Si è tenuta a Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Palmi l’iniziativa indetta dalla Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale per la giornata del 18 aprile, a distanza di un mese dall’appello del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A mezzogiorno, contestualmente in tutte le regioni e nelle cinque città calabresi, si è data lettura dei nominativi dei detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita. A seguire eventi e conferenze stampa a cura dei Garanti territoriali calabresi.
Nella notte che ha preceduto la manifestazione si è registrato il trentaduesimo suicidio di una persona detenuta dall’inizio del 2024. Sono, invece, quattro i suicidi degli agenti di polizia penitenziaria, uno dei quali
calabrese (in servizio presso la Casa circondariale di Cosenza)
. “Uno stillicidio inaccettabile”, ha esordito così il Garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Luca Muglia, presente all’iniziativa tenutasi presso il Palazzo di Giustizia di Cosenza, con la partecipazione dei Garanti comunale e provinciale, Francesco Terranova e Francesco Cosentini, organizzata in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati della città bruzia, la Camera penale “Fausto Gullo” e l’Osservatorio carcere dell’Unione camere penali italiane. “
"Abbiamo aderito alla sollecitazione proveniente dalla Conferenza Nazionale dei Garanti territoriali,
condividendo i contenuti del documento a firma del portavoce Samuele Ciambriello e la necessità di fermarsi alla stessa ora e nello stesso giorno in ricordo delle tante vite spezzate – ha affermato il Garante Muglia –. Ci auguriamo di aver dato un segnale importante e di aver contributo a sensibilizzare il legislatore, la società civile e l’opinione pubblica. Siamo consapevoli che luoghi comuni, etichette e stereotipi impediscono troppo spesso di vedere la reale dimensione del fenomeno. Non si tratta tanto o solo di comprendere le diverse cause che generano i suicidi in carcere, vale a dire sovraffollamento, carenze di organici, fragilità psicologica e strutture fatiscenti, ma di accettare che sono soprattutto le fasce più deboli ad essere sopraffatte e “schiacciate”.
"Lo dicono i numeri: il64% delle persone che si sono tolte la vita negli ultimi due anni aveva commesso reati contro il patrimonio, il 60% dei suicidi si è verificato nei primi sei mesi di detenzione, il 40 % di suicidi si è
consumato oltre i primi sei mesi, con una percentuale consistente nell’ultimo periodo di detenzione e l’interessamento di molti detenuti senza fissa dimora. Il circuito interessato dai suicidi è quello di media sicurezza. Le persone con patologie psichiatriche che si sono tolte la vita sono meno del 10%. A ciò si aggiunga che i detenuti che stanno espiando una pena residua non superiore a cinque anni sono circa 32.000, a fronte di un totale complessivo che sfiora le 62.000 unità. Il quadro regionale – ha concluso il Garante Muglia – rispecchia i dati nazionali, a conferma del fatto che i sucidi e gli atti di autolesionismo in carcere coinvolgono persone vulnerabili, detenuti che hanno commesso reati di bassa o media gravità, alla prima esperienza di detenzione ovvero in procinto di essere dimessi ma senza reti familiari o sociali che possano favorirne il reinserimento. Non spetta ai Garanti dei diritti delle persone private della libertà indicare le soluzioni normative o legislative, ma occorre fare presto. E’ uno stillicidio inaccettabile, non c’è più tempo!”.
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