Mons. Bertolone: "Non abusiamo della nostra città, ma rendiamola più bella" (IL DISCORSO INTEGRALE)

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images Mons. Bertolone: "Non abusiamo della nostra città, ma rendiamola più bella" (IL DISCORSO INTEGRALE)
La processione di San Vitaliano
  16 luglio 2019 19:43

Il maltempo è stato inclemente per tutta la giornata a tal punto che la processione in onore di San Vitaliano è stata in forse per tutta la giornata. Perché se alle 19 - un'ora dopo l'orario prefissato - avesse piovuto  la preghiera si sarebbe svolta nella Basilica. Alla fine però non è piovuto e la città   ha reso onore al santo.  Pochi, per la verità, i cittadini che hanno sfilato dietro la statua del santo patrono portata a braccio dai vigili del fuoco. Come da tradizione il corteo ha sfilato per le vie del capoluogo per poi far rientro nella Basilica. 

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Di seguito il discorso alla città pronunciato da monsignor Bertolone dopo la processione

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Le due realtà, la cittadinanza politica e la comunità religiosa, sono qui ai piedi dell’icona del nostro san Vitaliano, che, come ogni anno, ha rivisto e benedetto le strade e le case del centro storico. Ci aiuta, il santo patrono, a comprendere la vera fisionomia della nostra città, la sua identità e la sua vocazione, per capire che cosa è avvenuto, cambiato ed ancora può o potrebbe cambiare.

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La festività di san Vitaliano, che è festa della cittadinanza, è proprio uno dei momenti topici, privilegiati, per fare un bilancio, quasi un esame di coscienza. Identità e radici vanno insieme, però non vanno considerate come un quid immodificabile e neppure lette con lo stato d’animo malinconicamente nostalgico, tipico di chi si è costruito un passato tutto ideale (magari inesistente) e non considera altro fuori di quello, respingendo quanto è avvenuto dopo.

La città in cui viviamo non ci appartiene: siamo noi che apparteniamo ad essa. L’ abbiamo ereditata da chi è vissuto prima di noi, come  chi le erediterà dopo di noi. Per questo pensare la città in una prospettiva temporale  include anche una dimensione "morale". Occorre che ciascuno, per quanto può, si faccia carico del compito di rendere più bella, più giusta, più vivibile la propria città, perché noi siamo di passaggio sulla terra, e non possiamo abusarne come se essa ci appartenesse.

La città è un edificio di memorie, ma è anche un memoriale vivo, fatto della carne e della vita dei suoi abitanti. Per questo è nostra responsabilità contribuire alla costruzione di questo edificio tenendo conto di coloro che ci hanno preceduto, di coloro che ci sono accanto e di coloro che verranno. La città di oggi è sempre un po’ la somma delle tante città di ieri e la continuità è data dal suo Patrono. Alla Catanzaro del Novecento, con i suoi fregi e decorazioni stile Liberty, sono succeduti altri stili e caratteri. Questo perché la città vive e così strade, case, cortili, parlano e accolgono. Soprattutto essa parla a noi e di noi, comunità cittadina e cristiana, della nostra Arte sacra, a partire dal Museo diocesano, voluto e creato nel palazzo arcivescovile da mons. Antonio Cantisani nel 1997completato da mons. Ciliberti. E parlano tutte le chiese, ciascuna con la sua devozione. Parla di noi e per noi la nostra religione popolare, legata al culto e alla processione cittadina del Vescovo Vitaliano. Parlano, soprattutto ai più giovani, anche le lettere, i verbali, le delibere, i manifesti, i protocolli ed ogni altra documentazione attestante i rapporti storici tra  Comune e Diocesi; rapporti che s’intrecciano, in particolar modo, con i festeggiamenti e con questa solenne processione del 16 lugliodies natalis del santo patrono.

Per questo dico: Catanzaro, ascolta la voce che proviene dalla storia del tuo Vescovo! Oggi le due realtà vogliono ascoltare alcune indicazioni del passato che è diventato presente e poi sarà futuro, provenienti dalla storia di San Vitaliano che così mi sembra parli a tutti: cittadini, devoti, amministratori, tutti cittadini del Meridione. Non perdiamo questa religiosità e fede popolare. Catanzaro, ascolta la voce che proviene dalla storia del tuo Vescovo. Vale la pena di ricordare, che, nel 1311, Pietro Ruffo, conte di Catanzaro, edificò una cappella in cattedrale, per riporvi le reliquie del nostro Santo, dalle quali trasudava la manna. Un fatto di sapore biblico, in particolare la prossimità di Dio al suo popolo nei tremendi momenti di deserto e lungo il cammino verso la terra promessa. Ed a noi che cosa ricorda la manna che trasuda. A quali deserti sociali ci invita a portare aiuto? Che cosa facciamo per i soggetti più deboli della nostra collettività? Quale cultura offriamo a questa città arida? E quale “manna”offriamo ai nostri -troppi- poveri assoluti, coloro che non raggiungono neppure quei livelli ritenuti minimi per la sopravvivenza?

Catanzaro, ascolta la voce che proviene dalla storia del tuo Vescovo: San Vitaliano ci invita a ritrovare la “via”giusta in questo difficile momento, ci invita a renderci conto che la vera città siamo noi ed a considerare la città terrena come metafora del nostro cammino verso la patria del cielo. Ci invita, ancora, a guardare la storia della nostra città (come quella universale) partendo dal basso, dai poveri, dai semplici, dagli impotenti. Così si costruisce l’amicizia civica e si combatte l’ansia di sicurezza  tessendodialogo, fraternità, amicizia, e seminando grani e scintille di spiritualità che la Chiesa offre. Senza spiritualità la città si riduce a deserto, a luogo senza luce, senza poesia, e senza speranza. Possa allora San Vitaliano rischiarare della sua luce il nostro cammino lungo questa strada impervia, stretta, piena di ostacoli eppure unica e sola da percorrere nel cammino verso il futuro.

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