Luigi Mariano Guzzo e “la tragicomica rappresentazione della sanità in Calabria”

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Luigi Mariano Guzzo
  08 novembre 2020 21:03

di LUIGI MARIANO GUZZO*

La vicenda del commissario ad acta (ormai ex) per la Sanità in Calabria che scopre, in diretta televisiva, di dover predisporre un piano anti-Covid che, però, non ha mai predisposto è una commedia all’italiana, degna del miglior regista (Muccino a parte, si capisce) se non fosse, nei fatti, una tragedia. Una tragedia sociale, politica, storica, culturale.

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Facile profezia, quella di Cotticelli, che, davanti alle telecamere di “Titolo V”, Rai 3, ha candidamente affermato, “da domani mi cacciano”. E così è avvenuto, in effetti, l’indomani. Ma le dimissioni sono il minimo sindacale, a dire il vero, al pari di una rimozione d’imperio da parte del Governo. Sulla poltrona apicale della struttura commissariale della sanità calabrese è stato seduto per due anni un uomo, un ex generale dei Carabinieri, che, in meno di cinque minuti di intervista televisiva, ha pubblicamente dimostrato – almeno così è parso - di non avere le competenze per svolgere quell’incarico. E che, in una fase di emergenza pandemica in atto, pur consapevole della fragilità del sistema sanitario regionale che ha portato la Calabria ad avere il bollino “rosso” neanche si preoccupa di leggere una comunicazione ministeriale che gli ricorda i suoi doveri. Se - lo ripeto – non fossimo in una commedia, anzi in una tragicomica rappresentazione, Cotticelli dovrebbe essere chiamato davanti un giudice per le sue responsabilità. E non parlo, sia chiaro, del tribunale del popolo dei social network, il cui verdetto è stato già emesso. Mi riferisco ad un tribunale della Repubblica italiana. Perché, in condizioni simili, uno dei tanti impiegati “fannulloni” della Pubblica amministrazione sarebbe stato già in procinto di essere condannato per truffa ai danni dello Stato o per omissione di atti d’Ufficio. E la legge – dobbiamo chiederci – non è forse uguale per tutti, compresi generali in pensione e commissari dimissionari?

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Ma vabbè questa, la nostra, è un’altra storia, è tutta una tragicomica rappresentazione. Roba che Cetto La Qualunque non avrebbe saputo fare di meglio. Fa già ridere così. Poi entra in scena una “certa” Maria che rimprovera al Commissario di accettare interviste senza prepararsi (un classico delle nostre infanzie) ed un “usciere” che suggerisce i numeri delle terapie intensive allo stesso Commissario. Ed è il momento da sganasciarsi dalle risate. Tutto così assurdo, da apparire reale.

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Come in ogni rappresentazione artistica che si rispetti, anche in questa vicenda ci sono i personaggi negativi – che ormai abbiamo individuato – e quelli positivi. I positivi entrano in scena per salvare il “salvabile”. E così il premier Conte ha annunciato l’urgenza di sostituire il Commissario il prima possibile. Il ministro della Sanità fa lo stesso. Al pari degli attori che rivestono il ruolo della politica calabrese: assolta, questa volta – almeno questa volta –, a suo dire, che con il profondo rosso della sanità in Calabria c’entra poco o nulla. O così vuole far credere.

Potrebbe essere una storia a lieto fine, soprattutto per chi si sta preparando alle competizioni elettorali in Calabria. Ma, nell’incalzare delle scene, si è portati a chiederci anche come mai il Ministro della Sanità interpellato a giugno, su chi fosse responsabile del piano anti-Covid in Calabria, risponde solo il 27 ottobre. Perché far trascorrere oltre tre mesi per dare una risposta ad un quesito della struttura commissariale che segnala un problema di ordine pratico? Un tempo “biblico”, soprattutto se si pensa che lo stesso Governo, per limitare (e magari giustamente) l’esercizio delle libertà fondamentali a colpi di “dpcm” (l’acronimo è ormai diventata una sola parola, che si pronuncia tutta d’un fiato) non ci mette più di qualche ora. E, ci si chiede ancora, lo stesso Ministro, quando ha dato il bollino “rosso” alla Calabria e, con altro provvedimento, ha prorogato la fase di commissariamento per la Sanità in Calabria, non sapeva già, forse, che la nostra regione era sprovvista di un piano anti-Covid? Come mai si è dovuto attendere un servizio televisivo, per rimuovere il commissario dall’incarico?

D’altronde, è mai immaginabile che chi ci governa non sapesse della mancanza del piano anti-Covid? Ora, posso capire che si era tutti impegnati, dentro il Palazzo regionale, a promuovere le clementine e il bergamotto di Calabria tramite il film di Muccino, ma un occhio in più allo stato dell’arte della nostra sanità non sarebbe guastato. Senza fare, beninteso, come Ponzio Pilato, che se ne lavò le mani.

Ad esser sinceri bisogna aggiungere che la vicenda assume tratti enigmatici: c’è pure chi sostiene che il piano anti-Covid, in realtà, ci fosse, ma che nessuno, a quanto pare, sapesse nulla. Stralci di un documento simile ad un “piano” sbucano qua e là sulle pagine Facebook dei calabresi, ignari spettatori in questo teatro dell’assurdo. Il mistero di infittisce. Suspense.

Il balletto del rimbalzo delle responsabilità comunque non si fa attendere. Un commissario, Cotticelli, nominato nelle more del governo giallo-verde e riconfermato (o quasi, perché neanche questo è tutto chiaro…) in quello giallo-rosso: per i verdi è colpa dei gialli, i gialli dicono che la colpa è dei verdi e la scaricano poi sui rossi, i quali, i rossi, accusano sia i verdi che i gialli. Se anche voi, cari spettatori, non aveva capito granché, tranquilli: fa tutto parte del copione.

Nel frattempo, il premier Conte scrive sui social network che i calabresi “meritano subito un nuovo commissario pienamente capace di affrontare la complessa sfida e impegnativa sfida della sanità”. Fa eco il ministro Speranza, che segnala la necessità di“persone nuove, motivate, che hanno voglia di aprire una pagina nuova per la sanità calabrese”. Rullo di tamburi, si attende il colpo di scena nella tarda serata di sabato (che, poi, perché il Consiglio dei ministri non riunisce la mattina invece che, quasi sistematicamente, dopo cena…?). Ed ecco che, sul palco del teatro dell’assurdo, fa il suo ingresso la “novità”, lui: Giuseppe Zuccatelli, commissario delle due aziende ospedaliere di Catanzaro, e con una parentesi di commissario dell’azienda ospedaliera di Cosenza (si è dimesso da quest’ultimo incarico per essersi dimenticato di non sapere neanche che cosa aveva egli stesso firmato nella fase di riorganizzazione dei posti Covid).

Manager romagnolo, 76 anni (quando si dice, largo ai giovani …), in quota Leu (come il Ministro Speranza), amico di Pierluigi Bersani, attualmente in quarantena per il Covid in Emilia-Romagna (poco importa, d’altronde, potrà sempre gestire la situazione in smart working, non siamo mica una regione in emergenza “rossa”). Pare che sia arrivato in Calabria dopo aver saltato una corsa sugli scranni del Parlamento.

Non è un commissario regionale, Zuccatelli, ma un “super-commissario” attorniato da una squadra di “sub-commissario” (sì, nel nostro Bel Paese ci siamo inventati anche i “commissari dei commissari”). Che neanche lui, da commissario di due aziende ospedaliere, sapesse della mancanza di un piano anti-Covid in Calabria è ben poca cosa, rispetto alla memorabile frase che l’ha fatto diventare famoso. “Le mascherine non servono ad un ca****”, ha dichiarato sicuro di sé, qualche mese addietro, vantandosi di parlare, in tal modo, in “inglese stretto”. Applausi, grazie.

È una tragicomica rappresentazione, che si muove tra i vizi e le virtù della nostra umanità. La sempiterna morale, quella di una Calabria, terra di conquista, di spartizione di interessi altri, è confermata. Poca inventiva, insomma, tra le fila di questa storia. Ma il finale, credo, ancora lo dobbiamo vedere. Prima o poi alcune risposte alle suddette domande dovranno arrivare. Benvenuti, per intanto, nel teatro dell’assurdo: va in scena la tragicomica rappresentazione della sanità in Calabria. Che continui lo spettacolo, il sipario – ahinoi! - è ancora aperto.

 

 

*docente all’Umg e giornalista

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