di PAOLO CRISTOFARO
Peter Webber, il regista de "La ragazza con l'orecchino di perla", ha aperto questa mattina le conferenze stampa del Magna Graecia Film Festival, all'Hoterl "Perla del Porto" a Catanzaro Lido, intervistato da Antonio Capellupo.
"Mi sposto da un lavoro ad un altro cercando sempre, in una nuova idea, di fare qualcosa di opposto e totalmente diverso rispetto al progetto precedente", ha spiegato. Si è detto ispirato fortemente dal cinema italiano, sin da quando era ragazzo. "Ho sempre avuto ammirazione per Fellini, Sordi, ma anche per i film di De Sica", ha raccontato Webber. "Se dovessi però indicare un regista che mi ha particolarmente ispirato e segnato in modo unico, direi Michelangelo Antonioni. Non nascondo che anche lavorando a "La ragazza con l'orecchino di perla" mi sono ispirato, soprattutto visivamente, a Luchino Visconti, al suo Gattopardo. "L'interrogativo dei registi è sempre quello di come rappresentare al meglio la realtà concreta del mondo, dalla quale non ci si può separare in questo lavoro", ha aggiunto mostrando la sua mascherina chirurgica. "Anche quello che sta succedendo, l'epidemia. Mi domando quanto influenzerà anche il nostro lavoro e cosa racconteremo nei prossimi anni", ha concluso.
Spazio poi al giovane attore e regista del film "Bangla", Phaim Bhuyan, accompagnato dall'attrice Milena Mancini. Il film racconta la storia di un giovane ragazzo bengalese di 22 anni, che vive nel quartiere romano di Torpignattara. Racconta le vicende del giovane, il rapporto con la famiglia, l'amore per una ragazza la cui madre ha una compagna. "E' un film nel quale raccontiamo due culture diverse, due modi di vedere l'amore diversi", ha anticipato Capellupo nel presentare il giovane artista. "Non siamo partiti con l'intenzione di fare un film socio-politico, anche se per certi aspetti poi lo è diventato", ha spiegato Bhuyan. "C'è una Roma che viene anche valorizzata, alcuni aspetti positivi delle periferie, sempre tristemente note per problematiche negative", ha detto.
"C'è ultimamente, soprattutto tra i giovani, anche il desiderio di raccontare la periferia, che sta diventando a Roma anche un po' il centro vivo della città; perché il centro vero, storico, si sta un po' svuotando. Le vicende di vita più concrete si svolgono in periferia", ha detto la Mancini. "Forse rispetto al centro la periferia è anche un luogo per certi versi più accogliente, familiare. Un luogo abituato alla diversità e forse quindi dove si giudica di meno", ha sottolineato. "E la storia raccontata nel film è particolare, perché in questo contesto il giovane ragazzo bengalese si innamora, oltretutto, di una ragazza la cui madre intrattiene una relazione omosessuale. E' ancora più interessante, quindi, osservare questo incontro di diversità", ha detto ancora la Mancini. Non si esclude un sequel del lavoro, stando a quanto ha fatto intendere il giovane regista.
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