Montilla: "Crotone non è un territorio ma una esposizione. A Crotone le neoplasie non si sviluppano ma si programmano"
17 dicembre 2025 07:45di PASQUALE MONTILLA*
A Crotone non è accaduto un incidente. E'accaduta una rilevazione. La presenza di materiale
radioattivo nel ciclo dei rifiuti urbani di un territorio riconosciuto come Sito di Interesse Nazionale
non rappresenta una deviazione occasionale. E' il segno che una soglia è stata superata.E quando
una soglia è stata superata in un SIN, non siamo più nel campo della gestione ordinaria:siamo nel
campo del dramma istituzionale.Crotone è oggi un ambiente di esposizione cumulativa.Un luogo
in cui,nel tempo,si sono stratificati contaminazioni industriali storiche, metalli pesanti
persistenti, inquinanti ambientali cronici,stress sociale e sanitario e ora radiazioni ionizzanti non
intenzionali.
Il rischio qui non è improvviso. E' lento, sIlenzioso, continuo. In questo scenario esiste
una linea che,una volta superata,trasforma il rischio ambientale in colpa morale:la linea dei
malati oncologici. A Crotone vivono e si curano persone che: affrontano terapie che distruggono
difese immunitarie, portano già un carico biologico enorme,combattono quotidianamente per la
sopravvivenza. Esporre ulteriormente queste persone a fattori ambientali evitabili significa
aggiungere sofferenza a sofferenza. Non è più solo esposizione. E' abbandono sanitario.Un punto
di non ritorno . In medicina non si aspetta l'eccesso di mortalità, la recidiva tumorale,il picco
epidemiologico per riconoscere il danno. Il silenzio il vero moltiplicatore del rischio.L'intera
comunità viene trasformata in una coorte esposta permanente sensa consenso e senza scelta.I
territori contaminati non collassano. Si ammalano lentamente.Bisogna decidere se il rischio
ambientale di Crotone debba restare una statistica futura o diventare una azione presente.Per i
pazienti oncologici di Crotone di oggi,ogni giorno senza intervento non è neutro:è un peso
aggiuntivo imposto a chi è gia al limite della resistenza biologica e umana.Essere area SIN significa
che lo stato sa. Sa che il territorio è vulnerabile.Sa che la popolazione è esposta.Sa che il margine
di errore è zero. Da questo momento,chi conosce il rischio e non interviene,non lo
subisce:lotrasferisce ai più fragili.
E ora parlo direttamente ai medici oncologi che operano a Crotone. Questo non è più il tempo
della prudenza silenziosa. Non è più il tempo delle stanze chiuse, delle frasi sussurrate, dei dati che
restano nei cassetti. Chi cura il cancro in un territorio riconosciuto come Sito di interesse Nazionale
non è un osservatore netrale. E' un testimone qualificato. E oggi, essere testimoni e tacere non è
neutralità e rinuncia. Vi si chiede coraggio professionale. O la comunità oncologica di questo
territorio entra pubblicamente in questa battagli di verità, oppure accetta che altri decidano sul
destino dei suoi pazienti.E questo non più accettabile. Chi cura non può restare ai margini mentre
l'ambiente continua a ferire. La comunità oncologica di questo territorio o rompe il silenzio e
diventa parte attiva della verità oppure accetta che il rischio continui a essere normalizzato sulla
pelle di chi non ha voce. Se la comunità oncologica di Crotone non entra ora,pubblicamente e
collettivamente nel processo di verità su questo territorio accetta che il rischio venga normalizzato.In un territorio dichiarato Sito di Interesse Nazionale,curare il cancro senza denunciare il contesto ambientale che lo alimenta non è più una scelta prudente. E una frattura delle responsabilità professionale.
*Oncologo Medico
Consulente Scientifico ONA Roma
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