La nave Humanity 1, della ong tedesca Sos Humanity, “è risultata l’unica imbarcazione ad intervenire per adempiere, nel senso riconosciuto dalle fonti internazionali, al dovere di soccorso in mare dei migranti”. Con questa motivazione il giudice del Tribunale civile di Crotone, Antonio Albenzio, ha definitivamente annullato il provvedimento di fermo amministrativo al quale nel marzo scorso era stata sottoposta la nave Humanity 1 dalle autorità italiane.
Con la sentenza emessa oggi il giudice ha inoltre condannato ministero delle Infrastrutture, ministero dell’Interno e Questura di Crotone, ministero delle Finanze, Guardia di finanza sezione operativa navale di Crotone, rappresentati dall’avvocatura di Stato di Catanzaro, a rifondere alla ong la somma di 14 mila euro per le spese di lite. La Humanity 1 era stata sottoposta a fermo amministrativo a Crotone dove era approdata il 4 marzo scorso dopo aver soccorso 77 migranti alla deriva su diversi barchini nel Canale di Sicilia.
Alla Humanity 1 veniva contestato, sulla base di mail inviate alle autorità italiana dalla guardia costiera libica, di aver ostacolato i soccorsi da parte dei militari libici che, però, avevano anche esploso dei colpi di arma da fuoco verso soccorritori e migranti. La memoria depositata agli atti dagli avvocati dello Stato ribadiva come il governo credesse nella tesi della guardia costiera libica di inosservanza da parte della Humanity 1 all’ordine di allontanamento formulato dalla motovedetta libica intervenuta nelle operazioni di salvataggio dei migranti. Il giudice Albenzio, già il 18 marzo aveva revocato il fermo amministrativo sostenendo che quel provvedimento aveva compromesso l’attività umanitaria della nave.
Quindi il 17 aprile aveva confermato la sospensione del fermo in attesa della sentenza arrivata questa mattina. Sentenza nella quale il giudice di Crotone ribadisce che, nonostante il memorandum firmato nel 2017 tra Italia e Libia, il Paese africano non è un posto sicuro per i migranti: “Allo stato attuale – si legge nella sentenza non è possibile considerare la Libia un posto sicuro ai sensi della Convenzione di Amburgo, essendo il contesto libico caratterizzato da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e non essendo stata mai ratificata la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati da parte della Libia”. Il giudice sostiene che “non può ritenersi che l’attività perpetrata dalla guardia costiera libica sia qualificabile come attività di soccorso per le modalità stesse con cui tale attività è stata esplicata. Costituisce infatti circostanza incontestata e documentalmente provata che il personale libico fosse armato e che, in occasione di tali attività, avesse altresì esploso colpi di arma da fuoco”.
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