'Ndrangheta, Gino Costanzo parla dal carcere duro: "Non mi sento più l'uomo che ero" (VIDEO)

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Girolamo Costanzo

Un profilo inedito venuto fuori durante l'intervento fatto nell'ambito del IX congresso di "Nessuno tocchi Caino" - Spes contra Spem registrato a Milano il sabato 18 dicembre 2021

  26 settembre 2022 19:38

di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA

“Ho pensato molto al mio vissuto in questo lungo tempo e ho avuto modo ripensare al mio passato, al mio comportamento e ho cambiato il mio punto di vista: non mi sento più l'uomo che ero quando sono entrato in carcere”. Ad affermarlo con la voce rotta dall’emozione è il presunto boss del clan dei gaglianesi Girolamo Costanzo, per gli amici Gino, nel corso del suo intervento fatto nell'ambito del IX congresso di "Nessuno tocchi Caino" - Spes contra Spem registrato a Milano il sabato 18 dicembre 2021 nella casa di reclusione "Opera" di Milano.

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Parole che tornano attuali per le numerose richieste inoltrate dal legale di fiducia Francesco Severino, che lo difende da circa 13 anni: "Sono anni che lottiamo per l'ottenimento dei benefici - dichiara il penalista - come i permessi premio che possono aprire spiragli per misure detentive alternative. Nel corso degli ultimi 10 anni sono riuscito a fargli avere 2 permessi all'anno per andare a trovare la madre, ma solo la concessione di misure alternative alle mura carcerarie potrà dimostrare se il mio assistito è cambiato come uomo. Diversamente, non potremo mai saperlo e la funzione naturale del carcere del reinserimento nella società verrebbe meno". 

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“Vorrei ritornare al percorso trattamentale precedente al 41bis fatto nel carcere di Spoleto – chiede Costanzo, che sconta una condanna definitiva all'ergastolo come mandante d'omicidio - . Vorrei tornare nel circuito As3 per poter agire, farmi conoscere e invece sono qui da 12 anni. Pentirmi di cosa – aggiunge -, il mio cambiamento l'ho fatto mentalmente e moralmente perchè è una vita che non fa per me, un tunnel senza uscita e ne vorrei uscire tranquillamente con la mia dignità e l’umiltà, con l'amore che che c'è ancora in me”.  

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Ringrazia "per il sostengo morale, grazi a tutti i radicali, all’associazione “Nessuno tocchi Caino”, Rita Bernardini, Elia ed Elisabetta e a tutti gli operatori di questo carcere che ci hanno dato la possibilità di essere qui”.

Poi attacca:  "Sono nato a Catanzaro il 4 dicembre 1951. Sono detenuto da oltre 30 anni, di cui 12 anni in As1 e un pò tempo al 41 bis a causa di un procedimento da cui sono uscito assolto per non aver commesso il fatto. Avrei preferito tornare in As3 perchè c'è spazio per agire e farmi conoscere ma sono 12 anni che sono in questo circuito. Mi viene detto che sono un 41 bis e quindi sono in As1. In altri istituti avevo avuto richiesta del magistrato di sorveglianza e del direttore per un circuito più aperto e invece mi trovo ancora qui”. 

E ancora: “E' la prima volta che parlo in pubblico e forse non sono stato capace di parlare e con gli operatori e i rappresentanti. Ho pensato molto al mio vissuto in questo tempo – ammette il settantunenne catanzarese che ha già scontato una condanna definitiva per associazione mafiosa - e ho avuto modo ripensare al mio passato e al mio comportamento e ho cambiato il mio punto di vista e non mi sento più l'uomo che ero quando sono entrato in carcere”. 

E prosegue: “Non sono mai stato molto bravo con le parole e delle volte non riesco a spiegare ciò che provo e questo può far sembrare che non sento emozioni. Quando l’avvocatessa si è messa a parlare e gli scendevano le lacrime mi sono dovuto alzare il bavero perchè piangevo più di lei. Per il mio passato e il mio vissuto sento un’emozione dentro di me che rischia di sopraffarmi e cerco sempre di andare avanti senza dare molto spazio. Questo mio modo di essere non favorisce il mio rimorso e la tristezza del mio passato ma ciò che provo è un rammarico vero e sentito. Per questo modo di essere non riesco a proseguire con il mio percorso trattamentale e sono fermo su questo binario morto. Il carcere mi ha dato la possibilità di ripensare al mio passato e di rinascere come uomo migliore ma oggi mi sento abbandonato a me stesso e ai miei pensieri”. 

E fa una chiara richiesta: “Vorrei proseguire con il mio percorso e portare avanti il lavoro che ho frequentemente svolto fino ad oggi. Mi auguro che presto il mio cammino riprenda da dove si è interrotto per raggiungere nuovi importanti traguardi. Vorrei ritornare al percorso trattamentale precedente al 41bis".

Costanzo riprende: "Sono stato anche a Pianosa e ho fatto quasi 40 anni di carcere. Ma non è la depressione che ti porta a riflettere. L'educatrice Rossi riesce a farti aprire e di fronte a queste persone io divento un “tappetino”, ma quando vedo l'aggressività come il 41 bis mi ha fatto diventare quasi com’ero prima di entrare in carcere. E quindi, arrivando qui ero arrabbiato, tuttavia mi sono detto che a questo gioco non ci sto più e voglio tornare a quel percorso che ho fatto nel carcere di Spoleto dove c'era il dottore Ernesto Padovano, persona brillantissima, che sa metterti a tuo agio, con umiltà, saggezza, amore. Così, come mi ha fatto piangere la dottoressa Sabrina – rimarca con la voce rotta dall’emozione - perchè il male produce sempre altro male, l'umiltà è amore, sensibilità ed io vorrei assaporare queste emozioni".

Poi dice: "Non sta a me giudicare, ma se presento qualche permesso il trattamento dice: elemento esemplare, mentre l'informativa della Dda di Catanzaro invece: guai se Costanzo esce dal carcere. E quindi – osserva - se dopo 30 anni non riesce a rieducarmi e a riportarmi nella società è un fallimento. Io sono questo: ditemi cosa devo fare, cosa devo aggiungere. Pentirmi di cosa? Il mio cambiamento l'ho fatto mentalmente e moralmente perchè è una vita che non fa per me, un tunnel senza uscita e ne vorrei uscire tranquillamente con la mia dignità e umiltà con l'amore che nutro e che c'è ancora in me”.

Di seguito, li link del video: 

https://www.radioradicale.it/scheda/655707/ix-congresso-di-nessuno-tocchi-caino-spes-contra-spem-seconda-ed-ultima-giornata

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