“La recente ordinanza n. 20507/2024 della Suprema Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza e attualità: il diritto al mantenimento in caso di matrimonio di breve durata. Questa pronuncia segna un passo importante nella giurisprudenza italiana, offrendo chiarimenti e consolidando principi già espressi in precedenti sentenze. La questione sottoposta all’attenzione della Corte riguardava un matrimonio di durata particolarmente breve, nel quale, al momento della separazione, non si era realizzata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi”.
È quanto sostiere l’avvocato del Foro di Crotone Francesco Mazza.
E aggiunge: “La mancanza di una condivisione di vita e di un vero rapporto affettivo, definibile come “affectio coniugalis”, è stata centrale nella decisione degli Ermellini. La Cassazione, richiamando la precedente pronuncia n. 402/2018, ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nell’ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento”.
“La pronuncia n. 20507/2024 rappresenta una conferma dell’orientamento già espresso dalla Suprema Corte, ribadendo che la mera durata breve del matrimonio non esclude automaticamente il diritto all’assegno di mantenimento. Tuttavia, la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale può costituire una causa di esclusione del diritto al mantenimento. Questa distinzione è cruciale, in quanto non basta la brevità del matrimonio a escludere il diritto all’assegno, ma è necessario valutare la qualità e la sostanza del rapporto coniugale. L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale: il matrimonio non è solo una formalità giuridica, ma un’unione che deve concretizzarsi in una reale condivisione di vita e affetti. In assenza di tali elementi, riconoscere un assegno di mantenimento sarebbe ingiustificato. In qualità di avvocato, ritengo che questa pronuncia sia un importante passo avanti nella direzione di una giustizia più equa e razionale, che tenga conto non solo della durata formale del matrimonio, ma soprattutto della qualità del legame instaurato tra i coniugi”.
“Essa rappresenta - conclude - un equilibrio necessario tra il rispetto delle norme giuridiche e la considerazione delle effettive dinamiche relazionali. La giurisprudenza italiana continua così a evolversi, garantendo che i principi di equità e giustizia prevalgano nelle decisioni relative ai rapporti familiari e al diritto al mantenimento.
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