di MARILINA INTRIERI*
La morte a Isola Capo Rizzuto di Filippo Verterame, a soli ventidue anni, colpisce e addolora la comunità.
Un ragazzo che avrebbe dovuto avere davanti a sé solo la vita e le sue possibilità, ha invece trovato la fine in una rissa nata da un banale diverbio.
Un episodio che, al di là della cronaca, impone una riflessione seria e profonda sul clima sociale che stiamo vivendo.
Secondo quanto ricostruito, la tragedia si sarebbe originata da un fatto di poco conto: la polvere sollevata in un piazzale dall’auto del giovane.
Una circostanza minima che in una società civile avrebbe richiesto al massimo reciproche scuse tra adulti. Invece, si è scelto di passare alle mani, fino all’uso delle armi.
È in questo passaggio, nella trasformazione di un’incomprensione in un’aggressione fatale, che si rivela tutta la fragilità della nostra comunità.
Purtroppo, Crotone e il suo territorio non sono nuovi a tali episodi: risse, spedizioni punitive, persino aggressioni a militari nell’esercizio delle loro funzioni. Una spirale che racconta di un tessuto sociale che si lacera, dove la logica della forza prende il posto del dialogo, della mediazione e del rispetto reciproco. È una deriva che non può essere ignorata.
Colpisce che in alcuni messaggi istituzionali di cordoglio manchino non solo di una riflessione ma soprattutto di una condanna esplicita della violenza che ha generato la tragedia.
Limitarsi ad esprimere vicinanza alla famiglia, come è giusto e doveroso diventa insufficiente e quasi ipocrita se non c’è una netta presa di distanza sull’uso della violenza come strumento di “giustizia privata”, sull’uso delle mani e delle armi al posto delle parole. Perché non basta piangere i morti: occorre prevenire altre morti.
In questo silenzio delle istituzioni e della società civile si rischia di trasmettere l’idea che la violenza sia un incidente inevitabile, quasi un destino al quale rassegnarsi. E questo per una comunità civile è inaccettabile.
Il vero onore che possiamo rendere a Filippo è non ridurre la sua vicenda a una riga di cronaca nera, ma trasformarla in occasione di presa di coscienza collettiva. La violenza non è mai una risposta. Chi la pratica si condanna e condanna la comunità intera a una regressione barbarica.
Le istituzioni, le scuole, le famiglie e ciascuno di noi hanno il dovere di ribadire che solo il rispetto, il dialogo e la legalità sono gli strumenti che rendono vivibile una comunità.
Non possiamo accettare che la Calabria venga raccontata solo come terra di risse e di sangue: è responsabilità di tutti a partire dalle istituzioni invertire la rotta, spezzando la catena della violenza.
*Gia’ parlamentare
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736