di FRANCO CIMINO
Sinwar Yaha è stato ucciso l’altro ieri in un’altra operazione militare di rara forza geometrica. Era considerato il capo politico di Hamas, tanto intelligente quanto pericoloso. Dal tragico sette ottobre, di cui si è appena “ celebrato” il doloroso anniversario, sono stati uccisi, in analoghi sorprendenti “ assalti”, , Ibrahim Agil, Wahbi, Shurb Nasser, figure importanti dell’ala militare di Hamas ed Hezbollah. In queste due ultime settimane, le due personalità e politiche e militari più ricercate da Israele per la loro fondamentale importanza nell’accresciuta forza “dell’esercito palestinese”, efficacemente diretto e addestrato nel lunghi tunnel-paesi nel sottosuolo di Gaza. Sono nomi impressi, come lo scenario di potenza in cui sono stati uccisi, nella memoria di questa tragica guerra. Eccoli, Ismail Haniyed e Hassan Nasrallah. Tutti, in particolare, gli ultimi tre considerati imprendibili. Veri artefici, per Israele, di tutti i pericoli mortali portati ad esso. Si era detto, da loro, “li prendiamo, morti preferibilmente, e la guerra finirà”. Una buona assicurazione anche per gli americani, che loro nemici pure li consideravano. Impegno utile per l’Onu, che ormai sugli scenari delle due guerre, quella armata e la povertà, non sa più che fare. Convenienza preziosa per l’Europa specialista nello “ stare a guardare”. E, di più, per l’Italia, che, sul niente intorno a questi due drammi globali e sulla furba ambiguità politica, ha costruito, di recente, un’immagine più propagandistica del “ non sappiamo cosa fare, guardateci come siamo belli”, che non di credibile soggetto politico di valore internazionale, come aspirerebbe il presidente del Consiglio. Ma torniamo a Israele. Subita l’orribile vigliacca aggressione del sette ottobre da parte di Hamas, che ha scelto, tragicamente e assurdamente, il terrorismo quale unica strada per i diritti del popolo palestinese, ha, di fatto, chiesto al mondo di fare una bella rapida azione di vendetta per l’offesa subita. Una cosetta tipo” rapida sventagliata di colpi”, e tutto tornerà come prima. Quel “prima” immobile, ma sicuro. Le due motivazioni, innestate sulle due parole “ vendicare e catturare”, pur se comprensibili da più parti, hanno prodotto in un anno non so quante migliaia di vittime innocenti tra morti e feriti. Risibile e tragica la disputa sull’effettivo numero, Hamas ne denuncia quarantacinquemila i soli morti, fonti israeliane assai meno, come se la barbarie si misurasse soltanto sulla quantità. Di certo, visibili l’intera Striscia di Gaza rasa al suolo( case, strade, ponti, scuole, ospedali). I campi profughi e il milione( dieci unità in più, sette in meno, altra disputa) di profughi. E il mondo è rimasto a guardare. Il mondo, cioè tutti noi. Solo pochi attivisti, che però hanno ideologizzato la questione. E quel “vecchio” claudicante vestito di bianco, Francesco, a praticare la sua santità nel nome dell’uomo. Nel nome, soprattutto, dell’uomo, visto che quello dei diversi Dio, ha procurato tutto questo inferno. “Ancora un altro po’, ché li prenderemo tutti”. E si è andati avanti. Un po’ di Cisgiordania e, poi, molto Libano, quel bellissimo paese, tento caro all’Italia, molto di più utile all’Europa, e che della pacificazione in Medio Oriente avrebbe dovuto rappresentare l’area più sicura. Da settimane si attacca lì. “ Bisogna prenderli, ucciderli, tutti. Ché tutti sono terroristi. E di Hezbollah, braccio armato per delega iraniana puntato contro Israele, per l’odio che gli Ayatollah dell’Iran hanno nei confronti di Israele, terra da cancellare con il suo “ abusivo, illegittimo”Stato. Ma nei raid vengono uccisi donne e bambini! Che importa, la colpa è loro, che si fanno utilizzare come scudi umani. Sembra di sentirli in queste voci stridule. In attesa dello scontro finale, tra Teheran e Tel Aviv, fermo finora sulle due reciproche paure di farsela sotto, si continua su Beirut e dintorni, sempre al sud, un po’ al nord. Quanti morti ancora tra i civili. Non è dato saperlo. E però, i nuovi campi profughi si vedono e le chilometriche file di persone in carne e ossa, che disperatamente cercano di raggiungerli, si vedono, eccome! Ma il mondo resta a guardare. Tra poco, si assicura, tutto finirà. Si confida addirittura sulle prossime elezioni americane, indifferente, il mondo, ai due fatti più sensibili. Il primo è che mancano ancora esattamente diciotto giorni, più quelli lunghi dall’insediamento del nuovo presidente. Quanti ancora ne moriranno uccisi, non solo dalle armi, ma dalla fame e dalla sete? Una domanda che non si pone nessuno. Il secondo, non meno importante, quale dei due candidati, se eletto, potrà meglio operare per la chiusura, almeno temporanea, di questo conflitto? E quali nuovi o vecchi interessi gli Stati Uniti vorranno imporre su quel drammatico scacchiere ora che la Russia è impegnata nelle sue guerre e la Cina ha altro da fare? Dopo l’ultima uccisione, quella di Sinwar( la desinenza del suo nome contiene, beffa del nome stesso, la parola inglese guerra), salutata, a comprensibile ragione per molti, da grandissima parte della diplomazia internazionale, Benjamin Netanyahu, dichiara testualmente: “ È l’inizio della fine della guerra. “ Questa dichiarazione potrebbe subire profonde modificazione dopo l’attacco, non riuscito per fortuna, cui è stata fatto oggetto stamattina la sua abitazione a Tel Aviv. Tra l’altro prevedibile, per cui né lui, né la famiglia si trovavano in casa. Meno male per tutti. Detto questo, una domanda dobbiamo porcela. Dobbiamo porla. A ciascuno di noi. Ai falsi potenti. Agli “irresponsabili” padroni delle vite umane. Ai costruttori della guerra. Questa: “consumati odio e vendette, rappresaglie e battaglie, volontà di distruzione e ammazzamenti, rovine e combattimenti in armi, cosa c’entrano i bambini di Gaza, che cercano acqua da bere nelle pozzanghere? Cosa c’entrano i vecchi e le madri di quella Striscia insanguinata, che rovistano nei rifiuti in cerca di cibo per i loro figli? Cosa c’entrano, ancora, quelle file di migliaia di palestinesi in affannosa speranza, ogni giorno, di raggiungere quei lager dei campi profughi, già sovraffollati di gente disperata? Cosa c’entrano quanti, sempre più numerosi, muoiono per mancanze di cure, i feriti fuori dagli ospedali abbattuti, e quanti si ammalano mortalmente di fame e sete? Cosa c’entrano, i camion delle organizzazioni umanitarie, portatori di alimenti e di medicinali, abbattuti come carri armati nemici o bloccati nelle frontiere inaccessibili inventate di nuove ogni giorno? Anche per loro prima la guerra, poi la vittoria, nel mezzo la tregua, e poi questi povericristi? E, per non finire, quanti altri ancora dovranno morire per dire basta alla nostra vergogna? Quanti? Quella gente non è anonima e non porta divise, non ha armi in mano. Non ha neppure un po’ di energia per dire del loro odio. O per pregare. O per maledire il nemico. O per bestemmiare il proprio Dio o quello “ nemico”. Sono tutti essere umani, per i quali, tanto orribile è il nostro comportamento, che non oso impiegare la retorica antica del : “ e se fossero i tuoi bambini, i tuoi giovani figli? O tua madre , la tua sposa, tuo padre o il tuo sposo?” No, non ripeto questa filastrocca. Non voglio essere anche ipocrita. Mi basta sentirmi responsabile moralmente di questo orrore. Responsabile di tutte le guerre. Per aver lasciato che nascessero dall’odio intrecciato. E dagli interessi esterni. Responsabile, sì, di non aver fatto nulla per farle cessare.
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