di GIOVANNA BERGANTIN
Una fila di “tijeii”, tegami di color cotto, lucidi fino al bordo, incastrati uno dentro l’altro a lunghe pile verticali. Decine di “cuccume”, brocche con due manici impilate, incredibilmente ritte le une su le altre, che si succedono immediatamente a “argagni”, recipienti come piccole anfore con più manici per cuocere al camino i legumi e “vozze”.
Boccali, piatti, brocche e scalda ‘nduja bianco smaltati con schizzi policromi. Cosa hanno in comune?
Le mani che le hanno create per tutta una vita. Quelle di Rocco Cunsolo maestro nell’arte di foggiare l’argilla, tramandata da padre in figlio, a Gerocarne, piccolo centro nell’entroterra della provincia di Vibo Valentia. Il luogo, conosciuto per l'attività locale dei vasai, soprattutto produzione di vasellame, può contare sulla natura dei terreni argillosi.”Modelliamo l’argilla al tornio per produrre le terrecotte come si facevano in passato – spiega Cunsolo, testimone della tradizione – sia quella scura, che rimane di color biscotto naturale, lucidata all’interno, sia quella bianca con caolinite che viene smaltata e verniciata, utilizzata per piatti e oggetti artistici.
L’argilla scura la prendiamo in loco, la chiara ha caratteristiche e componenti minerali diversi, è più sottile, difficile da preparare e si preferisce già pronta”, specifica il maestro. Nell’angolo del cortile sul retro del nuovo laboratorio è ammassata l‘argilla scura che verrà ammorbidita in acqua prima di passare nell’impastatrice, dove, ripulita, diviene morbida per essere modellata ”per ogni oggetto serve la giusta durezza, così come la giusta temperatura di cottura per i diversi tipi di argilla”. Un armamentario di saper fare, di creatività, di passione e regole non scritte che fluiscono come in una rapsodia, una dopo l’altra, domanda dopo domanda, nella saggia descrizione del Maestro.
“Dopo aver plasmato la materia al tornio si mettono gli oggetti ad essiccare all’aria per circa dieci giorni, devono togliere l’acqua incamerata e questo dipende dal clima. Poi si mettono a cuocere nel forno a 880 gradi in prima cottura e 950, per la seconda, per gli oggetti fatti con la creta scura, a temperature più alte per quelli di creta bianca. Sulle prime si passa la cristallina dall’interno fino al bordo, sulle altre lo smalto bianco con piccoli decori o schizzi di colore e poi si rimettono nel forno. Nel moderno forno, a norma, alimentato a metano e provvisto di timer, il vasellame allineato cuoce per 12 ore e dovrà raffreddare per altrettante”. Non è un caso che proprio qui abbiamo ancor oggi la migliore fabbricazione di terrecotte “ le mie col marchio di qualità, le porto in giro per il mondo. Molti i riconoscimenti, mi hanno premiato come Maestro artigiano, sono vicepresidente di Confartigianato Vibo e dò una mano anche all’Amministrazione comunale e al Sindaco di Gerocarne che ha realizzato il recupero del Borgo dei Vasai, proprio dove c’è la vecchia casa e la nostra “fornace” di famiglia”. Ci porta sul posto il Maestro Cunsolo e ci riconduce ai ricordi di una vita, dove tutta la famiglia era impegnata a portare su e giù, al sole, avanti e indietro le terrecotte ad asciugare. Qui ha appreso l’arte dal nonno e dal padre Francesco “Il primo lavoro per i piccoli era frantumare la creta e fare i fischietti, dopo veniva l’esercizio del tornio. A quindici anni già lavoravo in bottega. A 17 anni ero andato ad Alba per lavorare alla Ferrero, ma la passione per l’arte vasaia è stata più forte, sono tornato l’anno dopo e qui, dopo il servizio militare, sono rimasto per tutta la vita”. Il Borgo dei Vasai, nel nucleo antico di Gerocarne, è un angolo preso dal Presepe vivente. Se pure aspetta il recupero delle due vecchie “fornaci,” messe a disposizione del Comune dai proprietari, gode già di un intervento di ripristino.
“Da un paio di anni abbiamo attivato i lavori di recupero con interventi importanti per rimettere in sesto gli antichi edifici e mantenere viva la tradizione della fabbricazione delle terracotte – spiega il Sindaco Vitaliano Lapillo insieme al vice Bruno Pisano- Questo luogo custodisce un’arte millenaria che riporta alla nostra storia, tanto che le terrecotte hanno posto anche nello stemma comunale”. L’impianto del Borgo agli occhi del visitatore è un gomitolo di vicoletti, un intrico di saliscendi, di pianerottoli e gradini che entrano in piccole porte e scalette che si inerpicano ovunque. “C’è un gruppo di lavoro che si sta interessando al recupero edilizio mentre un altro effettua delle ricerche storiche per realizzare a breve una pubblicazione, – fa sapere il Sindaco Papillo – c’è anche in programma una scuola- bottega sull’arte della terracotta. L’anno passato abbiamo fatto un’esperienza didattica molto interessante con circa 800 scolari”. Il Borgo dei Vasai, risanato sapientemente, conserva intatto il fascino del passato e attende solamente che il suo silenzio sia nuovamente interrotto dal ritorno dei maestri artigiani con lo stridio dei torni e l’esposizione al sole, per l’essiccatura, delle loro opere di argilla scura. Ritorneremo dopo la pausa estiva. Adesso, cari Lettori, qualche settimana di sosta per ritemprarci!
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