C'è l'ex assessore e presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria Dominique Surace fra le 12 presone arrestate stamane dagli uomini del Centro operativo della Dia della città calabrese dello Stretto nell'ambito dell'operazione antimafia coordinata dalla Procura distrattuale reggina
26 luglio 2022 13:01C'è l'ex assessore e presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria Dominique Surace fra le 12 presone arrestate stamane dagli uomini del Centro operativo della Dia della città calabrese dello Stretto nell'ambito dell'operazione antimafia coordinata dalla Procura distrattuale reggina. Surace è coinvolto nella sua qualità di imprenditore legato, secondo l'accusa, alla 'ndrangheta. Nell'indagine della Dia reggina compaiono i nomi di imprenditori molto noti, operanti nel settore della grande distribuzione alimentare e dell'edilizia legati, in particolare, ai clan De Stefano e Araniti, ma anche ad altri clan.
Le 12 persone arrestate (8 in carcere e 4 ai domiciliari) sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. Fra gli indagati risultano i fratelli Giampiero e Sergio Gangemi, Antonio Mordà, e Domenico Gallo. Alcuni degli arrestati sono stati coinvolti in altre operazioni. Contestualmente, in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria, Dia e finanzieri hanno proceduto al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dalla procura reggina, di 27 imprese, di cui una con sede legale in Slovenia e una in Romania, 31 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di euro.
Gli imprenditori avrebbero stretto accordi con famiglie di 'ndrangheta, agevolando, secondo gli inquirenti, l’infiltrazione della consorteria nei settori di riferimento attraverso la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche, gestite ed organizzate tramite imprese fittiziamente intestate a terzi, o mediante l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale.
Parte dei profitti sarebbe stata poi trasferita in maniera occulta, attraverso operazioni commerciali e rapporti giuridici fittivi, al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche, incluse le cosche di 'ndrangheta, e di ostacolare le indagini eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendo l’impiego e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti. Allo stesso tempo, le cosche avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelandone gli interessi anche con l’esercizio della forza intimidatoria.
Le indagini, durate 2 anni, hanno riguardato illeciti commessi dal 2011 al 2021 e sono state supportate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avvenute autonomamente e in tempi diversi. Le indagini avrebbero consentito di svelare ulteriori ipotesi di impiego di denaro o beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio che coinvolgono la provincia di Pescara, dove alcuni indagati avrebbero sostenuto, con proventi derivanti dall’attività criminale, un investimento finalizzato all’avviamento e alla gestione di due supermercati.
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