di LUDOVICO ABENAVOLI*
Il Premio Nobel per la medicina 2020 è stato assegnato quest’anno ad Harvey J. Alter, Michael Houghton e Charles M. Rice, i tre scienziati a cui va il merito di aver scoperto il virus dell’epatite C. L’annuncio è arrivato in diretta internet e social, come da tradizione dal Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia. I tre ricercatori sono due americani e un inglese che, secondo quanto si legge nelle motivazioni, “hanno dato un contributo decisivo alla lotta contro l’epatite trasmessa attraverso il sangue. Un problema grave, di salute globale, che causa cirrosi e cancro al fegato nelle persone di tutto il mondo”.
Prima del 1989, anno in cui venne identificato il virus, l’epatite C era definita come “non A non B” ed ha causato in 30 anni oltre 100mila morti. Si stima che ad oggi in Italia ci siano ancora 200mila soggetti infetti da questo virus, che ricordiamolo viene trasmesso principalmente mediante il contatto diretto con sangue infetto. Nel corso del tempo le terapie per la cura dell’epatite C hanno fatto passi da gigante, ed oggi si può con serenità affermare che l’epatite C è una malattia curabile, grazie ad una terapia semplice e ben tollerata dal paziente. Grazie a questi nuovi trattamenti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta realizzando l’ambizioso progetto di eliminare il virus da tutti i Paesi del mondo entro il 2030.
In qualità di membri della comunità scientifica e come medici da sempre impegnati nel curare le malattie del fegato, siamo orgogliosi di vedere riconosciuto ad un così alto livello il lavoro di questi scienziati, che grazie alla loro opera ed alle loro scoperte hanno rivoluzionato in modo sostanziale il mondo della medicina nonché la nostra pratica clinica. L’augurio è che questo Premio, possa essere fonte d’ispirazione per gli scienziati del domani, affinché nuove frontiere vengano superate e nuove conoscenze vadano ad arricchire il sapere umano. Tuttavia è doveroso ricordare, che la scienza ha dei costi da sostenere e che una ricerca competitiva e di qualità si può realizzare solo grazie ad investimenti strategici, trasparenza ed incentivi al merito, elementi questi troppo spesso assenti dai tavoli programmatici del nostro Paese.
*Presidente Società Italiana di Gastroenterologia sezione Calabria
Direttore Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente UMG
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