Mengani: “Tre mesi di vacanza: la favola degli insegnanti part-time a tempo pieno”

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images Mengani: “Tre mesi di vacanza: la favola degli insegnanti part-time a tempo pieno”

  29 luglio 2025 18:50

di TERESA MENGANI

 C’è una leggenda metropolitana che sopravvive al tempo, alla logica e persino al buonsenso: quella secondo cui gli insegnanti godrebbero di tre mesi di ferie ogni anno, in pratica un’eterna estate ai tropici finanziata dallo Stato. Ah, la dolce vita della scuola! Mentre il resto del mondo suda in ufficio, loro sorseggiano mojito in infradito da giugno a settembre.

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 La verità? È un po’ meno da cartolina e un po’ più da caffè freddo sulla scrivania alle 23:42 mentre si corregge l’ennesimo compito con grafia cuneiforme.

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 Sì, è vero: le lezioni finiscono a giugno e ricominciano a settembre. Ma attenzione: “vacanza” non è sinonimo di “assenza di lavoro”. A scuola non si entra, certo, ma si lavora eccome: programmazioni, corsi di aggiornamento, riunioni, scrutini finali (giugno), corsi di recupero (luglio), preparazione dell’anno successivo (agosto), e magari qualche esame di Stato nel mezzo, giusto per non farsi mancare nulla.

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 Ah, e chi pensa che i compiti si correggano da soli o che una lezione di un’ora si improvvisi, provi a spiegare la seconda guerra mondiale a ventotto tredicenni un martedì mattina alle 8:05. Spoiler: servono ore di preparazione, e tanta pazienza. E caffè. Molto caffè.

 Per contratto, gli insegnanti hanno diritto a 32 giorni di ferie l’anno. No, non 90. Trentadue. Il resto del tempo “libero” coincide con la chiusura delle scuole, che è diverso dal concetto di vacanza. Se i banchi sono vuoti, non lo è certo la testa dell’insegnante, che nel frattempo sta pensando al piano didattico, al consiglio di classe, ai voti, ai genitori, e alla madre di tutti i misteri: perché Marco ha consegnato un foglio bianco ma ha scritto “fine” in fondo?

 La verità è che la scuola è uno di quei lavori che ti porti dietro anche quando non ci sei fisicamente. Come una colonna sonora mentale. Chi insegna si ritrova a scrivere una verifica tra la coda al supermercato e l’attesa dal dentista. Si sogna le interrogazioni. Si sveglia di notte pensando “Domani ho i miei di seconda C, sarà meglio cambiare approccio…”.

 E poi ci sono i genitori, i colleghi, il dirigente, la burocrazia, le riunioni, le e-mail alle 22, le circolari che arrivano a orari improbabili. Ma certo, l’insegnante è in vacanza.

 Una professione piena, anche quando è vuota di riconoscimenti

 L’insegnamento è un lavoro che consuma. Emozionalmente, mentalmente e spesso anche fisicamente. Ma guai a dirlo: perché c’è sempre chi, con sorriso sornione, commenta: “Eh, ma tanto voi avete tre mesi di vacanza…”.

 A questi eroi della superficialità, possiamo solo rispondere con ironia e un sorriso stanco: sì, certo, e nelle pause stiamo anche formando la futura classe dirigente del Paese. Ma per fortuna lo facciamo con spirito di servizio, vocazione… e una quantità spropositata di post-it.

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