di IACOPO PARISI
San Vitaliano ritrova la sua voce. Dopo mesi di ricerca tra archivi dimenticati e antiche partiture, Marco Calabrese e Oreste Sergi Pirrò hanno ricostruito l’identità musicale e rituale del patrono di Catanzaro, riscoprendo inni, cerimoniali e usanze che la città aveva dimenticato. Il risultato è stato un vero e proprio viaggio tra devozione, musica sacra e memoria storica: un evento che ha mostrato come la figura del Santo, oggi relegata a celebrazioni sempre più marginali, un tempo fosse al centro della vita religiosa e sociale cittadina.
L’incontro, parte del format Lirica in pillole – La musica di Dio, curato da Calabrese per l’associazione culturale Al San Carlino e supportato dall'Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, ha riportato alla luce un inno dimenticato, nato come danza popolare e divenuto col tempo canto liturgico solenne. Più che un semplice omaggio liturgico, l’appuntamento è stato una restituzione: della memoria storica, della dignità liturgica e dell’identità collettiva.
Il punto di partenza della ricerca è stato tanto semplice quanto rivelatore: un ricordo custodito nella memoria popolare. Marco Calabrese racconta di essere stato colpito da quanto riferito da un suo conoscente, secondo il quale una certa melodia – tramandata oralmente – veniva un tempo associata a San Vitaliano. Era un motivo breve, ripetitivo, con un andamento agile e ritmico che, trascritto e analizzato, ricordava il salterello, una danza antica dal carattere sacro e popolare. La cosa sorprendente, infatti, è che proprio questa struttura danzante si trovi all'origine dell'inno del patrono, oggi percepito esclusivamente come canto liturgico solenne.
Confrontando il frammento con repertori antichi come le Piae Cantiones, Calabrese ha compreso che l’inno primitivo apparteneva a una tradizione musicale più “terrena”, pensata per coinvolgere il popolo: melodie semplici, ripetitive, spesso ballate, che accompagnavano preghiere e pellegrinaggi. Per verificarne la natura popolare, ha chiesto ad Amedeo Fera di eseguire quel motivo con la lira calabrese, uno strumento profondamente radicato nella tradizione musicale meridionale. L’effetto è stato quasi simbolico: un frammento orale è diventato suono vivo, restituito con strumenti della memoria.
Parallelamente, Oreste Sergi Pirrò ha affiancato la ricerca musicale con uno studio documentale. Tra le fonti emerse, particolarmente rilevanti sono l’Officia Sanctorum di Monsignor De Riso (1843) e i manifesti storici del 1910 e 1940, che testimoniano quanto la festa di San Vitaliano fosse strutturata, solenne, pienamente integrata nella vita pubblica della città. Non si trattava di una semplice ricorrenza, ma di un vero cerimoniale religioso e civile, articolato in tre giornate, con processioni, vespri solenni, cori e bande musicali.
“Stiamo parlando – ha ricordato Pirrò – di una festa con un protocollo preciso, sostenuto da una macchina organizzativa imponente. C’era un impianto sonoro, testimoniato dai programmi ufficiali, che comprendeva musiche di autori importanti come Lorenzo Perosi, con esecutori e direttori indicati nei dettagli.”
E proprio il nome di Perosi riemerge anche nella seconda parte della scoperta. Calabrese racconta di aver riconosciuto, sfogliando le opere del compositore, nel Mysterium Ecclesiae la stessa melodia che oggi accompagna l’inno liturgico di San Vitaliano. Un’intuizione, confermata alla prova del pianoforte: era lui, l’inno ufficiale in uso, ma con un altro testo.
La melodia del Mysterium Ecclesiae venne infatti “adattata” per San Vitaliano: il testo originale fu sostituito con quello del Praeclare civis Capuae, probabilmente ad opera di Monsignor Barzellotti, direttore della Schola Cantorum nel 1940. Un’operazione comune all’epoca, che consentiva di riutilizzare musiche già note, semplicemente sovrapponendo testi nuovi. Questo spiega come una danza popolare si sia trasformata in un canto solenne da Duomo, riletto attraverso il filtro del gusto liturgico novecentesco.
La serata, dunque, non ha solo riportato alla luce una partitura. Ha riattivato una memoria, riletto la devozione, riscoperto la complessità di un culto. E si è chiusa con un appello: restaurare la solennità della festa di San Vitaliano, valorizzando ciò che la storia e la musica ancora ci offrono.
“Oggi – ha detto Pirrò – il nostro patrono non ha più un culto riconosciuto e strutturato. Serve restituirgli dignità. E questo studio può essere un punto di partenza per farlo con metodo, documenti e bellezza.”
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