L'OPINIONE. Filippo Veltri: "Un paese a pezzi nella pandemia"

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Filippo Veltri
  16 novembre 2020 11:24

di FILIPPO VELTRI

Il Paese e’a pezzi nella pandemia e a nulla sono sin qui serviti gli appelli di Mattarella.

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  Perché, di fronte a un nemico comune – insidioso e feroce – non siamo in grado di mettere da parte la demagogia e di rimboccarci le maniche con senso di responsabilità? Perché non siamo tutti capaci di pensare all’interesse generale e lasciare da parte – per un momento, solo per un momento – il nostro particolare interesse? Perché non siamo più quel Paese che, in tutti i momenti terribili della sua storia, ha trovato sempre la forza di sapersi unire, ognuno con le proprie bandiere ma tutti insieme?

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Sono le domande che ci poniamo e che non hanno risposta.

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Nella politica, una parte della classe dirigente, spesso di scarsa qualità e con lo sguardo cortissimo, non riesce ad avere la chiara consapevolezza del momento difficile che attraversa il Paese e si accapiglia per un titolo di giornale, una comparsata nei talk show e qualche zero virgola nei sondaggi. Nella fragile e litigiosa maggioranza che sostiene il Governo le divisioni si accentuano, le ambizioni personali (basti qui citare il comportamento di Renzi) hanno troppo spesso la meglio sul lavoro serio di alcuni. Persino nel Pd, che ha fatto della vocazione al senso di responsabilità quasi la sua missione principale, avvengono cose incredibili.

Le cose non cambiano se da Roma ci si sposta nella periferia. Ci sono sindaci e presidenti di Regione che pensano di comandare sui territori che governano come se avessero ricevuto dal voto popolare un potere assoluto e non un mandato verificabile. Spesso contestano il governo, altre volte si contestano a vicenda. Chiedono di essere coinvolti e poi, se lo sono, si lamentano perché pensano che si voglia scaricare su di loro la responsabilità di scelte impopolari. In Calabria non ne parliamo proprio.

Nell’opposizione è eguale, perché la parte meno sovversiva e più moderata è ormai neutralizzata. La destra, depurata della sua debole anima liberale, ha il volto aggressivo di Matteo Salvini e quello barricadero di Giorgia Meloni. Gli stessi che qualche mese fa andavano in piazza senza mascherina e ora accusano il governo di non aver fatto nulla per impedire il ritorno dei contagi. Gli stessi che qualunque cosa accada e qualunque proposta venga avanzata – persino una proposta di collaborazione come sta accadendo in queste ore – hanno pronta sempre la stessa risposta ad uso e consumo dei tg: no, via il governo, via questo o quel ministro, dimissioni dimissioni.

Il declino dei partiti ha generato questi mostri. I grandi partiti di massa riuscivano, con tutti i loro limiti, a rappresentare pezzi di popolo, aspirazioni, idee, interessi. E si muovevano difendendo la loro parte nel quadro di una responsabilità nazionale e di un interesse generale. Lo ha fatto per cinquant’anni la Dc stando al governo e lo ha fatto il Pci stando all’opposizione. Qualcuno ricorda che cosa accadde in questo Paese quando fu funestato dal terrorismo? E qualcuno ricorda come ne uscimmo? Ognuno per conto proprio o tutti insieme?

  Anche la società cosi’ detta civile si frammenta e si dissolve in una guerra di tutti contro tutti al termine della quale non si salverà nessuno.

  Qualcuno parla della fine dei legami sociali e della nascita di “falsi collanti” che fingono di unire gli uomini e invece li dividono sempre di più.  Se non si capisce che vanno creati, stando in mezzo al popolo e non sopra di esso, “veri collanti” che tengano insieme la società, alla fine il Covid, oltre a uccidere chissà quante altre migliaia di persone, riuscirà anche a distruggere quel che resta ddel Paese. Resteremo soli e incattiviti in mezzo alle macerie. Le parole di Sergio Mattarella, che da mesi insiste sull’unità contro gli egoismi, rischiano cosi’ di essere un triste grido nel deserto se non ci sarà un sussulto della buona politica.

 

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