MGFF, il Premio “Vittorio De Seta 2024” di Legambiente va a Sara Del Dot e Carlotta Marrucci con “What we fight for”

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images MGFF, il Premio “Vittorio De Seta 2024” di Legambiente va a Sara Del Dot e Carlotta Marrucci con “What we fight for”

  03 agosto 2024 22:32

di MARCO VALLONE

E' il documentario di Sara Del Dot e Carlotta Marrucci, intitolato “What we fight for”, ad essersi aggiudicato quest'anno il “Premio Vittorio De Seta 2024” di Legambiente Calabria. Il Premio, che nasce da un'idea di Legambiente Calabria e si inserisce nella XXIII edizione del Clorofilla Film Festival, è stato ospitato tra gli eventi del “Magna Graecia Film Festival”. La proiezione del documentario vincitore, seguita dalla premiazione, si è svolta questo pomeriggio nel The Space Cinema del Parco Commerciale “Le Fontane”.

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Il riconoscimento viene assegnato ogni anno da parte di una giuria di esperti e studiosi, in base all'aderenza dell'opera cinematografica alle finalità del premio. Il Presidente della Giuria, Franco Blandi, ha spiegato come il senso di questo riconoscimento stia nella volontà di “aprire una finestra sul cinema, dando spazio soprattutto alle produzioni indipendenti, che in un certo senso erano molto care al maestro De Seta, che ha fatto di tutta la sua opera, e del suo modo di fare cinema, proprio una caratteristica particolare. Lui produceva in maniera autonoma i suoi film, ed ha quasi sempre rifiutato di entrare all'interno di quello che lui chiamava 'cinema industriale'. E quindi noi abbiamo pensato che questo premio potesse dar voce ai tanti produttori indipendenti, e ai tanti autori indipendenti, che fanno tanta fatica per produrre le loro opere, spesso però portando all'attenzione della collettività delle tematiche assai importanti, che purtroppo difficilmente arriverebbero nelle sale. E' importante quindi cercare di fare tutto il possibile per riuscire a veicolare queste opere al pubblico, e per questo pensiamo che il nostro Premio possa essere utile a questo scopo”.

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La regista vincitrice del “Premio Vittorio De Seta 2024”, Sara Del Dot, ha spiegato quale fosse il fine del racconto su cui si è basato il documentario, avvalsosi oltretutto anche della co-regia e del prezioso montaggio di Carlotta Marrucci ( quindi co-vincitrice del premio ritirato da Sara Del Dot a nome di entrambe), oltre che della fotografia di Marta Erika Antonioli. “What we fight for, che si traduce in 'Per che cosa combattiamo, per che cosa lottiamo', è un documentario che racconta tre storie di tre donne. Si tratta di giovani donne che hanno affrontato tre percorsi migratori. Due di loro sono sorelle, e vengono dall'Iran; l'altra invece è una ragazza, molto giovane, che viene dall'Afghanistan. Viene raccontato il loro viaggio, i motivi dello stesso, ma soprattutto che cosa succede dopo. L'obiettivo di questo documentario è raccontare anche cosa c'è dietro una persona, una donna, che si muove nel mondo, e che cambia il modo in cui vive alla ricerca di una nuova vita, o comunque di un tentativo di costruire il proprio futuro”.

Sono state inoltre assegnate dalla giuria due menzioni speciali: una per “Tracce di Rocco”, cortometraggio documentaristico di found footage di Marina Resta, e un'altra per “Molise tropico felice”, documentario di Luigi Grispello,

“ 'Tracce di Rocco' è stato sviluppato nell'ambito del Premio 'Cesare Zavattini' ” - ha affermato la regista Marina Resta - “Come dice il titolo, parla di Rocco Scotellaro, che è stato un poeta ricercatore sociale e Sindaco di Tricarico, un piccolo paese in provincia di Matera, morto a soli 30 anni nel 1953. Nel mio film cerco di ritrovare queste tracce di Rocco Scotellaro: sono tracce iconografiche, della sua vita, ma anche delle sue opere. Inoltre Scotellaro viene raffigurato anche da Carlo Levi nel trittico 'Lucania 61', che si trova a Matera. Un altro tema che si trova nel film è un po' lo sguardo esterno con il quale è stato raccontato il sud, ed in particolare la Basilicata. Attraverso quindi la retorica sul Piano Marshall, e quella del posto fuori dal tempo e dalla storia, oltre che, per finire, attraverso la retorica più recente, che è quella di 'Matera 2019', che è comunque legata al turismo. Quindi si legano tutti questi fili, con Rocco Scotellaro e la Basilicata. Io sono originaria di Altamura, città pugliese ai confini con la Basilicata, ma ho passato tutto il resto della mia vita in Basilicata. Quindi questo era un progetto a cui tenevo molto perché, insomma, parla anche un po' della mia esperienza”.

Per quanto concerne “Molise tropico felice” non è potuto essere presente il regista Luigi Grispello. Tuttavia il fratello Alessandro Grispello, al suo posto, è stato capace di essere piuttosto esauriente relativamente ai contenuti del documentario vincitore della seconda menzione speciale: “Nel film sono rappresentati 4 piccoli paesi (Lucito, Portocannone, Roccamandolfi e Civitacampomarano) all'interno del Molise. Questi posti, come un po' la regione Molise tutta, sono un po' abbandonati per varie ragioni: in generale, e non solo in Molise, c'è una fase di spopolamento in tutti i paesi. Però abbiamo selezionato alcuni di questi posti: uno, ad esempio, a causa di un rapporto personale, visto che nostra nonna viene da lì. Gli altri tre perché li abbiamo visitati, e perché erano particolari per alcune caratteristiche. Uno di questi paesi era stato quasi completamente abbandonato, e mi riferisco a Civitacampomarano, in cui nacque anche Vincenzo Cuoco (scrittore, giurista ed economista nato nel 1770). Sostanzialmente, in un modo simile al nostro, una street artist famosa a livello internazionale che aveva la nonna originaria di lì, a un certo punto, vedendo il paese sempre più in stato di abbandono, ha avuto l'idea di organizzare un festival di street art in questo paese, ed ogni anno artisti di tutto il mondo si riuniscono in questo posto, abbellendo tutte le strade del paese con diverse opere. In altri paesi, invece, abbiamo raffigurato l'anima del paese: ad esempio nel paese di mia nonna abbiamo intervistato un centenario, la persona più vecchia del paese. Inoltre un altro paese interessante dal punto di vista culturale, sotto un profilo etnografico, è Portocannone. E' popolato da persone che provengono dall'Albania, e parlano una sorta di albanese antico, l'arbëreshë: sono persone con tradizioni molto particolari, come ad esempio una competizione in cui ci sono 4 buoi, 4 buoi bianchi che si vedono nel film. Originariamente c'erano due squadre, mentre adesso è un po' diverso perché ci sono 2 buoi ed 11 cavalli, e le squadre sono tre. Però la gara è molto spettacolare, parte dalla campagna e finisce nell'arco della piazza centrale del paese. In una piccola chiesa dietro l'arco c'è una chiesa, nella quale si trova il quadro della Madonna di Costantinopoli, ed il carro del vincitore, ogni anno, per celebrare la vittoria porta in sfilata, per tutto il paese, questo quadro, un quadro molto bello”.

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