di CLAUDIA FISCILETTI
Marianna De Sanctis ha una parlantina vivace. Racconta con naturalezza le diverse fasi della sua vita, iniziata a Catanzaro, che poi l’hanno portata in Francia, in cui vive da 11 anni. Parte fondamentale della sua vita è senza dubbio l’arte circense. Con una predisposizione per l’hula hoop, Marianna (@mariannadesanctis) è stata abbastanza determinata da rendere questa sua passione anche la sua professione, non senza poche difficoltà e sacrifici. Per lavoro fa quello che ama e ha riscosso un successo internazionale, grazie alle sue esibizioni in cui coinvolge il suo corpo dalla punta dei piedi alla punta dei capelli. Letteralmente. In Italia ha partecipato ad alcuni programmi televisivi che l’hanno fatta conoscere al pubblico nazionale, nel 2015 con “Italia’s Got Talent”, e più recentemente ha ricevuto il consenso unanime da parte della giuria di “Tu si que vales”. In molti hanno tentato di definirla acrobata, giocoliera, ballerina, lei si distacca da tutte queste etichette e preferisce definirsi “eccentrica”. In Francia insegna l’arte circense e, con l’arrivo del covid19, ha scoperto Zoom su cui fa le sue lezioni. Uno spirito libero, una donna che ha saputo prendere in mano le redini della sua vita, questo traspare dall’intervista che Marianna ha rilasciato per La Nuova Calabria.
Vivi da 11 anni in Francia, ma hai nostalgia della Calabria?
"A dire la verità non sono tornata spesso in Calabria, ora però scendo di più, da quando ho avuto mia figlia, perché voglio che mia madre possa vederla. Il mio primo pensiero non è stato quello di ritornare in Calabria, una volta andata via, anche perché i ricordi che ho dell’infanzia non sono molto positivi. Trovo difficile per una persona che ha una certa voglia di fare, riuscire a farsi strada in Calabria, e penso che questo sia un peccato, soprattutto per alcuni calabresi che sono persone che fanno cose incredibili e che sono capaci. Ma questo non è solo una problematica limitata al Sud. Sono stata anche a Roma, a Torino, prima di giungere in Francia, e devo dire che al Nord Italia, nonostante ci siano più possibilità per l’arte che faccio io, si fatica comunque a vederla riconosciuta dal punto di vista lavorativo".
Quando hai partecipato a “Tu si que vales” hai detto proprio questo: il lavoro degli artisti è poco riconosciuto in Italia.
"Si, naturalmente posso parlare solo per l’ambito in cui lavoro, e quello che posso dire è che in Calabria, nonostante ci siano tanti calabresi che hanno un grande talento e che sono motivati, non si hanno gli strumenti per sviluppare questo talento, per questo sono costretti ad andare via. Penso che bisognerebbe spronarli, invece che lasciarli partire. Nonostante questa terra abbia le sue difficoltà, dovute a chissà quale dinamica politica o sociale o culturale, quando sono andata fuori i problemi non sono cambiati molto. C’era più possibilità, certo, ma a livello lavorativo dovevo ribadire che il mio è un lavoro a tutti gli effetti".
Quando ti sei appassionata all’arte circense e hai deciso di renderla la tua professione, eri consapevole delle difficoltà che avresti incontrato? E come mai hai deciso di andare avanti comunque?
"Perché era quello che desideravo. Sono convinta che quando una persona è decisa a volere una vita migliore, i modi e le carte da giocare con la vita si trovano. Quando ho iniziato è stato difficile, spesso mi dicevo “voglio mollare”, poi resistevo cinque minuti in più, pur non essendo in un piacevole stato emotivo, e le cose cambiavano. Mi sono detta che insistendo un po', sapendo dove voglio arrivare, avendo trovato la mia direzione, ero riuscita ad andare verso qualcosa che mi piaceva di più e che cambiava la storia della mia vita. Non ero più quella ragazza di Catanzaro che nessuno conosce, che possono insultare, ma ho anche una mia capacità, un mio talento".
Quando è iniziata la tua passione per l’arte circense?
"E’ iniziato tutto a Catanzaro, precisamente ai Giardini di San Leonardo, perché alcuni miei amici organizzavano feste in cui giocavano con questi oggetti “da circo”. La cosa mi è piaciuta quindi ho iniziato un pò per curiosità, ma soprattutto per un mio bisogno di affermarmi come capace di poter essere di più. Più che ritrovare me stessa, con questa arte mi sono scoperta diversa da quello che gli altri dicevano".
Insegni anche l’arte dell’hula hoop. Che consiglio dai ai tuoi allievi per spronarli ed incoraggiarli?
"Vedo che la motivazione che accomuna tutti è la voglia di fare di più. Dò loro dei consigli in base alla mia esperienza personale, io non avendo avuto un supporto dall'esterno dicevo a me stessa di credere in quello che stavo facendo, ma so che non è un passaggio facile da fare e che molte persone soffrono perché non si sentono supportate dalla famiglia, dalla società, dalla scuola o dagli amici, allora io mi offro come insegnante supporta l’allievo. Io sono qui per te, credo in te e ti dimostro che è possibile fare degli avanzamenti".
L’arte circense ha diverse sfumature, come mai ti sei concentrata proprio sull’hula hoop?
"Ho provato all’inizio un po' tutto perché non trovavo una direzione, poi quando ho trovato il cerchio mi sono appassionata perché ho capito che per me è una metafora della vita. All’inizio facevo hula hoop classico, coi cerchi che girano sulla vita, poi l’ho scomposto ed è lì che mi sono detta che quando sei rinchiuso in un cerchio c’è sempre una soluzione. Sul cerchio c’è un bottone che si può aprire e, quel punto, e il cerchio si rompe. Ma sei tu che lo comandi, non c’è nessuno che lo apre per te se non sei tu a farlo. Per me questo è il senso della vita".
Nelle tue performance coinvolgi letteralmente tutto il tuo corpo, dalla punta dei piedi alla punta dei capelli. Com’è nata l’idea di rendere i capelli parte attiva delle tue esibizioni?
"Da un errore è nato questo personaggio. Un giorno, per sbaglio, giocando col cerchio, mi sono resa conto che muovendomi in una determinata maniera appariva questa figura che mi è rimasta impressa e che colpisce anche il pubblico. In pratica ho preso questo errore e l’ho reso una cosa da difendere".
Tornando a “Tu si que vales”, immaginavi di ricevere tanto consenso nel programma?
"In realtà pensavo di andare lì e di essere massacrata, come sempre. Avevo già fatto la televisione nel 2015 con Italia’s Got Talent, solo che lì mi ero presentata con una cosa completamente diversa, comica. A “Tu si que vales” non volevo fare la stessa cosa, perché altrimenti avrebbero pensato che non so fare nient’altro. Quindi sono andata nuovamente in televisione e ho dimostrato che c’è anche un’altra parte di me, più poetica".
Il tuo lavoro ti porta spesso in giro per il mondo. Quanto è importante per te viaggiare?
"Viaggiare per me vuol dire scoprire che c’è qualcosa al di fuori di quello che già conosco. Quando vado fuori, tanto lontano, mi accorgo che le culture non sono tutte uguali e che c’è molto di più da imparare. Voglio prendere quello che ho imparato e darlo agli altri per farlo vedere, perché non tutti hanno la possibilità di viaggiare".
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