di SETTIMIO PAONE
Una sera all’improvviso, mentre passeggiavo per le strade semi deserte di Montauro, ancora calde di sole e intrise dell’eco della domenica estiva appena trascorsa, ero alla ricerca di un angolo appartato, un respiro, un alito di venticello che potesse mitigare la canicola rimasta incollata alla pelle e all’asfalto.
Era uno di quei momenti sospesi, quando il giorno non è più giorno e la notte non è ancora notte. Le luci dei lampioni accendevano timidamente la pietra viva dei vicoli, e il silenzio cominciava a farsi padrone del paese. Camminavo, assorto nei miei pensieri, quando un suono improvviso, dolce e struggente, ha catturato il mio cuore. Non era un suono qualsiasi, ma quello incantatore di una fisarmonica: come il canto delle sirene per Ulisse, mi chiamava, mi guidava, mi invitava a seguirlo.
Mi lasciai condurre dal suono, come ipnotizzato, fino a girare l’angolo che porta alla maestosa chiesa madre di Montauro. Lì, seduto sui gradini antichi che sfidano il tempo, con le spalle appoggiate al portale di pietra e il volto immerso nella musica, c’era Cosimo Renda. Le sue dita correvano leggere e precise sui bottoni della fisarmonica, e le note di "Libertango" di Astor Piazzolla si alzavano nel cielo della sera con un’intensità che toglieva il fiato.
In quell’istante, Montauro non era più un semplice borgo calabrese, ma un teatro senza confini, un palcoscenico di emozioni. Il contrasto tra il sacro della chiesa e il profano del tango creava una magia quasi irreale, e tutto sembrava vibrare: la pietra, l’aria, persino il tempo.
I pochi passanti si fermavano in silenzio, rapiti, come davanti a un miraggio. Nessuno parlava. Nessuno osava rompere quell’incantesimo. Lo spettacolo era gratuito, eppure prezioso: ognuno, senza rendersene conto, staccava un biglietto immaginario per salire a bordo di una fantasia, per perdersi nei propri ricordi, per abbandonarsi ai pensieri più belli.
Erano attimi di rara bellezza, di quelli che arrivano senza preavviso e ti restano dentro per sempre.
Una sera, all’improvviso… e Montauro, con la sua musica e la sua anima antica, mi ha ricordato quanto può essere romantico il semplice fatto di esserci.
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