di FRANCO CIMINO
Oggi Mimmo Lucano sarà a Catanzaro, la Città che forse ha visto di meno. Probabilmente, perché gli appare la più lontana, come Reggio, Cosenza, Lamezia, Vibo, dalla Calabria greca e cristiana dalla sua Calabria. Quella lontana nel tempo, che ha rinnovato la cultura dell’accoglienza e mantenuto vivo lo spirito di carità, in un’idea della democrazia che sia costruita sul valore della Pace e in esso dell’eguaglianza, della giustizia, della libertà. I diritti conseguenti, come quelli, in particolare, al pane, alla casa, al lavoro, alla terra, in ogni terra che è inoppugnabilmente la propria, sono i codici che la Politica vara, per garantirne il perseguimento e la loro concreta attuazione.
In tutti. Nel mondo. In tutti, in Italia. In tutti, in Calabria. In quel tutti della Pace universale, che guarda all’essere umano prima che al cittadino. Ai nati nel mondo, prima che ai nati anagrafici. I tutti, che significa che vi è una sola Terra. Ed è di ogni persona che la abita, perché la Terra non ha confini. I tutti, che significa che chiunque arrivi, per scelta o per bisogno, in un luogo, quello è il suo luogo. Non lo occupa come i pirati, i colonialisti, i mafiosi. Lo incontra. Lo carezza. Lo ringrazia. Lo serve. Lo ama. Non dimenticando e non odiando quello da cui è stato costretto a lasciare, ivi lasciandovi quasi sempre moglie e figli piccoli. Questa è la Calabria di Mimmo Lucano. E questa egli ha ricostruito da quella che in Riace c’era già da più di due millenni. È questa la Terra, che egli desidera sia il mondo. La Terra dei suoi beni preziosi, da difendere a ogni costo, ché ciò che chiamiamo Natura o ambiente e la loro difesa ecologia, è solo la casa dell’uomo. Il completamento della Bellezza, di cui l’uomo e la natura sono in egual modo la sostanza, il fine e il mezzo della loro esistenza, insieme indissolubilmente. Che Dio o il caso o altro che io non so e lui non conosce, hanno creato da chissà cosa. Sta qui, quel tutti, che è la Pace. Mimmo Lucano è fisicamente, simbolicamente, la figura che, insieme ai grandi della Terra, meglio rappresenta questa idea della Vita. Un’idea, che proprio perché sta in mezzo tra il sogno e il progetto, tra l’Utopia e la Democrazia, tra il desiderio e la realtà, è rivoluzionaria. E vincente. Ai più ancora sfugge la vera grandezza di quest’uomo semplice e umile, che, più grande ancora perché semplice e umile, ha fatto cose grandissime.
Ha messo in un’idea tante piccole idee, in un progetto universale tanti progetti particolari, tanti campanili in un’unica chiesa. Tanti municipi in uno solo. Il locale nel globale. Ha fatto anche di più, ha riunito le diversità in una sola idealità. Religioni e politiche, fazioni e nazioni. Persone e popoli. Laicità e religiosità. Atei e credenti. Ragione e fede. Il tutto, e quel tutti, in un nuovo concetto di laicità. Quello che libera dai lacci delle ideologie, dei fanatismi, delle diffuse ignoranze. E aiuta gli uomini, tutti, a liberarsi e a liberare. Aiuta la stessa Libertà a liberare sé stessa. Ha fatto, MimmoLucano, nome tutto unito come la sua persona indivisibile, una cosa che tante volte mons Antonio Cantisani, oggi tre anni e un giorno dalla sua scomparsa, ci ha sollecitato a essere. Ha dimostrato che la santità esiste. Per tutti. Credenti e non. Che si è santi, qui, in questo mondo. Per quella santità che si raggiunge donando la propria vita per la vita degli altri. Tutta la propria fatica per costruire la felicità di tutti. In quel tutti in cui vi fosse anche una sola persona. Da aiutare. Da salvare. Cantisani, e con lui Francesco il Papa, direbbero di questo sacerdote laico, che sotto quella maglietta del colore bordeaux prevalente, c’è il saio di tutti i Francesco che sono stati santi, vivendo.
Mimmo, il deputato dell’Europa che noi vogliamo, sarà oggi, alle diciassette, nella nostra Città. Ci viene per merito di Gianmichele Bosco (mi sarebbe piaciuto venisse ricevuto anche al Comune) e di quel pazzo visionario e artista di Francesco Mazza, che l’ha invitato a vedere, nella sua galleria d’arte, al centro di Corso Mazzini scendendo verso Bellavista, la mostra fotografica di Nino Bertuccio su una bambina brasiliana, che ha vissuto nella povertà estrema delle Favelas. Farò di tutto per esserci. Per salutarlo. E constatare, vedendolo accostato a quella “fotoquadro”che mi ha colpito molto, come Nega, questo è il suo nome, gli somigli in modo impressionante. Un miracolo per quest’uomo bello, che è padre di tutti i figli del mondo povero e abbandonato.
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