Nel Natale stiamo celebrando l'incarnazione di Dio, il mistero dell'eternità di Dio che entra nella storia dell'umanità e la recupera da tutto lo sfacelo che c'è all'interno della nostra storia. Mette, dentro il tempo che inesorabilmente passa, una scintilla di eternità che è per sempre”. È questo uno dei passaggi centrali dell’omelia del vescovo, monsignor Serafino Parisi, durante la Santa Messa della notte di Natale che il Pastore della Chiesa lametina ha presieduto in Cattedrale.
“Il Natale – ha aggiunto monsignor Parisi – è la celebrazione dell'amore eterno di Dio per l’umanità che in questa notte prende corpo nella figura tenera, e nello stesso tempo forte, di un bambino. Quando noi, allora, celebriamo il Natale, entriamo dentro questo mistero che è un mistero di luce: è il mistero della gioia, della letizia. ‘Quelli che abitavano in terra tenebrosa, videro una luce’: da quel momento in poi l’umanità può gioire”. E la gioia, ha spiegato il Vescovo, è “imparare da un bambino che la vita umana va vissuta da uomini. Gesù nasce per dire all’umanità che c’è bisogno di vivere dentro la storia come uomini ed è venuto ad umanizzare la terra mettendo nei nostri progetti quella scintilla di eternità e quell’amore primordiale di Dio che è capace di ricostruire, dalle macerie, il volto vero dell’uomo”, trasformato da schiavo in figlio. Il Natale, quindi, è “un vero e proprio processo di liberazione”.
Tanti gli accenni ad alcuni passaggi delle letture del giorno che, in un certo senso, si intrecciano con l’attualità di queste ultime settimane: “Noi, qui – ha detto, infatti, monsignor Parisi - , in questa latitudine stiamo celebrando il Natale nella tranquillità della nostra esistenza” ma “se ci spostiamo un poco” troviamo “le guerre che lacerano le persone, dilaniano la carne, sconvolgono le città, distruggono le abitazioni. Questo fa la guerra: tutto viene distrutto con le bombe. La guerra non fa vincere mai nessuno. Certo, realisticamente dobbiamo dire che qualcuno che vince c’è sempre perché vince la sfera degli interessi, di chi produce e di chi vende le armi, di chi dovrà ricostruire, ma chi vince, immaginando di poter costruire la propria fortuna sulla sciagura degli altri, è il più grande sconfitto della storia. Questo deve essere davvero il punto di forza del nostro giudizio, del nostro discernimento, sulle grandi guerre, sui mantelli, di cui parla il profeta Isaia, intrisi di sangue. Ma anche sulle piccole guerre, sulle battaglie che di giorno in giorno combattiamo tra di noi, tra amici, ex amici, amici di una volta, nelle nostre famiglie. Quelle battaglie che portano soltanto divisioni, portano, appunto, lacerazioni, squarci. Non solo nelle nostre relazioni, ma portano squarci dentro la nostra vita, la nostra carne, il nostro cuore. Tutte queste cose - dice Isaia - saranno buttate nel fuoco”. Una parola di speranza, quindi, che “viene da un bambino nato per noi”.
Da qui l’augurio per “un Natale di gioia” in quanto “capaci davvero di gioire per quel volto dell’umanità che anche se è dilaniato dalla cattiveria e dall’egoismo ha la speranza di ricevere il sigillo divino, l’immagine di Dio che, però, ognuno di noi deve impegnarsi a portare nel mondo perché davvero l’umanità possa essere riscoperta nella sua bellezza originaria”.
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