La manna - linfa commestibile estratta con incisioni applicate sulla corteccia dei frassini - fino a qualche decennio addietro contribuiva a reggere l’economia di molte zone della Calabria. Poi l’oblio, l’abbandono.
Protagonisti della sfida per la sua riscoperta e rilancio: i Conservatori di Etnobotanica di Castelluccio (Basilicata) e di Sersale (Calabria) diretti dall’etnobotanico Carmine Lupia, e il prof. Giancarlo Statti, ordinario di Botanica farmaceutica dell’Università della Calabria.
L’obiettivo: restituire valore, culturale ed economico, a un prodotto di eccellenza di una vasta area geografica all'estremità meridionale della penisola.
E i primi risultati, dopo anni di ricerche e studi condotti sulle tecniche di estrazione della manna dal frassino, illustrati nel corso del convegno (“Manna e Mastice: risorsa del futuro”) tenutosi a Sersale, sono più che promettenti.
Attualmente la manna è prodotta quasi esclusivamente in Sicilia. Ai piedi delle Madonie, ad un'altezza che oscilla tra i 100 e 700 metri, dov’è estratta dai frassini, essenze arboree generalmente coltivate in consociazione con l'ulivo, il mandorlo e il fico d'india.
La superficie utilizzata è di poche migliaia di ettari e la produzione è favorita dal clima mite che, con elevate temperature estive e scarse escursioni termiche, facilita l'emissione e l'indurimento della manna nel momento dell'estrazione.
In quella porzione dell'isola resiste anche l'ultima generazione di frassinicoltori che mantiene in vita il patrimonio colturale legato al mondo dell'antico mestiere dello "ntaccaluòru" o del mannaluòro. In Calabria quanti si occupavano della raccolta della manna, fino agli anni Cinquanta, erano chiamati “mannisi”.
Storicamente la coltivazione del frassino da manna risale alla dominazione bizantina (IX-XI secolo d.C.). Il primato della produzione in Sicilia risale alla seconda metà dell'Ottocento, fermo restando che quella calabra, conosciuta in epoca greca, era considerata un'eccellenza in Italia e in Europa.
“La produzione della manna - ha spiegato Lupia - si concentra tra i mesi di luglio e agosto e offre un buon reddito rispetto al passato: ogni chilo ha un costo superiore a 300 euro e il prezzo è sempre in crescita”.
Nel corso dell’iniziativa, il prof. Giancarlo Statti si è soffermato sui primi esiti dello studio botanico, etnobotanico, chimico e farmaceutico, finalizzati alla valorizzazione concreta e al rilancio di due eccellenze (oltre alla manna il mastice, la resina ricavata per incisione del fusto e dei rami, dal lentisco) che, nei secoli scorsi, in Calabria hanno avuto un’importanza straordinaria, economica e culturale.
Ha detto: “Nel biennio 2022/2023 sono stati realizzati due campi sperimentali: uno di frassino per la manna e uno di lentisco per il mastice (‘gomma da masticare’”). Grazie alle parcelle sperimentali, si sono potute attuare e osservare le tecniche di estrazione e comprendere tutti gli aspetti agronomici, botanici, pedoclimatici e di fisiologia vegetale coinvolti nel successo nel processo estrattivo. La collaborazione fra i due Conservatori con l’Università ha reso possibile l’approfondimento degli aspetti botanici ed etnobotanici, dell'importanza economica e storico-culturale di questi due prodotti di eccellenza. Il Dipartimento di Botanica farmaceutica dell’Unical, in particolare si è occupato dello studio chimico e farmaceutico”.
Al convengo, sono intervenuti Carmine Capellupo (sindaco di Sersale), Tommaso Berlingò (assessore all’Ambiente), il prof. Ernesto Palma (della Cattedra di Farmacologia e farmacoterapia dell’Università degli Studi Magna Græcia), Antonio Mazzei (dirigente Fincalabra spa), Egidio Salamone (direttore Fondazione Vos), Giovanni Canora (dietista Cattedra Unesco - Salerno), Giovanna Moscato (dirigente Istituto superiore di Sersale), Alessandro Talarico (presidente Ordine Agronomi e Forestali Cz), l’imprenditore Franco Fazio (Allasia Plant Magna Grecia), Emiliano Cistaro (direttore Riserva Naturale del Vergari), e Giuseppe Mancuso per Calabria Verde. Ha moderato Clemente Angotti (giornalista Ansa).
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