di MARIA GRAZIA LEO
Stravolgere tutti i pronostici, è quello che Giorgia Meloni- la prima donna chiamata a guidare il Governo del Paese- intende fare. Lei che proviene da un’area culturale relegata spesso ai margini della Repubblica, lei che è giunta dove si trova ora, non per condizioni familiari favorevoli o grazie ad amicizie influenti ma facendo -dalle giovane età di 15 anni- gavetta, militanza politica nelle sezioni della destra democratica italiana a partire dal 20 luglio 1992 il giorno dopo la strage di via D’Amelio, in cui la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino, perché spinta dall’idea che non si potesse restare a guardare e che rabbia e indignazione si dovessero trasformare in impegno civico: “ Il percorso che mi ha portato oggi ad essere presidente del Consiglio nasce dall’esempio di quell’eroe”; lei che ha organizzato e ha partecipato a numerose, a volte difficili manifestazioni di piazza, sempre in prima linea mettendoci la faccia con la passione e la schiettezza che la contraddistinguano piacente o non piacente, condivisibile o criticabile che sia; lei che è stata ed è la stessa Giorgia di sempre conosciuta in famiglia, nel partito, nella società. “Io -ha affermato con dignitosa semplicità - rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog, lo sfavorito che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici” E lei gli schemi ha iniziato a smuoverli subito, stupendoci quando ha affrontato il tema dell’essere la prima donna a capo dell’esecutivo. Il suo pensiero lo ha rivolto verso la responsabilità che ha davanti alle tante donne che stentano ad affermare e far conoscere il loro talento o il diritto di vedere apprezzati i loro sacrifici quotidiani, e il suo ringraziamento lo ha dedicato a coloro che con il loro esempio, con il coraggio, con le loro dedizioni e intuizioni, le hanno permesso di salire la scala e rompere il pesante tetto di cristallo.
Tra le tante donne che ha ricordato ne segnaliamo alcune come Alfonsina Strada che pedalò forte contro il vento del pregiudizio; Maria Montessori e Grazia Deledda che spalancarono i cancelli dell’istruzione di tutto il Paese; Tina Anselmi eroica staffetta partigiana e prima donna ministro della Repubblica; Ilaria Alpi giornalista che ha immolato la sua giovane vita per tenere alta la bandiera della verità, attraverso l’informazione libera; Rita Levi Montalcini pioniera di ricerche e di importanti scoperte medico-scientifiche.
Già da queste prime indicazioni, si può intuire l’approccio di azione della nuova premier di centrodestra, che non difetta in timidezza o volontà.” Non intendo assecondare quella deriva secondo la quale la democrazia appartiene a qualcuno più che a qualcun altro, o che un esito elettorale sgradito non vada accettato e ne vada invece impedita la realizzazione con qualsiasi mezzo” Attesta e difende l’appartenenza storica e il ruolo strategico dell’Italia in Europa, in Occidente nel suo sistema di alleanze e di valori fondati sulla libertà, l’eguaglianza e la democrazia.
Il suo governo contribuirà a migliorare l’integrazione europea, offrendo indirizzi e spunti utili nel rispondere efficacemente alle crisi e alle minacce esterne. “Senza subalternità o complessi di inferiorità” Qui emerge la rivendicazione di uno spirito sovranista temperato, in cui la Meloni mira a coniugare l’interesse e l’orgoglio nazionale con l’anima europeista comune. Nel suo discorso alle Camere abbiamo assistito ad una continuità con il Governo Draghi, in merito alla guerra in Ucraina, con una netta condanna verso il paese aggressore – la Federazione Russa- e pieno sostegno al valoroso popolo ucraino. Un conflitto che ha determinato in parallelo anche nel nostro Stato una crisi energetica e dei carburanti con relativi aumenti stratosferici dei loro costi, che già stanno mettendo in ginocchio imprese e famiglie; su questo il neo esecutivo è pronto ad intervenire rapidamente anche con misure nazionali-rassicura il Presidente del Consiglio- senza aspettare l’Europa. L’importante è capire che “sbaglia chi crede sia possibile barattare la libertà dell’Ucraina con la nostra tranquillità” E noi sappiamo perfettamente quanto Giorgia Meloni non sia ricattabile, così facilmente. Tornando alla politica interna ci intratteniamo -con la brevità possibile- su alcuni punti programmatici e su alcuni concetti chiave esposti dalla Meloni dalle riforme, ai diritti, alle libertà.
L’instabilità politica che in questi ultimi venti anni, è questo il filo del suo ragionamento, è stata motivo scatenante o giustificante di provvedimenti che riscontravano il consenso immediato per la contingenza delle situazioni, di favorire chi muoveva la burocrazia galoppante che ingolfava la creatività, la libertà di impresa per esempio e che nei consessi internazionali faceva perdere credibilità e forza negoziale all’Italia. Per cui il centrodestra promuoverà in Parlamento l’apertura di un tavolo di discussione su una riforma costituzionale in senso presidenziale, anche semipresidenziale alla francese, si è spinta la premier a dire, cercando di invogliare l’opposizione o meglio le opposizioni di centrosinistra. L’obiettivo è consentire all’Italia di passare da una democrazia interloquente ad una democrazia decidente. “Sia chiaro che non rinunceremo a riformare l’Italia di fronte ad opposizioni pregiudiziali” Fermo restando -aggiungiamo noi- che alla fine sarà sempre il popolo attraverso il referendum a mettere il sigillo finale di via, al processo riformatore, non avendo l’attuale maggioranza i 2/3 dei voti per farlo passare subito e definitivamente in Parlamento ai sensi del’art.138 della Costituzione.
Ritroviamo quello spirito sovranista anche quando si parla di economia, di politica industriale che deve puntare su quei settori che determinino un vantaggio nella competizione. E qui Giorgia Meloni snocciola con orgoglio il Made in Italy…pensando al marchio fatto di moda, lusso, design, alta tecnologia, prodotti di eccellenza nel settore agroalimentare, al tesoro che proviene dal mare soprattutto se verrà sfruttato bene nel Meridione, per l’apporto che gli potrà riservare, oltre che per l’intero territorio nazionale in ricchezza e sviluppo economico e sociale. Senza trascurare la bellezza “naturale” della nostra Nazione, quella artistica, culturale, paesaggistica, espressiva. Quindi industria-turismo-cultura, poli preziosi di attrazione che si intersecano e che vanno politicamente promossi e valorizzati in simbiosi. “La ricchezza- ha affermato il Presidente del Consiglio- la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato tramite editto o decreto, quindi il nostro motto sarà non disturbare chi vuole fare, intervenendo con meno burocrazia, poche regole ma chiare per tutti”. Senza dimenticare che la legalità intesa come contrasto alla corruzione e alla mafia, sarà la stella polare dell’azione dell’esecutivo. Ed anche qui
Giorgia Meloni non si risparmia proprio nell’inviare un messaggio chiarissimo ai mafiosi e ai criminali quando ribadisce che dal suo Governo non riceveranno altro che disprezzo e inflessibilità. Un altro tema di riflessione trattato è stato quello della povertà dilagante, una ferita dell’umanità alla quale la leader di Fratelli d’Italia intende porre rimedio valorizzando l’incipit lanciato da papa Francesco, secondo il quale la povertà non si combatte con l’assistenzialismo ma aprendo quella porta che è la dignità di un uomo, che è il lavoro. Perciò fermo restando che si aiuteranno tutte quelle persone bisognose, fragili che non sono in grado di fare la loro parte al servizio del paese, aumentando dove sia possibile il sostegno di cui già usufruiscono, per il resto si porrà mano ad una rivisitazione netta e realistica sulla fattibilità dell’assegnazione del reddito di cittadinanza. Chi è in grado di lavorare, questo è il concetto di fondo deve essere messo nelle condizioni di dimostrare quello che vale e non essere lasciato nell’esistente, come?... attraverso la formazione e l’accompagnamento al lavoro.
Un argomento sempre sensibile e che si accende sempre di più, quando il centrodestra è chiamato a guidare l’esecutivo, riguarda quello dei migranti. Sostiene Giorgia Meloni che l’impotenza negli anni, nel trovare soluzioni efficaci e sufficienti a porre fine alle diverse crisi migratorie che hanno arrecato tante morti nel mare, ha convinto questo governo nel cercare una via diversa: fermare le partenze illegali, spezzando il traffico di esseri umani nel Mediterraneo recuperando -a riguardo- proprio la proposta originaria (inattuata) della missione navale Sofia dell’Ue, in accordo con le autorità del nord Africa; creando hotspot sui territori africani gestiti da organizzazioni internazionali in cui verificare chi ha diritto d’asilo e chi no. Inoltre e qui sta la novità del Presidente del Consiglio, “l’Italia proporrà un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane” seguendo la lezione e l’esempio di un grande italiano artefice della ricostruzione post bellica, qual è stato Enrico Mattei. Tutto facile sembrerebbe in teoria questa nuova linea politica sui flussi migratori, ma il problema- ci permettiamo di segnalare- oggi, in queste ore non è la soluzione a monte- quella più urgente- ma è quella a valle.
Nel Mediterraneo abbiamo migliaia di migranti che sono già in acque europee, italiane e maltesi nello specifico, che chiedono soltanto di essere salvati, portati in un porto sicuro e il più vicino secondo le leggi del mare ed i Trattati e regolamenti internazionali. Che cosa facciamo noi, come Stato italiano? Li soccorriamo solo se e quando interviene la Guardia Costiera, facendoli scendere a terra, ed invece li blocchiamo in mare per giorni e giorni- come è stato fatto in passato (a 50 gradi all’ombra) - con il governo gialloverde Lega-M5S- se a salvarli nella maggior parte dei casi intervengono le Ong di volontari che mettono al primo posto la vita umana senza se e senza ma e che spesso e volentieri suppliscono con enormi difficoltà alle lacune o alle ben nascoste o velate indifferenze dei governi europei? E sì perché sentire il neo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi affermare che le vite umane vanno salvate ma con una direttiva- poi- blocca le organizzazioni non governative che chiedono di sbarcare con un carico di migranti già sulle navi, per cavilli o appigli amministrativi, che già in tempi trascorsi non avevano avuto poi tanta fondatezza, sarebbe proprio un grave controsenso!!! Per ultimo ma non per importanza ci siamo riservati di affrontare la questione dei diritti e delle libertà. Libertà un termine più volte evocato e osannato da Giorgia Meloni, che cita Montesquieu “la libertà è quel bene che fa godere di ogni altro bene”; libertà fondamento di una vera società delle opportunità…libertà di essere, di fare, di produrre. Assicura pertanto che non limiterà le libertà esistenti di cittadini e imprese, smentisce chi paventa il rischio di un arretramento sui conquistati diritti civili e sull’aborto ma non delinea davanti ai rappresentanti del popolo almeno la cornice delle sue reali intenzioni.
Ma la libertà cammina di pari passo con la parola democrazia, elementi distintivi -secondo il premier Meloni- della civiltà europea e nei quali si riconosce. E qui fa una precisazione, spesse volte richiesta e mai data con nitidezza e fermezza: “Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso. Esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre… L’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti non meritano giustificazione di sorta, e non si compensano con altri orrori e altri crimini. Nell’abisso non si pareggiano mai i conti, si precipita e basta.”
Ci sembra un buon viatico di partenza spianare dubbi, ombre, incertezze, tentennamenti e timidezze su un passato del quale oggi si ricordano proprio i 100 anni, da quella Marcia su Roma che aprì le porte all’abisso di un ventennio italiano, in cui la libertà, la democrazia, l’eguaglianza, la giustizia non trovarono mai sede, mai luce e vennero insabbiate da un vortice incredibile e inspiegabile di violenza, soprusi inqualificabili fino a rendere nulla la dignità dei cittadini italiani e non italiani…a partire ovviamente non soltanto dalle legge razziali del 1938 ma dal 1922 in poi fino all’avvento della Resistenza, della Liberazione e della nascita della Repubblica. Spiace constatarlo ma da Giorgia Meloni nel suo discorso non abbiamo ascoltato un riferimento esplicito ed un richiamo doveroso al 1945 e al 1946, anni in cui si ricostruiva e si provava a far rinascere moralmente, civilmente, politicamente l’Italia ed il suo popolo libero, con orgoglio, passione e coraggio mattone dopo mattone, sacrificio dopo sacrificio, speranza dopo speranza.
La premier ha parlato solo della funzione eroica dei giovani del Risorgimento, che il 17 marzo di 161 anni hanno concorso all’unificazione dell’Italia e siccome molti storici e politologi accostano o per meglio dire definiscono la Resistenza come un secondo Risorgimento, ci permettiamo di interpretare estensivamente il pensiero nascosto o dato per scontato di Giorgia Meloni sul valoroso contributo dei partigiani rossi e bianchi al raggiungimento della desiderata libertà.
Condividiamo -in conclusione- quella sua ventata di ottimismo e di opportuno pragmatismo che si regala dalle forti e illuminanti parole di un grande Pontefice -Giovanni Paolo II- che testualmente cita: “la libertà non consiste nel fare ciò che ci piace ma nell’avere il diritto di fare ciò che si deve”.
Ora spetta a lei Signor Presidente del Consiglio continuare a stravolgere tutti i pronostici, noi continueremo a restare liberi, curiosi, sempre vigili e fiduciosi di poter scrivere e raccontare pagine di successi, per il bene e per l’interesse esclusivo della nostra amata Nazione.
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