La lettera di un consulente di una società che gestisce distributori a Soverato
26 giugno 2020 21:07di FRANCESCA FROIO
Un’ordinanza sindacale restrittiva che limita l’orario dell’attività e 'persegue' i gestori inadempienti. Il dispositivo che fissa gli orari di vendita solo dalle 7 alle 20 (in una determinata zona della città) è in vigore a Soverato da circa un mese. La permanenza della misura ha suscitato la rabbia di un'azienda che opera nel settore del vending, proprietaria di alcuni distributori automatici presenti su Soverato. Non è escluso che presto contro l'ordinanza possa appellarsi al TAR.
Pubblichiamo la lettera aperta giunta in redazione:
“Da alcune settimane abbiamo ridotto gli orari di lavoro dei SAIBABAR di Soverato, rispettando un’ordinanza del Sindaco di fine maggio. Penso che molti cittadini nostri clienti si sono chiesti il motivo, ma per le caratteristiche dell’attività (nessuna presenza di personale fisso) sono rimasti senza risposta. A dire il vero, tutti coloro a cui ho fatto leggere l’ordinanza non hanno ben capito, compreso il sottoscritto. Il merito dell’ordinanza abbiamo cercato di discuterlo con il Sindaco, ma a quanto pare senza risultato ed infatti ricorreremo al TAR. Secondo la legge”.
“Che rabbia non aver convinto la massima autorità cittadina che rispettiamo le regole e che tutti gli adempimenti richiesti li abbiamo sempre messi in pratica (come la pulizia delle aree adiacenti ai nostri bar). Che rabbia aver sofferto la chiusura delle attività produttive ed il fermo del lavoro per il Covid e quando finalmente puoi pensare di iniziare di nuovo la tua attività ti viene impedito. Che rabbia vedere il concorrente di Soverato con gli H24 che se ne è infischiato dell’ordinanza, rimanendo sempre aperto e lavorando nei suoi due punti vendita, che rabbia vedere il concorrente di Soverato vendere alcolici dopo mezzanotte malgrado una legge nazionale lo vieti, che rabbia tenere i ragazzi in cassa integrazione sapendo che hanno bisogno di lavorare, come l’azienda di produrre, che rabbia pagare gli affitti dei locali e non poter chiedere un aiuto allo stato perché è un’attività giovane e malgrado tutto non rientra nei criteri economici previsti per gli aiuti Covid”.
“Che rabbia passare per i fessi che cercano di rispettare le regole, perdendoci, contro i furbi che se ne infischiano guadagnandoci, che rabbia fare una passeggiata sabato sera e vedere la propria attività “spenta”, mentre tutto intorno brulica di persone e di movida”.
“Quella di Saibabar è una rabbia onesta di chi vuole fare impresa correttamente, e allo stesso tempo triste per le conclusioni che questa storia, come tutte le altre ci insegnano che chi segue le regole in questa terra bisognosa di imprenditori, “sbaglia”. E allora come pensiamo di cambiare la nostra piccola terra, il Sud, l’Italia, se non riusciamo a ribaltare l’assioma in “…che fesso, non ha rispettato le regole...”?”
Mario Pietro Samarotto, consulente
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