"L'imprenditore di Vibo, Rosario Lo Bianco, non è socialmente pericoloso". La Corte d'appello gli revoca la sorveglianza speciale e restituisce a tutti i beni confiscati

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La Corte d' Appello di Catanzaro
  09 maggio 2020 19:19

di STEFANIA PAPALEO

Per il Tribunale di Vibo Valentia l’imprenditore Rosario Lo Bianco è un soggetto sistematicamente dedito all’evasione fiscale e, come tale, socialmente pericoloso poiché vivente abitualmente con il provento dei reati commessi. Da qui la decisione assunta a giugno del 2004 di sottoporlo a sorveglianza speciale e confiscare tutti i beni a lui riconducibili, compresi quelli di persone a lui vicine (Candela Giuseppina, o Bianco Carmelo, Lo Bianco Maria Elena Carmela e Lo Bianco Domenico). Ma adesso, a distanza di ben sei anni e dopo alterne vicende giudiziarie, a ribaltare la vicenda ci hanno pensato i giudici della Corte d’appello di Catanzaro, che, nel pronunciarsi sul ricorso proposto dalla difesa dell’imprenditore di Vibo Valentia, hanno annullato il decreto impugnato e deciso che Lo Bianco non è affatto un evasore sistematico, di conseguenza neanche socialmente pericoloso. In calce al decreto, le firme del giudice estensore Domenico Commodaro e del collega Fabrizio Cosentino, quest’ultimo, in qualità di consigliere più anziano, firmatario al posto di Marco Petrini, presidente di Corte all’epoca in cui fu discusso l’appello e poi finito in carcere nell’ambito dell’operazione Genesi.

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Il procedimento giudiziario è finito al vaglio della Corte d’appello su decisione, in sede di rinvio, della Corte di Cassazione, che aveva accolto la richiesta dei legali della difesa che si erano schierati contro il decreto del Tribunale di Vibo, nella parte relativa alla misura personale, che faceva leva sui precedenti penali e di polizia e sui carichi pendenti annoverati dal LO BIANCO, e rispetto alla misura patrimoniale, contestando il fatto che il tribunale avesse fatto proprie le considerazioni espresse dalla Guardia di Finanza che aveva compiuto gli accertamenti, dai quali era emersa la riconducibilità a Lo Bianco di tre imprese operanti nel settore edilizio (ditta EDIL Sud di LO BIANCO Rosario, ELLE ERRE Costruzioni S.r.l., D.S.C. Costruzioni S.r.l.), nessuna delle quali aveva mai provveduto a saldare i debiti d’imposta. Da qui il primo appello proposto dall’imprenditore vibonese, contro la mancata dimostrazione della contestata evasione fiscale e l’omessa considerazione dei redditi prodotti negli anni antecedenti al periodo di riferimento (2000/2012). A fargli seguito l’appello dei terzi interessati, per rivendicare la piena ed effettiva titolarità dei beni loro confiscati, chiedendone la restituzione. L’8 aprile 2016 la decisione della Corte di Appello di Catanzaro di ridurre, in parziale riforma del provvedimento impugnato, da 3 a 2 anni la durata della misura di pre­venzione della sorveglianza speciale applicata a Rosario Lo Bianco, disponendo la restituzione del bene confiscato alla NEOS Finance S.p.a.

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Ben poco per l’imputato e la sua difesa che, senza perdere tempo, hanno proposto ricorso in Cassazione, ottenendo, il 23 marzo del 2018, l’annullamento del decreto impugnato con rinvio a una diversa sezione della Corte d’appello di Catanzaro, per un nuovo esame del procedimento. A dicembre l’udienza sfociata nella sentenza attuale, che si richiama a tutta una serie di decisioni del legislatore finalizzate a mettere un fermo alla c.d. legge “manette agli evasori”, riformando il sistema penale tributario e definendo l’evasore “socialmente pericoloso” solo quando evade il Fisco in modo seriale attraverso il ricorso a metodologie e strumenti finalizzati all’occultamento dei proventi e alla dissimulazione della realtà. 

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E, nel caso di Lo Bianco, secondo i giudici non può essere considerato evasore fiscale socialmente pericoloso in difetto dei presupposti previsti dalla legge. Da qui la revoca delle misure di prevenzione, personale e reale, della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e della confisca dei beni applicate nei confronti di Rosario Lo Bianco, con ordine di restituzione dei beni agli aventi diritto e delega per l’esecuzione all’autorità di polizia giudiziaria che ha eseguito il sequestro.

 

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