchio Politeama per costruire il nuovo teatro che è una vera mostruosità. Poi l’amara considerazione che da sempre a Catanzaro c’è l’abitudine a cancellare la storia, ma la memoria non dovrebbe mai sparire.
Ed ancora, il vero problema di Catanzaro riguarda il rapporto con il proprio passato, vere sferzate indirizzate alla classe politica e ad una città distratta e muta sul tessuto urbano e sulla memoria storica.
“Dalla strettoia di Corso Mazzini al vecchio Teatro Comunale, dal Politeama al Banco di Napoli, dal Mercato Comunale all’Albergo Moderno (frequentato da grandi e nobili personaggi, oltre che da famosi attori calabresi, Raf Vallone, e stelle del cinema mondiale, Rita Hayworth).
Insomma, è stato cancellato il tratto identitario di Catanzaro ed il suo DNA, impresso su ogni storico ed artistico mattone che ricopriva i palazzi dianzi nominati.
Conclusione: inaccettabili le responsabilità storiche di un’intera classe dirigente, protagonista del suo declino e della sua emarginazione!
Ad iniziare, ovviamente e naturalmente, dallo stesso ceto politico, di quei e di questi giorni, che sa solo autocelebrarsi quotidianamente sui media in ogni occasione, ma che ha certamente l’aspro ed amaro sapore dell’autoassoluzione! Il sottoscritto quei tempi li ha intensamente vissuti. Oggi gli resta solo il ricordo e la nostalgia.
*avvocato
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