"Oggi siamo qua perchè da un paio di mesi la Regione Calabria non risponde più agli appelli fatti da USb, e non solo quelli di USB ma pensa bene di non rispondere alla richiesta di aiuto dei tirocinanti. I tirocinanti non stanno facendo altro che fare il proprio lavoro in molti enti ospitanti, nei Comuni, sostituendo dipendenti, sfruttati, e questo è un caporalato a tutti gli effetti, il caporalato della funzione pubblica.
Lo afferma Saverio Bartoluzzi di USB Calabria nel corso della manifestazione di questa mattina davanti alla Cittadella Regionale.
"Questi tirocinanti non si possono ammalare, -continua Bartoluzzi- devono presentare certificati medici sebbene non siano firmatari di contratto nazionale del lavoro. Non capiamo perchè gli venga imposto tutto questo. In molti comuni gli viene imposto anche il badge, quando nella funzione pubblica solo chi ha il contratto nazionale del lavoro deve avere il badge, e la Regione in tuto questo sta in silenzio, dice a noi che dobbiamo denunciare alla Procura delle repubblica.
Noi USB abbiamo già cominciato a denunciare vari enti e tutor che non fanno atro che incutere paura ai tirocinanti, minacciandoli, che nonostante arrivino al 70% di presenza come richiesto dal progetto, impongono loro il 100% con la minaccia di non mettere la firma per la chiusura dei loro pagamenti".
"Qui la regione si deve far sentire e si deve far sentire in un unico modo: USB chiede la contrattualizzazione e la stabilizzazione immediata. Solo così possiamo arrivare a un dunque ed essere trattati dignitosamente da lavoratori.
Ci siamo incontrati prima di Natale con il presidente Occhiuto, un incontro tranquillo in cui si è dichiarato disponibile e aperto a qualunque soluzione. Ma le soluzioni devono portarle loro, non noi. Noi dobbiamo stare attenti alle loro vertenze e occuparci che i tirocinanti non vengano sfruttati ancora di più. Questa storia che va avanti da dieci anni deve finire, e questa proroga ne è il countdown finale. A novembre la maggior parte di loro si ritroverà in mezzo alla strada. L'80% di loro, su 4400 sono famiglie monoreddito, non si possono ammalare, non hanno contributi: questa situazione deve finire, non possiamo essere più partecipi a questo sistema".
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