di MARIA GRAZIA LEO
Il 2 agosto di 45 anni fa, era il primo sabato di vacanza per la maggior parte degli italiani, che si apprestavano a scendere o risalire lo stivale o a trasferirsi sulle isole, in base alle mete di relax prescelte, mare, monti, laghi.
Anche la città di Bologna si svegliava per abbracciare con lo stesso spirito, quella mattina, forse – ci permettiamo sommessamente di aggiungere- con qualche nota di speranza in più. L’estate bolognese del 1980, non era iniziata bene; la strage di Ustica del 27 giugno che aveva colpito il volo del Dc-9 Itavia Bologna-Palermo, provocando 81 morti, “gridava” ancora dolore, incredulità, verità e giustizia. Pertanto si cercava di superare quel tragico momento, guardando positivamente alle giornate future.
Quel sabato la stazione, già dalle prime ore, si presentava in un via vai di gente in partenza o in arrivo o semplicemente in transito,per raggiungere terze destinazioni.
Nella sala d’aspetto di seconda classe tra le tante famiglie con le valigie piene di sogni, di interessi, di curiosità per i nuovi paesaggi da scoprire, alla ricerca del divertimento puro, oppure semplicemente del tranquillo e meritato riposo, tra i tanti viaggiatori c’era una bambina. Si trattava della piccola Angela Fresu che con il suo vestitino rosso, insieme alla sua mamma Maria e due sue amiche era in attesa del treno che le avrebbe condotte al Lago di Garda. Programmate due settimane di vacanze giocose e spensierate. Angela era di Montespertoli (Fi), aveva solo 3 anni e con l’innocenza dei suoi “Perché?” o del “Che cosa sono queste cose?” o di “Come si chiamano questi animaletti”? con i suoi “compagni” di viaggio, gli inseparabili giocattoli era finalmente pronta a far sì che i suoi vispi e piccoli occhi, venissero catturati da orizzonti inediti e nuovi angoli di bellezze che l’Italia sapeva offrire. Ma quegli scenari, Angela non li vide mai, non riuscì più a toccare con le sue manine l’acqua dolce del Lago di Garda, perché alle 10,25 l’orologio della stazione di Bologna si fermò parzialmente scheggiato dalla terribile esplosione di una bomba, dalla potenza di 23 Kg di tritolo. Bastò un attimo e quella sala d’aspetto di seconda classe divenne un cratere, una voragine di calcinacci, vetri frantumati, corpi spezzati, dilaniati, insanguinati ancora caldi ma-purtroppo- non più tutti vivi. Tra questi c’è la piccola Angela, una delle due amiche della mamma, Verdiana…ma Maria Fresu non si trova e non si troverà per sempre. Solo grazie ad un brandello di un corpo ritrovato sotto un treno diretto il 2 agosto da Bologna a Basilea, a distanza di mesi – nel dicembre del 1980- la scientifica è stata messa nelle condizioni di identificarla con un nome ed un cognome “ufficiale” nella lista delle vittime. Maria era stata disintegrata da quella bomba perché probabilmente al momento dello scoppio si trovava appoggiata su quello strumento di morte, collocato in una valigia, posta su un tavolo portabagagli.
…” E il nome di Maria Fresu continua a scoppiare”, questo è il titolo di una poesia, che lo scrittore Andrea Zanzotto le ha dedicato e che consigliamo di leggere attentamente. Le vittime complessivamente furono 85, provenivano da 50 città diverse, la maggior parte rappresentavano il tessuto civile, sociale e produttivo più variegato dell’intero paese, alcune erano di altri paesi esteri. Oltre 200 rimasero feriti o mutilati. Prima di parlare della natura dell’attentato terroristico, risultato il più grave e sanguinoso avvenuto durante gli anni di piombo e dopo il 1945, è doveroso soffermarci sulla reazione immediata della città e di chi operava e si trovava sul luogo della strage. L’onda d’urto dell’esplosione aveva interessato altre parti interne e limitrofe alla stazione, dal parcheggio dei taxi, a una pensilina del primo binario…il panico, il terrore, la paura di chi si trovò davanti immagini di persone straziate, visi sfigurati, lamenti di dolore e richieste d’aiuto poteva essere un fattore di blocco emotivo, da prestare i primi soccorsi. Invece no. Ci fu un sussulto di coraggio,di forza, di volontà e di creatività corale!!! I taxi, gli autobus, le macchine ancora intatte e funzionanti si trasformarono in ambulanze o pronto soccorso mobile, fino al raggiungimento degli ospedali; storico rimane nella memoria l’autobus 4030 della linea 37. Vennero riaperti repentinamente i reparti ospedalieri chiusi o funzionanti al minimo in estate, i medici in ferie ritornarono in città per dare una mano ai colleghi, in preda all’emergenza e così via dicendo. L’efficace pragmatismo emiliano-romagnolo aveva riposto tutto il suo cuore, la sua passione, la sua professionalità, per Bologna, in quella stazione martoriata, mentre tutta l’Italia seppur a distanza partecipava commossa, pregava e soffriva attonita, alla vista di quei cittadini innocenti strappatibarbaramente alla vita, dalla follia stragista più becera e crudele mai vista, alimentata dalla cosiddetta “strategia della tensione” che in quegli anni la faceva da padrona. Come la faceva?...deviando, offuscando, condizionando, corrodendo le sane istituzioni e la buona politica, in una parola attentando alla democrazia, ai principi e valori repubblicani della Nazione, attraverso anche questi insensati, violenti, sovversivi e disumani atti. L’obiettivo era mantenere tutto inalterato, evitare che la politica dell’alternanza- con un eventuale successo elettorale delle forze della sinistra e del Pci in primis- potesse prender forma e cambiasse l’Italia, sostituisse gli assetti del sistema ed i suoi organismi. Solo seminando terrore, dando la percezione di insicurezza o instabilità nel paese attraverso l’uccisione di singole personalità politiche o della società civile o con generici attentati terroristici di matrice nera o rossa…lo scopo si raggiungeva. Il paese appariva “sotto assedio”! Perciò per difendere lo Stato e per il bene dei cittadini non erano ammessi stravolgimenti governativi. Non era il momento del cambiamento. La strage di Bologna è stata – dopo il sequestro e l’assassinio del presidente della Dc, Aldo Moro- l’apice di questa strategia della tensione, discutibile e condannabile senza se e senza ma. Ci furono numerose inchieste sulla bomba del 2 agosto, culminate in processi di primo e secondo grado altalenanti tra assoluzioni, condanne o annullamenti dei processi da parte dei giudici della Corte di Cassazione, che non vi stiamo qui ad illustrare nella fattispecie. Però ci teniamo ad evidenziare alcuni punti salienti sui quali, poi la Cassazione ha messo il suo sigillo finale di colpevolezza confermando le pene. Di certo si è potuto attestareche è stata una strage di matrice neofascista che ha avuto come suoi esecutori materiali esponenti del Nar (Nuclei armati rivoluzionari di orientamento neofascista o di estrema destra): Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini, Paolo Bellini, condannati all’ergastolo per strage o concorso in strage, Luigi Ciavardini a 30 anni di reclusione. Tra i principalidepistatori, mandanti, e finanziatori sono stati individuati: il capo della P2 Licio Gelli, il faccendiere Umberto Ortolani, il direttore dell’Ufficio Affari riservati del Ministero dell’interno Federico Umberto D’Amato, il Generale dei carabinieri ed agente del servizio segreto italiano Pietro Musumeci, il giornalista Mario Tedeschi ed in concorso con essi anche Paolo Bellini. In particolare con i reati di depistaggio o di falsa testimonianza sivoleva nascondere la strategia della tensione e spostare l’attenzione su altri responsabili. Nel 2024 la Corte d’Assise d’Appello di Bologna in riferimento ad alcuni imputati poi deceduti, scrisse in sentenza così: > L’impunità per morte del reo non chiude necessariamente la sequenza che riguarda il dovere di preservare la memoria, combinando il diritto di sapere delle vittime con il complesso di garanzie che possono renderlo effettivo nonostante l’impraticabilità di un giudizio di responsabilità> Una copia digitale dei processi in tutte le varie fasi storiche e cronologiche è custodita e consultabile nella sede dell’Associazione dei familiari delle vittime di Bologna, presieduta oggi da Paolo Bolognesi, nata nel giugno del 1981, con lo scopo statutario di “ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”. Quando nel luglio di questo anno la Corte di Cassazione ha confermato in terzo grado di giudizio l’ergastolo per stage nei confronti del quinto esecutore dell’attentato, Paolo Bellini, considerato un personaggio che “operava” tra ambienti mafiosi, servizi segreti e movimenti neofascisti di quegli anni, il Presidente Bolognesi ha testualmente dichiarato:<< Si chiude un cerchio, ora abbiamo i mandanti, i protettori degli esecutori e gli esecutori…praticamente si dice che il piano di Rinascita della P2 di Licio Gelli era un piano golpista>>. Molto belle e riconoscenti sono state le parole del Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione- Antonio Balsamo- che in merito ha così proferito: < dei familiari delle vittime che hanno avuto la capacità di trasformare il dolore in coraggio e speranza>>. A noi non resta che unirci moralmente e plaudire, compiacendoci per questa instancabile dedizione, pazienza ed energia impiegata- in questi lunghi 45 anni- con dignità e professionalità dalla magistratura bolognese in primis, coadiuvata dalla meticolosa attività investigativa e scientifica della polizia giudiziaria, supportata dai familiari delle vittime, dalla società civile nel suo complesso e da una buona parte del mondo politico che hanno parallelamente spinto per raggiungere una verità processuale e storica, sul terribile atto terroristico che ha colpitoBologna. Una città che pur ferita e sanguinante ha fatto emergere il meglio di sé con la sua “Resilienza”! Fermo restando quanto su scritto, ci permettiamo di avere dei dubbi sul fatto che manchino eventuali responsabilità politiche relative all’attentato alla stazione bolognese, visto che sono stati lambiti i nostri servizi segreti, alti funzionari del Ministero dell’Interno…forse qualche piccola copertura, qualche messaggio d’intesa, qualche silenzio o favoreggiamento al momento giusto potrebbe essere giunto, da singoli esponenti parlamentari o di governo o sotto governo; ma come diceva Pierpaolo Pasolini: “Io so…io so chi sono i colpevoli…ma non ho le prove”. Per cui ci fermiamo qui con le nostre allusioni ed i nostri interrogativi di semplici cittadini, rispettando doverosamente quanto è stato portato a termine fino ad ora. Tutto questo lo dobbiamo con commozione infinita alle 85 vittime, ai feriti, ai mutilati da quella maledetta bomba…in particolare lo dobbiamo a quella bambina con il vestitino rosso, che aveva solo, solo 3 anni!...Angela, oggi finalmente potrai sorriderci da lassù serena, pronta a vivere con la tua dolce mamma Maria “una favola tutta tua”, non -ahimè- sulle rive di un lago argentato ma saltellando spensierata ed in allegria tra le nuvole piùbelle -a pecorelle- o ammirando uno splendido cielo stellato.
Il cantautore Francesco De Gregori, in un suo brano “Viva l’Italia” del 1979 cantava “Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre”, giorno della strage di Piazza Fontana, avvenuta 10 anni prima a Milano che diede l’avvio, al periodo della strategia della tensione.Oggi potremmo affermare che quel “Viva l’Italia del 12 dicembre”rappresenta simbolicamente la memoria storica di tutte le stragi che hanno riguardato il nostro paese dal 1969 in poi. Quindi Viva l’Italia del 2 agosto! …” Viva l’Italia nuda come sempre, l’Italia derubata e colpita al cuore…Viva l’Italia che non ha paura, che non muore…l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste…Viva l’Italia che resiste” E la Bologna di 45 anni fa ha resistito e si è rialzata tenendo alta -dignitosamente- la bandiera italiana, custodendo e difendendo la libertà, le istituzioni e salvando la democrazia!
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