L'omaggio di Franco Cimino ad Achille Curcio: "Al Poeta, il Cantore della Calabria"

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Franco Cimino
  22 giugno 2023 16:54

di FRANCO CIMINO


Il mio artista rock è un poeta. Il mio poeta è rock. La sua chitarra elettrica è la penna. La sua musica sono le parole. La sua voce, la melodia. La sua poesia, una risma alta di spartiti musicali. Il suo rock è duro e morbido allo stesso tempo. Forte e leggero. Rumoroso e melodioso. Il mio artista rock è un po’ Rolling Stons e tanto ma tanto Elvis Presley. Il mio poeta è nato in un paese di collina, in cui tutto, case e piante, chiese e alberi d’ulivo, profumano di buona antichità, di sana saggezza, di senso critico profondo e dove i fiori e gli alberi profumano di cultura. Tutto dell’arte antica, questo luogo, racchiude in un gioiello di religiosità e potere, che carezza il mare per dirgli ancora che la voglia di riscatto dei suoi popoli, non è mica finita. Pur se contrastata e offesa, non si è fermata. Non si fermerà fino a quando ci saranno i poeti di questa nostra “dolceamara” terra. Il mio artista rock è poi lungamente vissuto in un altro paese.

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Più piccolo del primo e a due passi da quello. Ma anche a un metro da quel mare che egli carezzò delicatamente non potendolo navigare. Il mare a cui non staccò mai gli occhi di dosso. E al quale prese tutto ciò che poteva, per restituirglielo con la poesia. I pescatori e il loro lavoro. Le barche “ varate” , che si allontanavano con la sola luce della lampare. La luce, che si riflette come quella che scende dall’alto disegnando una scia a volte d’oro, a volte d’argento. La luce che testimonia la tenerezza di una fatica pesante sulle braccia che tirano “ a rizza”. Pesante anche nella testa, quando, la rete, che via via si alleggeriva risalendo, a bordo giungeva vuota. Le barche del ritorno, quello angoscioso del mare mosso e del cielo in subbuglio, attese dalle donne in pena. E del ritorno sereno, con le persone che le aspettano sulla riva delle meraviglie e dei desideri. Il mio poeta ha rubato al mare anche la luna e le stelle. E il vento. Poi le ha portate sulle colline per vederle più da vicino e sentirne la voce più chiara, dopo aver “sentito” quelle degli alberi sussurrare suoni che solo il poeta sa cogliere.

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L’altra sua Città, la terza, che l’ha accolto nella vita che si è dato per il lavoro da svolgere e per la famiglia da crescere al meglio, è quella in cui vive. La Città grande alla quale avrebbe volentieri strappato dalle sue carni il disordine rumoroso, le tante devastazioni lungamente subite, l’egoismo che le ha prodotte e la stupidità che le ha consentite. Il mio poeta è un artista rock, perché, cercando e girando, guardando e sentendo, leggendo e parlando, ha messo insieme tante parlate per farne una sua. Una lingua nuova che rappresenti in poesia tutte le parlate della nostra terra. Una lingua che possa meglio dire del dolore, della sofferenza, della paura, della disperazione, della rabbia di chi subisce le ingiustizie e la violenza del potere, l’ingordigia della ricchezza rubata. La rassegnazione di chi rinuncia alla lotta. La lingua che possa anche lanciare, oltre le sfere di ogni spazio e del tempo, il grido della gioia della lotta, della fiducia nel popolo che si desta, della determinazione del calabrese che da individuo si fa persona con il pieno della sua dignità e cittadino con tutto il carico di diritti e di doveri. La lingua della speranza nuova per un popolo che si libera di ogni catena. Di quella dell’ignoranza, soprattutto. Il popolo che vincerà. Per amore della propria terra. E per Amore.

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L’Amore e basta. Quello infinito, prezioso tramite tra questo mondo e il Cielo. Il mio poeta è teneramente romantico. Perché questo Amore, che tutti gli altri amori comprende, lui conosce bene. L’ha vissuto intensamente e lo vive ancora. È quello per la sua sposa, l’Amore di tutta la Vita. L’Amore che non finisce. Ché non potrà mai finire. Quant’è bello Achille Curcio, il mio Poeta. Il cantore della Calabria.

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