"La preannunciata postergazione delle restrizioni e il successivo revirement delle ultime ore consegna all’opinione pubblica la cifra di un’evidente e comprensibile incertezza. Precarietà acuita dall’interrogativo se la primazia, nelle scelte, debba essere affidata al decisore politico o allo scienziato.
Il mondo della giustizia e, quindi, quello dei diritti, già pesantemente avversato dalla congiuntura sanitaria, è costretto, tuttavia, ad affrontarla con una dose, forse, eccessiva di asetticità. E, soprattutto, deve guardare, comunque, alla declinazione quotidiana delle proprie attività; all’introduzione della disciplina emergenziale affidata a decreti da coniugare indefettibilmente con le disposizioni che, in sede locale, sono rimesse ai responsabili dei singoli uffici; e, non ultimo, all’applicazione del compendio normativo già in essere e di quello prossimo".
A chiederlo è l'ordine degli avvocati di Catanzaro, di cui è presidente Antonello Talerico e segretario Amalia Garzaniti.
"Non vi è dubbio che, per gli operatori, tra la normativa di nuova e immediata introduzione assuma rilievo di primissimo piano, la nuova disciplina sulla intercettazioni. Le modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, com’è noto, sono infatti diventate legge essendo stato convertito il Decreto legge 30 dicembre 2019 n. 161 nella legge 28 febbraio 2020 n. 7 che entrerà in vigore l’1 maggio 2020.
In realtà, il nuovo strumento normativo sconta un rinvio riconducibile a ragioni di natura squisitamente tecnica a motivo dei ritardi con cui il Ministero si sta e sta attrezzando gli uffici con le adeguate dotazioni per la digitalizzazione del sistema documentale e del software delle intercettazioni e per la creazione delle sale di ascolto.
E’ vero l’applicazione riguarda i procedimenti che saranno iscritti dopo quella data.
Ma, se quello tecnico è già il sostrato naturale che rischia di rallentarne il corso sin dall’inizio, una riflessione s’impone se si pensa che le modifiche della legge n. 7/2020 inizieranno ad operare in un clima di piena emergenza e, quindi, al cospetto di un coacervo di incagli, anche fisici, che ci vede costretti ad affrontare, e ciò a prescindere dal merito della nuova normativa sulla quale l'intera Avvocatura ha già da tempo espresso fondatissime critiche e riserve sotto plurimi profili.
E, allora, considerando:
- l’emergenza sanitaria e l’innegabile disagio in atto per tutti coloro che gravitano nel panorama giudiziario;
- l’impatto considerevole della nuova disciplina che si porta dietro il fardello dell’omologazione del trattamento processuale in materia dei reati di criminalità organizzata con quello dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio relativamente ai reati della pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni);
- l’utilizzazione in un procedimento diverso da quello nel quale sono state autorizzate, delle intercettazioni rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dei reati di cui all’articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale;
- I più gravosi incombenti difensivi (cfr. quali quelli, ad es., derivanti dagli artt. 268, 8 co, 493bis c.p.p.);
a noi pare che il legislatore debba intervenire sul termine, ormai prossimo, dell’entrata in vigore del nuovo strumento normativo e dilatarlo nel tempo prevedibile in cui tutti saremo consegnati a una rinnovata normalità.
Tale differimento, peraltro, consentirebbe di tarare gli accorgimenti tecnici che eviterebbero ineluttabili frizioni e aritmie di prima applicazione, in uno scenario connotato da evidenti difficoltà operative che già hanno determinato, su ampia richiesta della stessa magistratura, un primo slittamento dell'entrata in vigore della nuova normativa.
Se, dunque, la classe forense avverte oggi questa necessità è perché avverte, con la doverosa sensibilità umana e professionale, lo spettro di un appesantimento del proprio carico di lavoro e di responsabilità, proprio mentre le difficoltà operative e la spinta del carico emotivo lievitano oltre misura.
Il diritto di Difesa non può e non deve soffrire contaminazioni esogene, certo. Ma, al contempo, non può soffrire compressioni che, inevitabilmente, rischierebbe di accusare, e, in modo irreversibile, con l’entrata in vigore il prossimo 1 maggio della legge n. 7/2020.
Ecco, perché il COA di Catanzaro sottopone la necessità e l’urgenza di un intervento legislativo che disponga il richiesto differimento e si traduca in un innegabile atto di civiltà. E non solo giuridica".
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