Maria Grazia Leo sulla guerra Russia-Ucraina: "Il mondo che ci si presenta richiede sfide coraggiose"

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Maria Grazia Leo
  18 marzo 2022 11:12

di MARIA GRAZIA LEO

 Né con lo Stato né con le Br” era uno degli slogan più coniati da una cerchia di intellettuali degli anni 70/80, anni in cui il terrorismo riempiva di sangue le strade italiane, seminando terrore e paura e segnando le vite di centinaia di cittadini innocenti, servitori dello Stato dal politico al magistrato, dal docente all’operaio, dal giornalista al poliziotto, dall’agricoltore al gioielliere, dallo studente all’avvocato, dal dirigente industriale alla casalinga. Non c’era una classe sociale che si salvasse dal fuoco delle P38 o dalle bombe o che venisse considerata immune difronte alla follia terroristica intrisa di ideologismo e dogmi politico sociali o di supremazia morale; si era e si diventava tutti bersagli a prescindere perché l’obiettivo era scardinare, colpire i “simboli” che incarnavano le regole e i principi democratici di una giovane Repubblica nata dai valori della Resistenza e fondata sulla Costituzione del 1948.

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“Né con Putin né con la Nato” si professa invece oggi, dinanzi al conflitto in atto tra Russia e Ucraina da parte ancora una volta di un gruppo di intellettuali, storici, analisti, opinionisti. E anche ora guardiamo inermi  le vittime, uno sciame di persone libere e innocenti, inconsapevoli dell’amaro destino che sono chiamati ad affrontare: la morte, il ferimento, la fuga, la fame, l’allontanamento forzato dalla propria Patria, la perdita dei propri beni e degli affetti; la sospensione dei propri sogni e delle acquisite certezze ma mai, mai la sconfitta della dignità o la fine delle speranze di pace, di serenità e giustizia che restano appese ad un filo sottile ma che sono speranze sempre attese. Ora come allora “Né e Né” dicevamo - due negazioni- entrambi espressioni di un brodo di coltura trito e ritrito che  porta a chiederci il motivo per cui vengono usate in questi contesti; forse per incapacità di schierarsi? forse per volontà di non disturbare il manovratore o per mancanza di coraggio nell’elogiare o difendere il manovrato perché in fondo è piccolo e perdente in partenza? forse per non voler distinguere ciò che è bene e ciò che è male?  forse per voler salvare le coscienze attraverso un pensiero senza anima, silente e quindi per paradosso salvifico?

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I dubbi scorrono abbondanti, nelle nostre menti, alla ricerca di risposte ad interrogativi che la storia ci ripropone sul palcoscenico del nuovo secolo. E nonostante ci siano stati errori in parte e con estremo ritardo ammessi, ci ritroviamo ancora qui a barcamenarci nella psicologia filosofica del né con le Brigate rosse né con lo Stato e del né con Putin e né con la Nato quando a volte la realtà si presenta a noi nella sua semplicità disarmante che non vogliamo vedere.

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Con il terrorismo si voleva impedire che il paese maturasse e si evolvesse a partire dalle sue istituzioni, attraverso l’affermazione di una democrazia dell’alternanza per quanto riguardava il governo dell’Italia… fino ad arrivare al comun vivere civile e sociale che avrebbe subito nel tempo, fisiologicamente, un cambiamento dei costumi, l’affermazione di nuovi diritti, un maggiore diffusione di cultura e di informazione (es. le battaglie per il divorzio, l’aborto, l’emancipazione femminile, le pari opportunità nel mondo del lavoro). Si voleva in sintesi spezzare nella culla quel barlume di riformismo e di cittadini che iniziavano a rappresentarlo nelle piazze, nei teatri, nelle aule parlamentari o universitarie; riformismo che poi si è consolidato nel corso degli anni a venire, grazie alla fermezza e alla solidità delle istituzioni che ressero il colpo e grazie a chi si immolò affinché la notte della Repubblica non fosse così poi tanto oscura da non intraveder più la luce del riscatto e della rinascita. Com’è stato possibile -ieri-che autorevoli esponenti della cultura, politicamente magari anche schierati, non abbiano voluto prendere posizione in difesa dello Stato di diritto, delle libertà e della nostra democrazia, scegliendo la via della neutralità.

 E com’è possibile - oggi - nella guerra che ci si presenta lampante ai nostri occhi non prendere posizioni nette con un paese aggressore… la Russia di Putin ed un paese aggredito… l’Ucraina? C’è chi commette dei crimini di guerra, viola il diritto internazionale e c’è chi li subisce e prova legittimamente a difendersi, chiedendo aiuto all’Europa e al mondo intero perché possa essere messo nelle condizioni di resistere e salvare la propria indipendenza e sovranità. Tutte quelle disquisizioni da “salotto”, quelle differenziazioni o quei paragoni semplicistici su altre vicende belliche lasciano il tempo che trovano o si commentano da sé. Per esempio aver immaginato di sminuire il dramma delle vittime ucraine perché dall’altro lato della bilancia i rischi ci avrebbero potuto condurre alla terza guerra mondiale o a gravi ripercussioni economiche riflesse pure sul nostro benessere, per cui forse sarebbe stato meglio che il presidente Zelensky si arrendesse senza se e senza ma o con qualche piccolo compromesso…ebbene questo modo di pensare e di vedere le cose, umanamente fa male molto male, tanto da restare attoniti.

Abbiamo tutti bisogno di una visione etica, politica e storica più alta e più ampia e dobbiamo tutti lanciare lo sguardo e l’attenzione oltre il nostro piccolo orizzonte di riferimento, costituito da sicurezze assolute e conoscenze relative. Il mondo che ci si presenta richiede sfide coraggiose e la pace la si conquista con una grande capacità di ascolto, di dialogo tra gli Stati di tutti i continenti e soprattutto agendo in modo saggio. Perché al centro di tutte le scelte che si prenderanno oggi o in un futuro prossimo non dimentichiamoci che c’è sempre la persona in quanto tale. Le due negazioni - da cui siamo partiti - lasciamole a quella “cultura dell’indifferenza” che non ci appartiene e che anzi mina l’essenza stessa della vita e della verità storica.

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