di MARIA GRAZIA LEO
1 “Quando leggerete queste righe io non ci sarò più, perché avrò deciso di smettere di soffrire…un gesto più totale e definitivo che un essere umano possa compiere, ci vogliono sangue freddo e nervi d’acciaio. Io penso che qualsiasi vita resti degna di essere vissuta anche nelle condizioni più estreme. Ma siamo noi e solo noi a dover scegliere. Seguite i diritti e le libertà individuali. Sul fine vita sento uno sproloquio quotidiano…l’incompetenza della politica; il disegno di legge che sta portando avanti questa maggioranza è un colpo di mano che annullerebbe tutti i diritti. Pretendere una buona legge che rispetti i malati e i loro bisogni…attivatevi perché potrebbe un giorno accadere a voi o a vostri cari”
2 “Addio, scusate il disturbo e fate una legge sensata, che tenga conto di ogni dolore possibile. Per ben tre volte mi è stato negato il diritto al suicidio assistito. Non ho più tempo per aspettare un quarto diniego, sono allo stremo delle mie forze. Sono in Svizzera, è un ultimo viaggio per morire dignitosamente!!!”
Quelli appena ricordati- in brevi stralci di loro interventi pubblici- sono gli ultimi appelli, le ultime struggenti testimonianze, i definitivi sussulti dignitosi di vita terrena, rilasciati attraverso un video/lettera ed un video dalla giornalista perugina Laura Santi e dall’architetta triestina Martina Oppelli, entrambe affette da sclerosi multipla. Con il loro coraggio e la flebile resistenza dei loro corpi elevati a stimmate di dolore, di agonia, di impotenza ma anche a plastico esempio di ribellione civile umana, morale hanno ancora una volta scosso profondamente- dopo tante altre storie simili viste negli anni precedenti- le coscienze dei cittadini, ma ahinoi non tutta la politica, primaria responsabile nel fare concretamente e definitivamente una legge sul fine vita, degna di questo nome! Una legge dove al centro di tutto ci sono le persone che vivono e combattono con patologie gravi e inguaribili, che rispetti le loro richieste, riconosca i loro diritti e la loro libertà di scelta, senza che i parlamentari possano essere influenzati, bloccati, limitati ad agire da disquisizioni, super dubbi di natura etica, da suggerimenti provenienti dal mondo religioso, cattolico in particolare; decisioni e contenuti normativi che in questo caso rischierebbero di ignorare l’urlo intenso e vibrante dei malati con patologie gravissime - da un lato- e snaturando la laicità del nostro Stato repubblicano, la sua sovranità democratica e liberale- dall’altro-.
Ma prima della lettera/video della Signora Santi e del video della Signora Oppelli, la questione del fine vita o suicidio medicalmente assistito è entrato nelle case degli italiani, in modo più incisivo nel 2017. Intanto ci preme doverosamente precisare che quando parliamo di suicidio assistito non è la stessa cosa di quando parliamo di eutanasia; nel primo caso è il malato che chiede aiuto al medico o chi per lui per la somministrazione del farmaco, arrestando la sua vita volontariamente ed in autonomia; nel secondo caso è il medico che arreca la morte del paziente, incorrendo a legislazione vigente nel reato di omicidio del consenziente o volontario. Ritornando al 2017, il caso da menzionare è quello del Dj Antonio Fabiani, più noto al pubblico come Dj Fabo, un giovane diventato, a causa di un incidente stradale, tetraplegico e cieco. Dopo tanti anni di cure risultate vane e in parallelo sofferenze acute ed insopportabili, decide di farsi accompagnare a morire- in una clinica Svizzera- dal politico e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato. Un’associazione che ha come priorità di intenti l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, all’assistenza personale gestita e alle scelte di fine vita. A causa di quella condotta, Cappato viene indagato dalla Procura della Repubblica di Milano e poi processato in Corte d’assise per il reato di istigazione e aiuto al suicidio, previsto dall’art. 580 del Codice penale. Siamo già al 2018 ed in aula la Procura milanese sottopone due richieste alternative, alla Corte: 1) L’assoluzione del tesoriere dell’Ass. Coscioni perché << non ha avuto alcun ruolo nella fase esecutiva del suicidio assistito di Fabiani Antonio e non ha nemmeno rafforzato la sua volontà di morire". 2) Il Pm chiede di eccepire la questione di legittimità costituzionale relativa all’art.580 del Codice penale, che recita quanto segue:<< Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni>>. I giudici della Corte d’Assise decidono di optare per la seconda richiesta e si appellano -chiedendo lumi- all’interpretazione e alla decisione suprema, della Corte Costituzionale. La sentenza -n.242- giunge il 22 novembre 2019 ed appare già -a primo acchito- storica, poiché rivoluziona parzialmente ed in modo circoscritto la normativa penale esistente sul tema in essere ma soprattutto apre legalmente e con- dei paletti/requisiti ben definiti al suicidio medicalmente assistito, dichiarando l’incostituzionalità relativa dell’art.580, e rendendolo non più punibile, quindi lecito per chi aiuta il malato consenziente a compierlo. E grazie a questa sentenza Marco Cappato verrà- poi- assolto, dalla Corte d’assise di Milano. Limpide sono state le parole espresse dal Pubblico ministero-Tiziana Siciliano- nella requisitoria, durante la quale ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste: "La sentenza della Corte costituzionale, al principio della sacralità della vita…sostituisce la tutela della fragilità umana"
La Consulta in sintesi, dopo aver richiamato il legislatore ad attivarsi il prima possibile per riempire il vuoto normativo sulla materia in oggetto, un appello necessario -certo- ma non indispensabile o obbligatorio ovviamente, nel rispetto delle funzioni di entrambi gli organi e visto che la cornice delineata dai giudici -come base di partenza- è stata ben chiara, determinata e sufficiente a tutelare e regolamentare i casi singoli di suicidio medicalmente assistito, ha evidenziato i 4 requisiti previsti nel dispositivo della sentenza.
A questi quattro condizioni fondamentali si aggiunge anche un altro tassello, imprescindibile, quello del dovere di praticare eventuali cure palliative -senza però imporle al paziente- ma da considerarle in forma cautelativa, “ affinché- precisa la Consulta- l’opzione della somministrazione di farmaci in grado di provocare -entro un breve lasso di tempo- la morte del paziente non comporti il rischio di alcuna prematura rinuncia da parte delle strutture sanitarie a offrire sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative, diverse dalla sedazione profonda continua, ove idonee a eliminare la sua sofferenza”.
Quindi, da quanto abbiamo in breve elencato e spiegato, è chiaro che l’art.580 del Codice penale è stato solo eccezionalmente dichiarato, dai giudici costituzionali, illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola l’esecuzione del proposito o della volontà di suicidio, sempre e unicamente se tutti e 4 i requisiti si presentino e si verifichino insieme, poiché -lo ripetiamo- sono complessivamente necessari tutti, affinché si determini la fattispecie scriminante, in questione. Per cui la sentenza 242 del 2019 non è estensiva sul piano dei requisiti sostanziali legati al principio della non punibilità di chi aiuta al suicidio, ma è circoscritta nella misura in cui si consente -in pratica- a coloro che si trovano affetti da patologie gravissime a voler rinunciare ad essere mantenuti in vita -artificialmente- e scegliere liberamente di non accettare e rifiutare i trattamenti eventuali, come d’altronde consente l’art. 32 della Costituzione – secondo comma-nella parte in cui afferma che "Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana"
Ma se certamente non è estensiva la Sentenza della Corte Costituzionale, risulta invece sicuramente innovativa sul piano culturale, giurisprudenziale e dell’affermazione di nuovi diritti civili, interpretati alla luce della modernità dei tempi, dei costumi e maggiormente dei bisogni. Ma sono trascorsi già 6 anni da quel 2019 e quel salto di qualità definitivo, organico, completo che spetterebbe al Parlamento italiano, nonostante il sollecito della Consulta, poi di recente ripetuto per l’ennesima volta con la sentenza n.135 del luglio 2024, non lo abbiamo ancora visto e forse lo diciamo con amarezza neanche intravisto sul piano della volontà e dell’impegno legislativo concreto e sentito, vista la materia sensibile trattata in oggetto. Ci corre l’obbligo di sottolineare che nella sentenza n.135 i giudici costituzionali hanno ripreso e riconfermato sostanzialmente i contenuti della precedente, riguardante la vicenda di Marco Cappato, precisando meglio che la dipendenza dai trattamenti di sostegno vitale venga interpretata in modo tale che coloro che non ne beneficiano allo stato, ne possano usufruire in futuro, perché necessari. Inoltre dinnanzi alle lacune legislative vigenti, sarà il giudice competente per territorio a stabilire se ci sarà il trattamento di sostegno vitale requisito necessario per accedere alla richiesta del suicidio medicalmente assistito, fermo restando il ruolo che dovrà continuare a svolgere il Servizio sanitario nazionale. Lanciando adesso un primo focus sulla “sensibilità” del mondo politico, sui suoi continui rinvii, nel fare orecchie da mercante alle richieste urgenti dei malati in situazione delicate e straordinarie, possiamo dire che un primo tentativo di portare “in vita” una legge congrua c’è stato nel 2022, poi arenatosi per lo scioglimento anticipato della legislatura avvenuto nello stesso anno. In seguito alle nuove elezioni politiche, risultate vittoriose per il centrodestra, il 13 ottobre del 2022 è stato proposto un nuovo disegno di legge il quale -dopo 3 anni- è ancora in “lavorazione” nelle varie commissioni competenti- Giustizia-Sanità-Affari sociali – Lavoro- Affari costituzionali- Siamo giunti al 2 luglio del 2025 e finalmente un primo testo base è stato partorito dalle commissioni parlamentari ma ancora non è arrivato nelle due aule della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, perché come immaginavamo ed abbiamo assistito nel passato lo scontro sulla materia- tra la maggioranza conservatrice ( Fdi-Fi-Lega-Noi moderati) e più attenta alle obiezioni etiche dei cattolici sul concetto della vita, ed un’opposizione ( Pd-M5s-Avs-Italia Viva-Azione- +Europa) che pur nelle diverse sfaccettature è più progressista e aperta sui diritti civili e sulle libertà individuali- continua, resta acceso, portando come conseguenza ad allontanarne l’approvazione, motivando la loro inerzia su questioni regolamentari, procedurali o cavilli vari, oppure dando la precedenza ad altre leggi o decreti in scadenza, da discutere e approvare.
E noi…cittadini tutti, siamo qui ad aspettare- dalla bellezza di 6 anni- diritti attesi, scelte libere e consapevoli “accettate”, libertà di scelte non più “sospese” o per meglio dire non più “negate” ma riconosciute legalmente a tutti, vedere rispettata la dignità della persona -umanamente e perché no, a testa alta, pure moralmente- quando coscientemente decide per sofferenze e agonie inarrestabili di porre fine al proprio dolore -fisico o psichico- straziante, perché quel tipo di vita- semplicemente- per lei non è più vita!!! Ma quanto ci vuole a capire tutto ciò? quanto ci vuole a connettersi sullo stesso stato d’animo di chi chiede soltanto di essere messo nelle condizioni di ricevere un aiuto per trovare pace e serenità, portando e accompagnando dignitosamente il proprio corpo, con sé? Ma per quanti giorni, settimane, mesi ancora dobbiamo sperare di vedere approdare una risposta definitiva, da un legislatore audace e illuminato?
In teoria si dovrebbe qui chiudere queste nostre considerazioni, analisi, appelli, testimonianze ma poiché -dal primo testo base del Ddl sul suicidio medicalmente assistito e da nuovissimi emendamenti apportati – qualche contenuto importante è emerso, ci permettiamo sommessamente di commentare ciò che legge ufficiale non è, e che potrebbe essere o cambiare in parte, quando varcherà le aule parlamentari.
Sinceramente da una prima ricognizione e lettura generale dei vari articoli, assistiamo ad una notevole regressione dell’impianto normativo, rispetto al segnale evolutivo- giuridico-civile-sociale- fornitoci dalla Corte Costituzionale con le due sentenze su citate la 242 del 2019 e la 135 del 2024. Ad es. a) manca specificatamente riconosciuto il diritto all’assistenza al suicidio medicalmente assistito, che rimarrebbe solo una libera scelta a carico del malato; in compenso viene rimarcato il carattere inviolabile e indisponibile del diritto alla vita; un nuovo emendamento aggiunto all’art. 1 esplicita che “in nessun caso la legge riconosce alla persona il diritto di ottenere aiuto a morire”.
Quindi se formalmente ed in astratto possiamo ravvisare un diritto a morire del paziente consenziente, in concreto manca dall’altro lato della medaglia la possibilità per lo stesso di vederlo attuato da un medico, con l’obbligo di agevolare l’esecuzione del suo volere. Per comprendere meglio qual è la filosofia politica di azione dell’attuale maggioranza di governo -che ha i numeri necessari per far passare il ddl- ci permettiamo di lanciare due piccole “chicche” rilasciate dai due relatori del testo base in questione, il Sen. Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia: << il suicidio assistito non è un diritto ma una libera scelta e chi fa questa libera scelta deve farsene carico. Per chi non può permettersela ci sono sempre i volontari e le collette”; Il Sen. Pierantonio Zanettin di Forza Italia. < abbiamo escluso dal fine vita il Sistema sanitario nazionale per quanto riguarda la fornitura di personale diretto, farmaco letale e strumentalizzazione perché riteniamo che sia preposto alla tutela della salute, all’assistenza e non certo a dare la morte>>
Invece di abbattere barriere, e aprire la strada ad un diritto più innovativo e contemporaneo, questo disegno di legge sembra essere l’espressione di “un sovrano oscurantista” e il legislatore l’artefice dei paletti e delle restrizioni massime più incisive-negativamente- sulle libertà individuali. E ci fermiamo qui, perché più leggiamo nei dettagli l’articolato di legge e relativi emendamenti, più restiamo basiti! Ma non perdiamo la speranza, ancorata saldamente sulla vitalità dei valori e dei principi scolpiti nella Costituzione e confidando -nel momento in cui sarà chiamata in causa- nel giudizio più imparziale e alto della Corte costituzionale! Da quanto analizzato - si spera in modo esaustivo e comprensivo- per il tema toccato (molto importante ed impattante sul piano emotivo nella vita delle persone, sotto tutti i punti di vista, medico/scientifico, giuridico, etico, civile) noi auspichiamo vivamente da cittadini laici e da persone libere, che ci sia al più presto da parte del Parlamento italiano un ravvedimento operoso, saggio, “umano” nel completare il testo di legge base sul “fine vita”. Ci auguriamo che nel momento in cui la legge arriverà nelle due aule -i deputati e i senatori- decideranno di approvare - coraggiosamente- una buona legge, “una legge sensata”, con la forza della ragione e la sensibilità del cuore. Solo in questo modo, dopo anni ed anni di battaglie solitarie contro i mulini a vento, il dolore di tutti coloro che non si sono arresi- dinnanzi agli enormi ostacoli e vicissitudini - riuscendo a compiere l’ultimo viaggio di vita all’estero o che grazie alle sentenze costituzionali hanno trovato l’ultimo conforto di giustizia e di respiro effettivo dell’anima -lo sottolineiamo per ben due volte- solo in questo modo il dolore si trasformerà in un diritto vero e proprio di poter porre fine alla propria vita. Un diritto che di fatto- secondo noi- è già nascente se si guarda bene e si interpreta la Costituzione- nel combinato disposto degli art.2-13-32- alla luce della modernità, dell’evoluzione dei diritti, delle attuali esigenze e delle eventuali forme di resilienza nel sopravvivere -a volte purtroppo- fermate da un destino cieco, doloroso e amaro.
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