Al via ieri pomeriggio, al Magna Graecia Film Festival di Catanzaro, le Masterclass, realizzate con il sostegno della Calabria Film Commission.
Protagonista dell’incontro, l’attore Marco Leonardi, che si racconta davanti alla platea del chiostro del San Giovanni, stimolato dalle domande di Antonio Capellupo, con la gioia negli occhi, neri e profondissimi, di chi torna a casa. L’attore, figlio del Sud Italia, con una carriera che lo ha portato a recitare, tra gli altri, anche in film pluripremiati, pellicole d’autore e serie televisive di grande successo, è infatti originario di Locri. E, tra il divertito e il compiaciuto, parla di come si meravigliò di sapere, tornando in Calabria per le vacanze, che dalle sue parti stavano girando un film. “E io non ne sapevo niente? Ho rincorso il regista per 70 km, e mi sono preso la parte”: il regista era Francesco Munzi e il film era “Anime Nere”. Quegli occhi marroni dalla grande espressività e la carnagione olivastra sono stati caratteristiche ideali e il physique du rôle per interpretare al meglio i ruoli che durante la carriera gli sono stati affidati da registi italiani e stranieri. In un piacevole amarcord, ripercorre le tappe che lo hanno portato a recitare nel film di Abel Ferrara che racconta la storia di Padre Pio.
Ci sono parti che gli hanno consentito di consacrarsi come caratterista, vestendo i panni di ragazzi complicati e risucchiati dall’ambiente della malavita – come ne “Il coraggio di parlare” di Leandro Castellani e in “Scugnizzi” di Nanni Loy -, ma c’è anche “Come l’acqua per il cioccolato”, diretto dal regista Alfonso Arau. Ma l’anno spartiacque per la carriera di Marco Leonardi è il 1988: quando ha soltanto 17 anni viene scelto da Giuseppe Tornatore per entrare nel cast di “Nuovo Cinema Paradiso”. Leonardi è un fiume in piena: parla di come è entrato nel cast di pellicole statunitensi come “C’era una volta in Messico”, di Robert Rodriguez, “Dal tramonto all’alba 3 - La figlia del boia” e “Mary”, di Abel Ferrara. Senza dimenticare Ridley Scott. “Dei film belli, come quelli di Abel Ferrara, non si parla in fila al botteghino – afferma ancora – i film belli sono quelli di cui si parla e che si ricordano ancora a distanza di anni. E sono sicuro che la pellicola su Padre Pio sarà uno di quei film”.
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