‘Ndrangheta, gioco d'azzardo: quattro arresti in Piemonte e Liguria

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Carabinieri, foto di archivio
  18 luglio 2023 09:06

Il Nucleo investigativo dei Carabinieri ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere della Dda di Torino nei confronti di quattro persone, accusate di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di beni e organizzazione del gioco d’azzardo. Gli arresti sono avvenuti a Torino, Trofarello, Albenga e Laigueglia.

In particolare, é accusato di partecipazione alla 'ndrangheta Rocco Pronestì, 72 anni, storico appartenente alla criminalità organizzata del Piemonte e da anni legato ai maggiori esponenti della 'ndrangheta locale, quali Mario Ursini, Placido Barresi e Domenico Belfiore. Arrestato in passato per vari reati in materia di armi e traffico di stupefacenti, era sfuggito alla condanna per il reato di associazione mafiosa.


 Insieme a Pronestì, oggi risponde dei delitti di usura ed estorsione con aggravante mafiosa Rocco Cambrea, 62 anni, accusato anche di avere organizzato una bisca clandestina in quello stesso bar di via Postumia nel quale si occupava di gioco d’azzardo a metà degli anni ’90.  Secondo l’ipotesi d’accusa, i due avevano in corso da anni attività di usura ed estorsione ai danni di giocatori d’azzardo e piccoli imprenditori, spalleggiati da Saverio, 54 anni, e da Crescenzo D’Alterio, di 48. Con quest’ultimo i due avevano organizzato una complessa attività di infiltrazione in attività economiche lecite, specie nel settore del commercio di alimenti, utilizzando una serie di prestanome e le competenze di alcuni professionisti, oggi indagati.               

L’attività d’indagine ha evidenziato anche l’infiltrazione nella cooperativa sociale Liberamensa, aggiudicataria, fra l’altro, dell’appalto comunale per il servizio di ristorazione nel palazzo di giustizia di Torino. Pronestì, Cambrea e D’Alterio, anche a seguito di contatti con appartenenti alla famiglia Belfiore, riuscivano a controllarla e depauperarla, sino all’interruzione del servizio dovuta al Covid. Alcune delle vittime, sentite dai carabinieri, hanno negato di subire le minacce e le pretese che invece emergevano dalle intercettazioni. 

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