Lettera a Tito, incipit di “Via dei Colli 48” il primo romanzo di Marianna Mastronardi di Mafalda del Molise come memoria familiare

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images Lettera a Tito, incipit di “Via dei Colli 48” il primo romanzo di Marianna Mastronardi di Mafalda del Molise come memoria familiare

  30 maggio 2024 20:18

di DOMENICO LANCIANO

Caro Tito, fin dall’antichità più remota è storicamente accertato che i popoli, dotati di scrittura per comunicare meglio e in modo permanente, avevano più probabilità degli altri per tramandare e persino imporre la propria visione del mondo, i propri valori, la propria economia e la propria memoria duratura. Tanto per citare due esempi eclatanti: pensiamo agli antichi Greci, i quali, proprio tramite la scrittura, sono riusciti ad essere determinanti (ovunque siano stati) nella cultura così come nei commerci e nell’economia del Mediterraneo e dintorni; pensiamo al popolo d’Israele che, con la scrittura (in particolare con la Bibbia, fatta di Vecchio e Nuovo Testamento), si sono impadroniti della mente di milioni e milioni di persone e di interi popoli, tanto da condizionare il presente, il futuro e persino l’aldilà oltre la vita!… Cosa sarebbe stato, poi, dell’Islam (nato nel deserto) senza il Corano scritto e la conseguente capacità di persuasione che ha portato gli Islamici ad essere padroni di mezzo mondo, fenomeno attualmente in forte espansione?…

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E gli stessi antichi Romani non avrebbero potuto assolutamente realizzare e gestire un grande Impero e per così tanti secoli se alla loro base non avessero avuto una scrittura ed una lingua facilmente fruibile pure da altri popoli. La scrittura è parte preponderante del Pensiero e, quindi, Potere. Lo dimostra la potenza imperiale degli Stati Uniti d’America i quali, attraverso la scrittura (intesa nel modo più ampia possibile come letteratura, cinema, musica, pubblicità, cucina e altre Arti), stanno imponendo a gran parte del mondo i propri modelli di pensiero e di vita che si traducono in mode, economia e, quindi, in ricchezza nazionale e persino nella gestione esistenziale del pianeta. Non a caso la lingua inglese (che era già molto diffusa nel mondo al tempo dell’Impero britannico) è adesso, come il dollaro, il mezzo migliore per comunicare e commerciare. Così come furono per oltre due millenni sono stati prima la lingua greca e poi il latino (questo fino a pochi secoli fa tra la classe colta).

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LA SCRITTURA DI NOI RURALI SENZA POTERE

La Scrittura è, quindi, parte preponderante del Potere per Popoli e Persone. Ma può significare pure che possa essere il modo più semplice per tramandare la “memoria” personale e familiare (magari partecipandola anche ad altri soltanto come testimonianza inter-generazionale). Solitamente noi rurali non abbiamo una scrittura tale che, sostenuta dalla potenza politico-economica, possa farsi urbana, cercando di espandersi oltre il nostro piccolissimo microcosmo … al di là del quale bisogna comunque pagare un qualche dazio. Noi rurali abbiamo una Scrittura molto recente poiché, ad esempio, la generazione di mio padre e di mia madre, non è andata a scuola; quindi, in un certo senso, la scrittura rurale inizia con le più nuove generazioni. Sono pochissimi coloro i quali, nel nostro mondo rurale, hanno usato la scrittura (ad esempio, letteraria, giornalistica e di comunicazione) prima della mia generazione post-bellica. E’ comunque una scrittura genuina come la nostra Natura e non troveremo mai un Editore altisonante. Infatti, da buon rurale, tutti i miei libri sono autoprodotti (sia come costi che come diffusione limitata a parenti e ad amici). E’ prevalentemente una Scrittura-Testimonianza … quasi come “Attestati di Esistenza in Vita”. E, come me senza alcun potere, sono molte migliaia coloro che scrivono e che navigano con la propria barchetta nel piccolo cabotaggio, costa-costa, del grande oceano dell’Espressione umana. Esprimiamo il metro-quadrato della nostra micro-esistenza!… Constato con molto piacere che le generazioni dopo la mia si fanno avanti nel mondo dell’Editoria altisonante e ci sono scrittori tradotti in tantissime lingue. E’ importantissimo, per un Popolo, avere chi lo esprime. E, quindi, lo fa esistere nel contesto anche internazionale.

Con il recente avvento dei computer e di internet qualcosa pare sia migliorata, per noi rurali, come estensione di voce, che, tuttavia, in proporzione al tutto, resta comunque troppo piccola e limitata. Tuttavia, per noi rurali senza Potere, umili contadini ed artigiani della Scrittura amatoriale, mettere nero su bianco è un modo semplice di stare al mondo, senza grilli per la testa, come essere felici nel farsi l’orto di casa o un oggetto di arredo per le nostre stanze. Un qualcosa da donare agli amici come espressione di affetto. Con queste assai sobrie premesse, fin dall’adolescenza cerco di invitare quasi tutti a scrivere … prima di tutto per sé stessi, poiché è un utile esercizio di stare con la propria anima migliore, ma anche perché è un modo di donarsi agli altri (specialmente a chi si è affezionati) al di là del momento dell’esistenza … “Non per profitto o vanità ma per amore” come recita il motto delle Edizioni dell’Amicizia di Agnone del Molise che dal 1977 scrive e dona libri, rinunciando persino alla proprietà letteraria. Per noi rurali, tra tanto altro, si tratta di recuperare secoli di abbandono anche socio-culturale. E non so proprio se riusciremo a metterci alla pari del mondo più avanzato editorialmente.

FECONDARE IL PROPRIO METRO DI DESERTO

Caro Tito, quando nel settembre 1967 avevo 17 anni e 6 mesi e stavo per dare alle stampe la mia prima raccolta di poesie “Gemme di Giovinezza”, mi sono fatto tante domande sul valore della Scrittura e su perché scrivere e, soprattutto, esporsi a pubblicare. Perché sì, ci vuole un po’ di coraggio a pubblicare. Le risposte che mi sono dato o che ho trovato hanno non soltanto incoraggiato decisamente me stesso a scrivere e pubblicare, ma mi hanno portato ad incoraggiare tanti altri a farlo per un’infinità di motivi. Il mio, di motivo, l’ho trovato (proprio in quel settembre 1967 nella notte trascorsa nella Certosa di Serra San Bruno): fecondare in questo infinito il metro del mio deserto. Deserto mio personale e deserto nel mio ambiente di vita e di lavoro. Il metro da fecondare è una misura esistenziale circoscritta, una immagine contadina, che rasserena l’anima, sottraendola a responsabilità territoriali, nazionali o addirittura planetarie (poiché queste spettano a chi ambisce a caricarsele sulle spalle). Noi rurali abbiamo responsabilità limitate. Non a caso, auto-pubblicando nel 1995 il libro “Prima del Silenzio” ho riportato una foto della saracinesca di un negozio per evidenziare “Domenico Lanciano srl” … ovvero “una vita a responsabilità limitata”.


La Certosa di Serra San Bruno

Tuttavia, ognuno è libero di trovare ben altri motivi per scrivere e dare alle stampe, specialmente oggi che si può pubblicare a costo zero tramite internet, sicuri di poter avere molti molti più lettori di quelli che ho ottenuto io con le cinquecento copie stampate di “Gemme di Giovinezza” (1967) o le ottocento di “Prima del Silenzio” (1995) o le cinquecento del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2007). Qualsiasi ne sia il motivo, scrivere e partecipare ad altri la propria Scrittura (che non è soltanto la poesia o altre letteratura, ma qualsiasi altra espressione creativa del pensiero) è comunque e generalmente un atto di amore verso la vita, verso il genere umano, verso un mondo migliore. Qualsiasi tipo di scrittura è un buon esercizio di spiritualità, anche quando la si tiene per sé. E la spiritualità è ciò che, alla fin fine, conta ed ha valore sia per sé stessi che per altri. Tuttavia la Scrittura segue la persona o la società, nel bene e nel male. Con la Scrittura le persone e il mondo possono migliorare; però possono pure peggiorare e regredire, dal momento che ogni espressione è legata all’elaborato mentale di ognuno. E non sempre il pensiero e l’elaborato mentale sono positivi e migliorativi. E’ qui che bisogna stare attenti, molto attenti.

INVITO A SCRIVERE … AD ESISTERE

Come più volte evidenziato in queste nostre corrispondenze, invito tutti e sempre a scrivere, a lasciare la propria testimonianza di pensiero e di vita. Per una infinità di motivi. Non ultimo quello di dare voce alla nostra ruralità periferica, per arginare lo spopolamento anche mentale cui ci riduce la marginalità alla quale da sempre ci condanna il Potere sociale e statale, mercantile e persino religioso. Per noi rurali lo Scrivere rappresenta o può rappresentare una “rivoluzione culturale” … notevole in proporzione al numero e al valore di tutti noi. Più sono coloro che scrivono e maggiore è il significato della nostra Scrittura rurale e periferica, quella che non giungerà ai microfoni del Potere. I nostri borghi muoiono anche perché non li sappiamo o non li vogliamo narrare a sufficienza o quanto è davvero necessario. Personalmente ho cercato e continuo a narrare Badolato, non soltanto con le rivendicazioni (tipo la vicenda del “paese in vendita”) ma anche cercando di realizzare un CENSIMENTO dei suoi valori umani e sociali, delle sue espressioni che ne hanno punteggiato la sua Storia ultra-millenaria. Pure per questo insisto con le persone (specialmente con quelle che hanno qualcosa di più da dire, sia per esperienza che per elaborazione mentale): scrivere, specialmente per noi rurali e periferici, è un impegno più speciale del nostro vivere ed essere stati al mondo. Ogni mio articolo giornalistico sento che è un atto di esistenza in vita; lo sento da sempre, da quando dall’aprile 1965 (quando avevo 15 anni) ho cominciato a scrivere su quotidiani nazionali e regionali. Ed anche per questo motivo cercavo di mantenere una qualche frequenza, senza mai essere retribuito. Pure questo abbandono e non riconoscimento retributivo è condanna di essere “rurali” e “periferici”. Nonostante ciò, urge insistere ad essere “presenti”!…

Invito a scrivere ogni nuova persona che ho l’occasione di conoscere. La pioggia per fecondare la terra è fatta di milioni, miliardi di gocce. Ebbene, ognuno di noi è un’umilissima goccia di pioggia. Insieme possiamo fecondare la terra di valori ottimali, in particolare della pace, della felicità e dell’Armonia. Perché siamo stati creati o siamo nati per la pace, la felicità e l’Armonia. Come ogni altra “presenza” in Natura. Devo dire che qualcuno segue questa mia sollecitazione, perché tutti abbiamo qualcosa da dire o da raccontare … di noi stessi, della nostra famiglia, del nostro paese e della vita in generale. E, comunque, a parte tutto, scrivere è un buon esercizio mentale, per stare con sé stessi, per analizzarsi, per essere sempre migliori. La Scrittura – si sa – può essere una efficace terapia per vivere nel miglior modo possibile così come per sopravvivere e superare momenti difficili. Anche sociali. Come “rivendicare” condizioni migliori di vita e di lavoro (quando il lavoro c’è). La scrittura rivendicativa e di lotta è assai necessaria. Specialmente per noi rurali e periferici abbandonati a noi stessi da secoli, da millenni. Esistiamo soltanto per essere sfruttati e insignificanti. La Scrittura più “redimerci”.

I NOSTRI INCIPIT …

Caro Tito, ne è passato di tempo (quasi sessanta anni) da quando, già nella prima adolescenza, parecchi coetanei mi affidavano i loro scritti segreti, le loro poesie, i propri racconti per avere un parere! … Ho cercato di incoraggiare tutti tutti; tutti sollecitando a dare alle stampe per testimonianza di vita e di futuro. Così sono passati ben 32 anni da quando, nel giugno 1992, ho pubblicato come curatore ed editore, il romanzo di Rosa Gallelli “SPIRAGLI DA UNA BOCCA DI LUPO” cui ho abbinato il mio piccolo saggio “STORIA DELL’INTELLIGENZA”. Ho curato e dato alle stampe altre opere di persone che avevo sollecitato a scrivere. Così come più recentemente abbiamo recensito parecchi libri e pubblicato tre INCIPIT di notevole suggestione come: https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-256-badolato-cz-24-agosto-1997-il-primo-sbarco-profughi-nel-ricordo-di-daniela-trapasso-poi-direttrice-cir-calabria/ (24 luglio 2019); https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-411-incipit-del-romanzo-di-luigina-di-menna-e-urgenza-di-rafforzare-la-ricerca-contro-le-malattie/  (08 luglio 2022);  https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-531-come-nasce-un-amore-ovvero-meglio-pazzi-damore-o-pazzi-di-guerra/  (23 aprile 2024).

Adesso (con questa “Lettera n. 541”) ti presento un INCIPIT veramente assai suggestivo … le prime pagine originali di “VIA DEI COLLI 48” un romanzo familiare che ci partecipa e valorizza la memoria di persone molto care all’autrice MARIANNA MASTRONARDI (abitante nel borgo di Mafalda del Molise, in provincia di Campobasso, al confine con l’Abruzzo, vicino Vasto) di cui ti ho accennato al paragrafo 5 della << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-523-aumenta-il-successo-del-premio-re-italo-terre-degli-enotri-di-pino-campisi-a-lamezia-terme-cz/ >> (lunedì 18 marzo 2024). Pure a Marianna, che per missione e vocazione fa la moglie e la mamma e per professione fa l’architetto, ho suggerito di scrivere qualcosa … così ha scelto di raccontare la storia della sua nonna che, ad un certo punto della vita, ha deciso di emigrare con la famiglia in Germania dove però l’aspettava un destino assai crudele. Ed ecco il suo INCIPIT che ha scritto negli ultimi due mesi di questo 2024, non senza sofferenza nel ricordare, scrivendo. Chiedo scusa all’Autrice se qui non posso mantenere la spaziatura del suo testo per ovvii motivi di impaginazione tipica di queste nostre “Lettere”. La manterrà quando l’avrà data alle stampe nel suo libro di esordio!… Ecco l’incipit che in alcune parti (come i paragrafi 5-6-7) risulta ancora incompleto.

Quelle che apparentemente sembrano solo mura, racchiudono la vita, le aspirazioni e i dolori di chi per anni ha attraversato la soglia di casa, entrando nel proprio mondo. Ogni sorriso, ogni lacrima, ogni grido sono custoditi nei numerosi mattoni sollevati per tenerci al sicuro…

IMMERSI IN UN MARE DI SPINE

ACCOLGO IL MIO DESTINO

IN UN GIORNO INQUIETO

OSSERVANDO CIO’ CHE E’ STATO

LA CASA È VUOTA

SENTO FREDDO, MOLTO FREDDO ORA…

1981, in Italia la casa è vuota. Quella che per anni è stata il nostro rifugio ora non è altro che l’ennesima mandata volta verso destra. Sento ancora lo scrocco della chiave, una, due tre volte. Tutto è perfettamente chiuso, le luci sono spente. Tra le voci delle ragazze, la TV accesa e le mie urla facevamo un bel baccano. Nel quartiere eravamo gli unici ad avere la televisione, la sera la mia bellissima casa si straformava in un cinema a bianco e nero, tutti seduti sul divano di camoscio verde, aspettavamo che andasse in onda il film. 

Quante risate, posso ancora ascoltare quel piacevole frastuono o la musica che si innalzava sul soffitto insieme ai movimenti dei piedi. Volavano i nostri piedi, si sollevavano ad ogni giro di valzer, attraversando tutta la cucina fino al salotto. La vetrina in fondo arredava l’intera parete e dalla stessa si rispecchiavano i nostri sorrisi, la gioia delle ragazze mi avvolgeva fino a togliermi il respiro. Le guardavo crescere ed ero felice e nello stesso tempo disperata perché avrei voluto dargli di più, avrei voluto evitargli la fatica del risveglio all’alba, il sole cocente della campagna mentre chinate falciavamo il grano.  Non è stato facile, ero sola a crescere i miei figli e ho cercato di fare del mio meglio per renderli forti, ma ad ogni passo ho avuto bisogno del loro aiuto e non sarei riuscita senza la loro collaborazione.

La Germania ha accolto tanti uomini, giovani emigranti in cerca di lavoro. Gli stessi che hanno lasciato la famiglia, le mogli. Il boom economico esploso, aveva urgente bisogno della manodopera degli stranieri. E in tanti sono partiti…

Non ero la loro mamma, ma una coetanea divenuta subito grande, una bambina divenuta un genitore, inconsapevole delle difficoltà e felice di essere circondata da tanto amore, lo stesso che per anni mi è stato strappato. La ricordo la mia mamma, aveva un pancione enorme, presto le gemelline sarebbero nate. Era pallida, affaticata, l’ostetrica diceva di portarla in ospedale, ma non vollero ascoltarla. Poi andò via e non la vidi più!!!

SENTO FREDDO, TUTTO È BUIO…

Era bella la nostra casa. Circondata dall’azzurro del cielo e del mare che le faceva da sfondo. Lo stesso mare incorniciato dalla finestra della cucina. Al centro il tavolo e sulla parete d’ingresso il camino realizzato con mattoncini rossi, il nostro grande camino. La sera bisognava prenotare il posto, ricordo ancora il profumo delle salsicce arrostite sulla brace. Che buone!!! Anche qui in Germania le abbiamo fatte, dobbiamo ancora riempirle, ma ci penseremo domani!!!  La vicina insiste per andare.

Andare a rendere omaggio alla morte di una persona comune, che forse non è neanche così importante nella nostra vita. Ma bisogna farlo, una parola di conforto, un mi dispiace o semplicemente condoglianze lo si dice per chiunque muoia, anche se non lo si conosce o non lo si frequenta… Infilo le calze di nylon, la gonna nera, un ultimo sguardo allo specchio ed eccomi pronta a partire insieme agli altri. In macchina siamo in cinque, la piccola è rimasta a casa, poverina ha pianto tanto, ma non c’era posto. Le abbiamo detto di non essere triste, rientreremo presto per guardare il film di Celentano che mandano in onda questa sera. Faremo in fretta!!!… Mio genero adora ogni sua battuta, ogni movimento del corpo, le mosse a “scatto di musica”, il ballo a molleggi che lo contraddistingue. Seduto al volante, ci riporterà a casa presto per poi vedere il film.

Sono giorni che continua a nevicare, tutto è gelido. Il bianco che avvolge i paesaggi non aiuta a colorire i visi delle persone. Non sono come noi, caldi, generosi, accoglienti. I tedeschi mantengono le distanze, non amano farci entrare nelle loro case. Ma non fa nulla, l’importante è stare finalmente insieme, dopo anni di indecisione, di sacrifici, di lontananza abbiamo ormai deciso, rimarremo qui, basta con la campagna.  In Germania, insieme, faremo la nostra fortuna!!! Anche l’appartamento preso in affitto è comodo, devo dire che in quattro ci stiamo bene. Non è molto grande, la cosa più brutta è la mancanza del bidet nel bagno. Ma come faranno a lavarsi i tedeschi, ogni volta una doccia? oppure si accontentano della semplice carta igienica? Mi fa sorridere, forse non sanno che noi italiani non ci laviamo riempiendo il bidet, ma sotto l’acqua corrente. Non importa, troveremo una soluzione, l’importante è stare finalmente insieme.

IL GELO MI AVVOLGE….

La piccola vive ormai a casa nostra, cerca sempre le zie. Il papà l’accompagna a scuola e noi la riprendiamo a pranzo, tanto è vicinissimo. Con la scusa di riprenderla la sera, rimangono tutti e quattro a cena da noi. Sono stati loro a convincerci a trasferirci. Hanno bisogno di aiuto, sono soli, lavorano entrambi e con due figli non riescono. Per diversi anni le sorelle si sono trasferite da lei, ma l’Italia le ha richiamate. Le colline molisane ha imprigionato entrambe, il verde le ha avvolte, il sole splendente le ha riscaldate, lo sfondo del mare ha regalato loro l’infinito e in quegli abiti bianchi consacrati a Dio hanno detti “Sì” ai loro amori e alle loro nuove famiglie.

E noi, noi con il cuore a metà siamo definitivamente emigrati verso un paese tanto diverso dal nostro.

Lontani dal mare, dal sole, dalle nostre amate colline, lontani dalla storia che da sempre ha fatto grande la nostra bella Italia. Avevamo tutto, l’Italia aveva tutto, ma non ci ha fermati… 

E questa sera tra il profumo delle salsicce appena riempite, simile ma così diverso da quelle che facevamo in Italia, in cinque ci accingiamo ad entrare in macchina, pronti a dare l’ultimo saluto a quella defunta che forse non è così importante per noi…

UN SOLO GRIDO

TUTTO E’ FINITO

L’ AZZURRO E’ TORNATO AL CIELO

LASCIANDO IN NOI IL GELO

2-  LA FINE DI UN BATTITO

Ogni sorriso, ogni lacrima, ogni grido sono preziosamente custoditi nella mia bella casa in Italia! Dare alla luce due gemelline è stata un’emozione indescrivibile. Tra la paura, lo stress, le notti insonni tutto era diventato un dolce tormento, tranquillizzato dalla loro presenza dentro di me e dalla felicità dei fratelli che con ansia attendevano la loro nascita.  Ero già mamma di tre bellissime adolescenti e un maschietto e Dio me ne ha voluto donare altre due. Chi sa cosa ho mai fatto di tanto grande nella mia vita, da meritare tanto amore! Per mesi ho sentito i loro battiti, ho percepito i loro movimenti, le ho immaginate insieme, unite, inseparabili.

Con sorpresa, una biondina, con gli occhi del mare, bella, solare, con una pelle candida come la neve e l’altra nera, scura, cupa, paffuta. “Lu Tufon” (cicciottella), così che la chiamavamo tutti. Mangiona e sempre poco sorridente.  Tornata in campagna le mie piccole donne, imperterrite, senza nessun lamento si gestivano tra la scuola e le faccende, pronte ad aiutarmi, a non lasciarmi sola, a sorridere alla nostra semplice vita, ricca solo di frastuoni e risate. Le gemelle ormai erano più loro che mie… Divennero le loro sorelle, le loro bimbe, le loro bambole. Poi un giorno tutto è cambiato… Un solo urlo è bastato ad arrestare il tempo. Anche il grande pino di fronte casa, che per anni ci ha regalato la sua ombra, ad un tratto si è fermato. I suoi immensi rami, che si piegavano al vento, ad un tratto si sono irrigiditi. Tutto ai miei occhi è divenuto inutile, insignificante come la mia stessa vita. Nulla era stato il mio passato, confrontato a quel momento. Ricordo solo un grande urlo e la corsa verso la culla. La guardavo con timore, pietrificata, non volevo e non potevo credere che la mia bellissima bimba era morta. I suoi grandi occhi azzurri si erano spenti. Per anni mi sono chiesta dove avessi sbagliato e in quest’istante che la sento più vicina che mai, forse potrò finalmente dare una risposta al mio tormento.

E FREDDO, LE LUCI, LE VOCI, SENTO UN GRAN FRASTUONO INTORNO A ME…

Sono crollata e mi sono rialzata per loro. Ho toccato con mano l’impotenza dell’essere umano di fronte a un destino crudele, ingiusto, bastardo. Ho asciugato le mie lacrime, ho visto Lui tornare a casa dopo mesi di duro lavoro e piangere come mai aveva fatto prima. Sono stati anni difficili, segnati dal dolore, anni che hanno cambiato la mia vita. Sono stata costretta a scegliere tra la disperazione e la mia famiglia e ho scelto loro. Pian piano le emozioni sono divenute ricordi e con il tempo quel dolore che aveva trafitto il mio cuore si è trasformato nella mia forza. Ho scolpito il suo nome nel mio cuore e sono andata avanti. Immaginandola in un’altra dimensione ho trovato il mio conforto, aggrappandomi alla fede ho consolato il mio cuore e gelato le mie lacrime.

Avevo perso la mia bimba, ma sua sorella aveva perso la sua gemella. Mi sono sempre chiesta se la sua tristezza fosse legata a quel momento. Per nove mesi di gravidanza avevano condiviso un spazio così intimo e misterioso da renderle forse un’unica cosa?

Forse sì o forse la mia bambina, lu Tufon, era solo una gran mangiona poco sorridente. Ricordo la sua adolescenza, ma non riesco a ricordare una sua risata fin a quel giorno. Ancora il ballo, la musica protagonista delle nostre giornate più belle.

Un ragazzo si avvicinò a lei per chiederle di ballare e lei tutta timida gli disse di no e nello stesso attimo scoppio in una gran sghignazzo.  Era così bella! Finalmente il suo volto si era illuminato. Da quel momento cambiò atteggiamento, divenne più solare, felice. Con le sue sorelle rideva e si divertiva, insieme adoravano intrattenersi a parlare ore ed ore, mentre io le osservavo da lontano, cercando una visione più ampia, per meglio cogliere ogni dettaglio da imprimere nei miei ricordi. 

Piccola, per anni fui costretta a lascarla alle sorelle più grandi, ancora bambine ma già donne.   Facevano quel che potevano, si impegnavano e io pretendevo da loro, perché ormai eravamo un gruppo ben solido, ognuno con compiti ben stabiliti, pronte ad aiutarci a vicenda. La sera quando rientravo a casa, dopo una giornata dura in campagna, pregavo il Signore perché tutto fosse in ordine e nessuno si fosse fatto male. Ma non sempre mi ascoltava! Davanti la mia bella casa in Italia avevo un piccolo terrazzo, non molto alto, forse un metro o poco più. Lei aveva solo qualche anno, stava giocando, bastò un unico attimo di distrazione e cadde giù. Povera stella!!! Per fortuna, nonostante il grande spavento, non accadde nulla di grave. Mi raccontarono del sangue, del pianto, delle urla infinite e della vicina che corse a medicarla portandola a casa con lei. Ancora una volta…

E sì!!! Non era la prima volta che la vicina correva a soccorrere la mia bambina. In un’altra occasione strappò un peperoncino da una pianta e dopo averci giocato strofinò le sue belle manine agli occhi. Posso solo immaginare il bruciore che sentì.  Le fantasticavo inseparabili le mie gemelline, unite da un qualcosa di speciale che non sapevo descrivere.  Insieme, con vigore, erano cresciute nel mio grembo, insieme per pochi mesi, tutte e tre avevamo condiviso la nostra esistenza. Un evento straordinario, indescrivibile aveva trasformato il mio corpo e dato consolazione a quel ricordo lontano che disturbava le mie notti buie, quando cercavo la mia mamma osservando il cielo e fissando le stelle. Quando consolavo i miei tre fratelli perché eravamo rimasti soli. Quando la parola “gemelli” rattristava la mente riportandomi a quel giorno lontano, quando non la vidi più tornare.  Il cielo ha rubato mia mamma, ha rubato la mia piccola bimba e ora in questa notte gelida, in questo paese che non è il mio, che mi ha accolto facendomi credere che sarei stata felice, ancora una volta il cielo sta rubando le nostre vite…

FINALMENTE UNA NUORA

INCOSCIENTE LAVORATORE

CORAGGIOSO IMPRENDITORE

SEI CADUTO E TI SEI RIALZATO

IL TUO EGO TI HA SALVATO

E’ bastata una sola foto per attraversare lo stivale e giungere a te. Il mio unico figlio maschio, il mio orgoglio, le mie notti in bianco. Sempre forte e pieno di te stesso, consapevole che un giorno saresti arrivato lontano. Prodigo al lavoro, alla fatica. Eri solo un bambino quando sei partito, anche tu emigrato come tuo padre, giunto in Germania per trasformare la tua passione in lavoro. Ti arrabbiavi quando ti costringevo a venire in campagna, ti ribellavi alla mia umile vita, rifugiandoti nei tuo sogni, nell’incoscienza della tua adolescenza. Mi dicevi di voler diventare grande, di non volerti accontentare, ti immaginavi un ricco imprenditore e lasciavi che il tuo entusiasmo coinvolgesse tutti.   Hai sempre amato metterti alla prova, accettare le sfide, anche quando a soli quattordici anni ti hanno lasciato solo a gestire un ristorante per qualche tempo. Hai imparato a cucinare, con furbizia hai saputo copiare chi pensavi essere migliore di te, sei cresciuto …

Ora, schiacciata dalle stesse macchine che tu hai sempre adorato, consapevole di ciò che è accaduto, mi chiedo se mai potrò vedere il tuo futuro. Il dolore che sento non è nulla in confronto all’idea di dovervi lasciare. E mi dispiace e chiedo scusa a voi tutti se non potrò restarvi accanto… Le macchine!!! Uscivi matto per ogni nuovo modello. Appassionato di auto e motori, lasciavi che l’adrenalina attraversasse il tuo corpo, spingendo il pedale sull’acceleratore. Mi sorridevi, descrivendo nel dettaglio ciò che io non capivo, parlavi di motori, cavalli e io mi incantavo ad ascoltarti.  Sin da piccolo sei stato sempre un bel bambino, il tuo viso dolce e rotondo, i tuoi grandi occhi neri rubavano la mia anima, il mio cuore. Ad ogni tuo sguardo mi scioglievo. Eri un galantuomo, un dongiovanni alla ricerca del tuo grande amore, della metà che ti completasse e frenasse il tuo lato oscuro, incapace di resistere alle tentazioni. Il desiderio irrefrenabile di giocare scorreva nelle tue vene, trasformandoti da bravo ragazzo in un uomo desideroso di piacere, capace di perdere anche tutto. E’ bastata una sola foto per attraversare tutto lo stivale e giungere a lei, in quella punta ricca di profumi e colori. Uno scrigno di tesori, con paesaggi meravigliosi e un mare cristallino.

Una vicina ti fece vedere la sua foto, una giovane bella mora, una ragazza dalla pelle chiara, una bambina. Senza esitare sei partito scontrandoti con una cultura diversa, una società chiusa e dura e hai chiesto la sua mano a quel padre-padrone. E lei desiderosa di libertà, stanca di quella gelosia che la opprimeva, di quel rapporto complesso che non la lasciava vivere ha accettato il tuo amore e ti ha seguito a soli diciassette anni in Germania, accompagnata dai genitori. Neanche un bacio vi era concesso. Scortati ad ogni passo, insieme avete superato le difficoltà giungendo al grande giorno. Lei, solo una bambina entrò nei cuori di tutti noi, divenne una figlia, una sorella, un’amica. Ogni regalo che le ho fatto, ogni gesto amorevole proveniva dal mio cuore, perché ero fiera di lei, di voi. Davanti il negozio di scarpe, insieme a tua sorella, incantate davanti a quella vetrina luminosa, sconosciuta alla gente di paese, le abbiamo chiesto di entrare e scegliere le scarpe più belle.

Oggi chiedo a Dio di imprimere quei singoli momenti, forse banali e semplici nel suo cuore, perché non so se mai avrò un’altra possibilità per dirle grazie. Grazie per aver amato il mio unico figlio maschio, grazie per essergli stato accanto, per avergli dato la forza di andare avanti, realizzare i suoi sogni, grazie per averlo rialzato ogni volta che è caduto.  Grazie per essere stata la sua ombra!  Grazie perché posso andar via tranquilla, perché affianco a lui c’è una giovane donna del sud, dal carattere forte capace di gestire le sue fragilità.  Negli ultimi anni sei cresciuto tanto e in fretta, hai imparato a cucinare, a gestire un locale. Passo dopo passo hai salito ogni gradino, hai scoperto il tuo mondo fatto di superfici chiare e fornelli.  Hai portato i grandi piatti della cucina italiana in Germania, hai contato su te stesso, sulle tue capacità fregandotene del livello sociale da cui provenivi.  Anzi, la povertà è stata la tua forza! Ti sei reso disponibile a imparare, a non arrenderti. Realizzando i tuoi piatti, hai lottato per custodire la felicità che con fatica hai conquistato.  Hai gustato il bello delle cose materiali a cui tenevi e che non hai mai accettato di non avere…

UNA BAMBINA UBBIDIENTE

ESILE DONNA

DIVENUTA PRESTO GRANDE

LA MIA TENAGLIA

PER NON SCOTTARE LE MIE MANI

Il pezzo più grande è l’orecchio, le dicevo sempre… Bambina e adulta nello stesso momento, l’ho costretta a diventare grande in fretta, responsabile, protagonista di una vita che ho scelto io per lei, volta tanto al sacrificio. La prima gravidanza non fu facile, ero solo una bambina è scoprii di essere incita.  Invece con lei fu diverso. Dopo esserci sposati, l’abbiamo cercata. Ormai ero un’adulta di diciannove anni! Nessuno poteva più giudicarmi o interferire nelle mie scelte. Ero finalmente libera dai pregiudizi di quella gente che spesso trasformava la loro ignoranza nella mia punizione.

Ho spesso tremato per lei. Aveva solo pochi mesi quando ho temuto di perderla. Arrivai a comprarle un vestitino bellissimo e un piccolo cuscino per il suo funerale. Era così minuta, fragile… Il dottore provò con un’ultima puntura, il parroco mi diede un sacchetto da porre nel suo lettino. Non so cosa accadde davvero ma, cominciò finalmente a risplendere. E quando la persi, che paura!!! Nessuno riusciva a trovarla. Un’intera giornata senza sapere che fine avesse fatto. E poi di nuovo eccola, dormire come un angioletto, avvolta da quelle grandi coperte, che nascondevano il suo piccolo corpicino.  E quando infilò la testa nella porticina del gatto o quando fece rotolare la botte del vino…  Oh, la mia cantina!!! Pochi gradini per prendere il nostro vino, l’olio dei nostri ulivi, la salsa prodotta con i pomodori del nostro orto, la legna del nostro bosco. Tutta le nostre giornate, il nostro lavoro era custodito lì. Quando entravi si percepiva un profumo di muffa, di terra.

In questo momento darei tutto per poter solo per un istante aprire quella porta. Tornare nella mia bella casa in Italia, rimpadronirmi dei sapori a cui ho rinunciato per un futuro che ho pensato potesse essere migliore.  Aaaaaah …. E’ stata sempre la mia tenaglia, con lei ho conservato le mie mani integre, sacrificando forse le sue. Bisognava lavorare, eravamo in tanti intorno a quel tavolo, come potevo fare se non chiedere aiuto a lei. La cenerentola di casa, costretta alle faccende, a crescere le sorelline più piccole. Le faceva addormentare impedendogli di riaprire gli occhi. Come??? Poneva le sue piccole dita sugli occhi chiusi delle sorelline e loro pian piano si addormentavano. Che birbante!!!

Una volta le prese di brutto. Mi disse che andava in chiesa a pregare, invece trascorse il pomeriggio a ballare. Che bello!!! In ogni casa ci si riuniva a far festa, le sale si trasformavano in piste danzati, le testine scivolavano sui solchi dei vinili mentre giravano.  Le canzoni di Mina, Morandi, Bobby Solo e tanti altri accompagnavano le nostre giornate non sempre facili.  Pian piano che cresceva diventava sempre più responsabile, la casa, la campagna e poi un giorno rientrata mi disse di voler andar via. Voleva seguire il padre in Svizzera, solo quattordici anni e voleva andar via da me. Sembrava un “africana” quando partì. Era così nera e magra, il sole aveva colorito così tanto il suo volto da renderla quasi irriconoscibile agli occhi di chi non la vedeva da tempo. Andò via… Prima in Svizzera, poi in Germania. Ogni suo guadagno era il nostro ossigeno. Anche da lontano continuava ad aiutarmi. Aiutava me, aiutava sua sorella ormai sposata con due figli. Si alternavano con i turni in fabbrica, alzandosi alle 4 del mattino, per poter crescere la piccola e il fratello. 

Quando andò via, lasciò la nonna incredula che potesse fare una tale scelta, tanto che lei la costrinse a visitare tutti i parenti prima della partenza. La sua amata nonna, erano inseparabili! Tutti volevano bene alla mia bambina. I miei fratelli venivano spesso a prenderla in paese, per portarla con loro, con le loro famiglie. Ricordo la vespa su cui saliva, il suo sorriso.  Lei era in Germania insieme al padre, alla sorella più grande, mentre io in Italia continuavo a cresce il resto della famiglia, i fratelli più piccoli. Poi vi fu un momento in cui i nostri destini si invertirono. Lei decise di rientrare, di sposarsi e io feci la grande scelta di riunire finalmente tutta la famiglia trasferendomi in Germania. Furono anni turbolenti, chi andava, chi veniva, tutto era poco chiaro. Oggi, guardandomi in dietro ho la sensazione di aver vissuto così tanto.

I TUOI RIMPROVERI

CON TE SON CRESCIUTA

CON TE SON VOLATA

MIA SORELLA, MIA FIIGLIA,

MIA AMICA TU SEI STATA

Aggiustati, fatti bella mi dicevi! …

6- LE CAMPAGNE

UNA DONNA FORTE

Un solo pregio ho sempre riconosciuto di avere, la mia forza. Non ho mai avuto paura di nulla, a testa alta mi sono posta degli obbiettivi e pian piano ho realizzato tutto.  Non ho rimpianti, solo tanto dolore ora… Neanche quando lui ha smesso di mandarmi i soldi dalla Germania, neanche quando ho pensato di perderlo e di non sapere come andare avanti da sola con sette figli, mi sono abbattuta. Ho pianto tanto, ma conoscevo la mia forza, conoscevo i miei figli…

Gli uomini lasciano che gli ormoni abbiano prevalenza sulla ragione e ti fanno piangere per poi tornare e chiederci scusa. Già mamma della nostra prima figlia, gli giurai amore eterno davanti a Dio, e nonostante sapevo che non fosse perfetto l’ho perdonato, perché tenevo più di qualsiasi altra cosa al mondo alla nostra famiglia.  E oggi, impotente davanti al mio destino sono contenta di ogni scelta fatta…  Ho lasciato la mia bella Italia, dopo un’operazione all’appendicite per tornare in Germania, perché lì ormai era il mio posto.   – Fine incipit –

CHI E’ L’AUTRICE MARIANNA MASTRONARDI

Come accennavo sopra, Marianna Mastronardi (nella foto di questo paragrafo) è una donna di 43 anni, moglie e madre felice, che vive in Mafalda del Molise un piccolo borgo collinare sul lato destro del fiume Trigno il quale nasce in Alto Molise dove c’è Agnone, la città dove abito (60 km verso l’interno dell’Appennino). E’ architetto e, anche come tale, vorrebbe rendersi utile per salvare quante più case possibili dall’abbandono e il territorio dallo spopolamento. Per tale motivo, dopo aver letto su internet qualcosa sulla vicenda di “Badolato paese in vendita in Calabria” mi ha rintracciato per chiedermi cosa fare per aiutare Mafalda e i paesi attorno a lei tanto cari. Mia moglie ed io siamo andati ad incontrarla domenica pomeriggio 17 marzo 2024 ed abbiamo parlato per cento minuti nel suo studio professionale.


Marianna Mastronardi

Poi abbiamo avuto occasione di sentirci per telefono più volte e in una di queste conversazioni le ho chiesto di esaminare pure la possibilità di mettersi a scrivere le memorie della sua famiglia, pure dal momento che mi aveva raccontato di vicende e situazioni molto drammatiche di cui sarebbe stato opportuno lasciarne memoria sociale.

Così è nato questo “INCIPIT”. Spero tanto e di vero cuore che Marianna porti a compimento questa Storia, per certi versi assai emblematica di innumerevoli famiglie le quali, provenienti dal nostro Sud più rurale, hanno realizzato una nuova vita in paesi d’emigrazione sia nel resto d’Italia che all’estero.

Caro Tito, noi oggi la teniamo a battesimo come narratrice, con l’augurio che la sua scrittura sia amata da innumerevoli lettori e possa avere il massimo successo possibile.

IL PAPA E I BAMBINI PER LA PACE 

Come abbiamo appena letto, in questo INCIPIT del suo primo romanzo “Via dei Colli 48”, Marianna Mastronardi racconta di bambini e di figli. Lei stessa ne ha due. Colgo, quindi, lo spunto per accennare alla “Prima Giornata Mondiale dei Bambini” che, voluta fortemente da Papa Francesco, si è svolta in Roma pochi giorni fa, sabato 25 e domenica 26 maggio 2024. In pratica una Giornata intergenerazionale, dal momento che i bambini erano accompagnati dai loro genitori o da educatori. Ed io (pure come “Università delle Generazioni”) non potevo non accennarne, anche perché al centro di tale incontro c’è stata la preghiera per la Pace nel mondo, in particolare per la fine delle guerre in Ucraina, nella Terra Santa e in tante altre parti del mondo meno pubblicizzate da TV e giornali.

Non posso e non voglio nascondere la mia gioia per tale incontro, anche perché tra Natale 1986 e l’Epifania 1987 in Badolato ho realizzato la Prima Festa dei Bambini e degli Anziani.

Infatti sono stato felice vedere realizzata questa Giornata Mondiale dei Bambini (la quale, in pratica, ha mostrato di avere più o meno lo stesso spirito di quella mia iniziativa che ho condiviso, da bibliotecario municipale, con l’allora assistente sociale comunale Caterina Rudi e con il patrocinio e la generosa beneficenza dell’artista Giannino Ermocida, badolatese da poco tornato dalla Svizzera).

Così come sono stato assai lieto che il Vaticano abbia voluto realizzare dal 1986 in poi l’annuale GMG – Giornata Mondiale della Gioventù (che nel 2025 celebrerà la sua 38ma edizione) quando io avevo già realizzato, pressoché con il medesimo spirito, la Prima Festa dei Neo-Maggiorenni il 10 dicembre 1983 nel 35mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite).

SALUTISSIMI

Caro Tito, colgo la preziosa occasione di questa “Lettera n. 541” per invitare i nostri lettori a voler esaminare la possibilità di dedicarsi alla “scrittura” di qualsiasi tipo e, auspicabilmente, di pubblicare a stampa o semplicemente via internet. Secondo me è importante lasciare una traccia di sé stessi (anche in forma anonima) e del mondo vissuto. Ritengo che la testimonianza sia un obbligo, specialmente verso le presenti e le future generazioni, che hanno il diritto di sapere come abbiamo vissuto il tempo che li ha preceduti. Con questo augurio, mi congedo, ringraziando te e chi ci segue. Un cordialissimo saluto a tutti e, possibilmente, tanta felicità ed Armonia. Alla prossima 542. Ciao! Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, giovedì 30 maggio 2024 ore 06.09 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web. Alcune mi sono state fornite direttamente dall’Autrice Marianna Mastronardi.

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