"Richiamare il “modello Genova” come una procedura virtuosa per realizzare le opere pubbliche in Italia risulta abbastanza fuorviante, perché nel Codice dei Contratti non esiste il modello Genova, derogatorio del Codice stesso". E' quanto si legge in una nota stampa del presidente dell’Ordine degli Architetti Ppc della provincia di Catanzaro Architetto Giuseppe Macrì. "La realizzazione del nuovo ponte “Morandi” sul Polcevera, - prosegue Macrì - ancora in corso di costruzione, è stata resa possibile grazie a una serie di deroghe al Codice dei Contratti e all’introduzione dello scudo penale, adottato ed approvato dal governo per superare il Codice stesso e mettere al riparo tutti gli organi decisori: Ministero delle Infrastrutture, Regione, Provincia, Ferrovie, ANAS, Stazione appaltante, Rup e altri soggetti, da responsabilità penali e contabili che avrebbero fatto desistere quanti erano chiamati per legge ad applicarlo".
"Pertanto, - ribadisce il presidente dell'Ordine degli Architetti - è facilmente intuibile che per appaltare e realizzare opere pubbliche in Italia di qualsiasi dimensione o si cambia il codice dei contratti per renderlo più semplice e facilmente applicabile, oppure per ogni opera di una certa importanza si dovrà ricorrere a commissariamenti, nuovi decreti e interventi legislativi che consentano di superare le pastoie e la macchinosità del sistema burocratico. In poche parole, si continua a parlare del Codice dei Contratti come un “libro sacro” impossibile da cancellare o riscrivere e contemporaneamente alcuni politici elogiano il cosiddetto modello Genova basato sulla “negazione” del Codice (deroga totale) con un evidente contraddizione e con costi di realizzazione dell’opera che superano qualsiasi parametro valutativo (prezzo libero a consuntivo)".
"Perché si elogia il modello “derogatorio” delle procedure di appalto dell’opera sul Polcevera e
contemporaneamente, nella sostanza, si insiste sull’immodificabilità del Codice dei Contratti? - si chiede Macrì - Il nostro sistema è basato su una articolazione decisionale non più sostenibile, fatta di regole complesse e leggi in continua modificazione soggette a veti ideologici che si rivendicano ad ogni cambio di governo, creando quella confusione nociva che sta facendo perdere competitività e sviluppo al paese.
Vi è una lungaggine amministrativa nei processi autorizzativi impressionate, che mortifica la qualità del
progetto, che invece, nei paesi anglosassoni viene perseguita in ogni loro azione come corretta ed efficace utilizzazione delle risorse pubbliche".
"Non possiamo essere bravi solo in concomitanza di fatti straordinari ed emergenziali, perché il Paese per
crescere ha bisogno di una pubblica amministrazione efficiente e non autoreferenziale, che superi la
distinzione tra lavoro pubblico (privilegiato) e lavoro privato (sottovalutato). Infine - conclude Macrì - mi domando, qual è stato l’effetto positivo sul nostro sistema burocratico, aver delegato i poteri autorizzativi ad uno dei tanti cittadini vincitori di concorso e non a chi è stato legittimamente prescelto col
voto per assumersi delle responsabilità e guidare una comunità?".
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