L’Arresto di Matteo Messina Denaro:
"Come ti chiami? L’ho detto, Matteo Messina Denaro”. Glielo fanno ripetere un’altra volta. Il capomafia trapanese è in trappola. Bloccato dai carabinieri del Ros in via Domenico Lo Faso, una stradina che costeggia la clinica La Maddalena in via San Lorenzo a Palermo.
Era 16 gennaio 2023 il padrino era uscito dal suo ultimo covo, un appartamento nel centro di Campobello di Mazzara, a pochi chilometri dal suo regno “Castelvetrano”. Accompagnato da Giovanni Luppino, il suo autista, che nel primo interrogatorio disse: “è venuto ieri sera a casa mia e mi ha chiesto un di accompagnarlo in clinica, ma non so chi sia”. Al suo arrivo in clinica, uno delle più rinomate di Palermo, decine di carabinieri del Ros mimetizzati e agli ordini del colonnello Lucio Arcidiacono, erano già appostati da diverse ore, lo aspettano. Lo hanno bloccato alle 9:15. I carabinieri sapevano solo che il signor Andrea Bonafede, l’alias usato dal latitante, doveva presentarsi in clinica per un ciclo di chemioterapia. Non sapevano che faccia avesse Matteo Messina Denaro.
“La complessa operazione, che presentava delle difficoltà di non poco conto aveva comunque esito positivo grazie all’intervento dell’articolato dispositivo formato da carabinieri del Ros e del Gis, ordinato una volta appreso, sempre grazie alla consultazione del sistema informatico della struttura sanitaria, che alle ore 8:13 il soggetto che utilizzava l’identità di Andrea Bonafede aveva effettuato le operazioni di accettazione e pertanto si trovava presso la clinica”.
Alcuni carabinieri di Crimor, la squadra del Ros che dava la caccia al latitante, lo hanno visto mentre si avvicinava ad una Fiat Bravo bianca parcheggiata, dove lo attendeva Giovanni Salvatore Luppino. Il suo autista. Dopo 30 anni finiva la fuga del padrino. “Preso, preso… sììì”, urlavano i carabinieri del Ros mentre si abbracciavano tra gli occhi increduli dei passanti.
Matteo Messina Denaro era stato trasferito con un volo militare all'aeroporto di Pescara e, da lì, nella casa circondariale dell'Aquila, subito dopo il suo arresto. La scelta “forzata” di rinchiudere il super boss a L’aquila era dettata dal fatto che questo carcere è l’unico penitenziario dove al suo interno, esiste, di una sala di medicina oncologica, dove il boss avrebbe potuto proseguire le cure, e alla vicinanza con Roma.
Nel proseguo delle indagini sulla sua cattura e su chi avesse coperto la sua latitanza, gli inquirenti nelle settimane successive avevano fermato: Andrea Bonafede, geometra cinquantanovenne di Campobello di Mazara. L’accusa, pesante, associazione mafiosa per aver prestato la propria identità a Messina Denaro durante la sua latitanza. Bonafede è stato accusato di avergli fornito, oltre ai documenti falsi, un appartamento in vicolo San Vito a Campobello, in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi mesi di latitanza, e un'Alfa Romeo Giulietta nera, acquistata a nome della madre di Bonafede. Date le considerazioni del GIP di Palermo, tutta la vicenda si è sviluppata nel 2020, dato che il 13 novembre 2020 Messina Denaro è stato operato, per un tumore al colon, presso l’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo presentandosi con la tessera sanitaria prestata da Bonafede, e l'autovettura da lui usata risulta essere stata acquistata in un concessionario di Palermo il 27 luglio 2020.
Il 7 febbraio scorso, era stata la volta di Alfonso Tumbarello, medico campobellese che avrebbe curato Messina Denaro durante la latitanza, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico; Tumbarello, inoltre, è stato accusato di aver firmato le richieste di cura per la clinica dove il boss è stato catturato. Insieme al Tumbarello è stato tratto in arresto Andrea Bonafede classe '69, cugino e omonimo del geometra campobellese Andrea Bonafede, accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dal metodo mafioso. L'uomo avrebbe recapitato le ricette mediche al boss . Il 3 marzo è stata arrestata Rosalia Messina Denaro, sorella del boss e madre del suo avvocato Lorenza Guttadauro, accusata di aver gestito la cassa di famiglia e la trasmissione dei pizzini che il boss mandava a familiari e collaboratori.
Il 16 marzo sono stati arrestati due coniugi, Emanuele Bonafede, nipote del boss di Campobello Leonardo Bonafede, e Lorena Ninfa, accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal metodo mafioso; secondo gli inquirenti, i due avrebbero favorito la latitanza del boss ospitandolo presso la propria abitazione. Il giorno seguente sono state indagate per favoreggiamento personale e procurata inosservanza della pena altre quattro persone, tra cui la figlia di Leonardo Bonafede, che aveva intrattenuto una corrispondenza con il boss.
Il 13 aprile è stata arrestata l'insegnante Laura Bonafede, la figlia del boss di Campobello, con l'accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall'aver agevolato Cosa nostra: avrebbe fatto parte della rete di complici che ha protetto Messina Denaro durante la latitanza incontrandolo di persona al supermercato di Campobello ancora due giorni prima del suo arresto, provvedendo alle sue necessità di vita quotidiana, condividendo con lui un linguaggio cifrato e curando con maniacale attenzione la sua sicurezza; nel contempo è stata indagata anche la figlia della donna.
Laura Bonafede è anche la moglie di Salvatore Gentile, uno degli uomini di fiducia di Matteo Messina Denaro, utilizzato dallo stesso come basista per assassinii commessi a Campobello; Gentile è stato condannato all'ergastolo nel maxi-processo "Omega" per aver partecipato negli anni ’90 insieme a Messina Denaro agli omicidi di Pietro Calvaruso e Nicolò Tripoli.
Il 5 settembre la posizione processuale nei confronti di Andrea Bonafede ('69) si aggrava, viene contestata all'imputato l'accusa di associazione mafiosa in aggiunta ai reati precedenti di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, lo stesso giorno in cui doveva esserci la sentenza per i reati in precedenza contestati. Messina Denaro si sarebbe rivolto all'uomo in un momento estremamente delicato, il giorno dopo in cui ha scoperto di essere malato di tumore, Bonafede attiva una nuova scheda telefonica che secondo gli inquirenti è stata in uso al boss, tra il nuovo numero e l'originale in uso al Bonafede vi è traccia di numerose chiamate, situazione assai anomala che contribuirà all'aggiunta del nuovo capo d'accusa.
L'episcopato siciliano nega da sempre ai mafiosi funzioni religiose, anche per questo, oltre che per volontà del boss, non ci sarà la funzione religiosa. Inoltre, per motivi di ordine pubblico, la questura di Trapani disporrà una cerimonia di tumulazione veloce e discreta (probabilmente all'alba) nel cimitero di Castelvetrano, dove la cappella di famiglia è già pronta per ricevere la salma del boss, che riposerà accanto al padre Francesco, «Don Ciccio» Messina Denaro, capomafia della provincia di Trapani alla fine degli anni '80.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736