L'impresa aveva un appalto (revocato) dalla Regione Emilia Romagna per gli alloggi di edilizia convenzionata. I giudici ribaltano la decisione del Tar di Catanzaro: "Indizi gravi e precisi"
12 giugno 2020 13:47di PAOLO CRISTOFARO
IL CONTRIBUTO REGIONALE, L'INTERDITTIVA E IL TAR RIBALTATO. Ritornano le ombre su un'impresa edile operante in Emilia Romagna ma con strettissimi e torbidi legami con la Calabria. Anzi, con quella parte di Calabria che non piace e con l'organizzazione criminale più temuta: la 'Ndrangheta. La vicenda dell'impresa, della cui compagine societaria facevano parte tre cooperative, è riemersa, dai cassetti dei tribunali, con una sentenza datata 10 giugno 2020.
Una sentenza, emessa dal Consiglio di Stato (presidente Franco Frattini; estensore: Paola Alba Puliatti) che ha ribaltato quanto, un anno fa, il 7 giugno 2019, aveva stabilito il Tar di Catanzaro annullando un'interdittiva antimafia sottoscritta, nel 2017, dalla Prefettura di Vibo Valentia. Un'interdittiva che macchiava l'azienda edile emiliana, beneficiaria un appalto della Regione Emilia Romagna appunto, che stava costruendo gli alloggi di edilizia convenzionata e aveva ricevuto (poi revocato) un ingente contributo. Per i giudici del Consiglio di Stato, dopo aver vagliato gli inquietanti dati inviati da Prefettura e Ministero, il Tar ha sbagliato. Persistono, infatti, "indizi gravi e precisi di una possibile infiltrazione mafiosa".
UN'ACCUSA A TESTA, TRA INDAGINI DELLA DDA, 416 BIS E APPALTI PUBBLICI. Stando a quanto segnalato dalla Prefettura, ad ognuno dei personaggi con i quali sarebbero emersi rapporti economici o imprenditoriali riconducibili all'impresa (tutti collegati alle società cooperative orbitanti intorno alla destinataria di interdittiva), è stata scoperta una qualche inchiesta a carico. Un primo soggetto, risultato legato direttamente ad una cosca di 'Ndrangheta, è stato indagato dalla Dda e rinviato a giudizio nel 2017.
Di una seconda società - della quale sarebbe stato socio al 50% il soggetto già menzionato, che abbiamo detto essere stato indagato dalla Dda - avrebbe avuto, per l'altro 50%, un soggetto anche lui indagato, nel 2006, dalla Dda di Catanzaro, per associazione a delinquere di stampo mafioso. Una terza società, sempre orbitante intorno alla principale, avrebbe come socio unico un uomo denunciato per corruzione al fine di favorire un clan (416 bis). Un ulteriore legame, evidenziato dalla Prefettura di Vibo, riguarderebbe un'altra azienda ancora il cui amministratore unico, al seguito degli altri, avrebbe ricevuto una denuncia per truffa finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche.
LA REGIONE EMILIA COSTITUITA IN GIUDIZIO, I TENTATIVI DI "RIPULIRE" LE AZIENDE, LE SEGNALAZIONI DI GRATTERI SULL'EDILIZIA NEL NORD. In conclusione, anche la Regione Emilia Romagna si è costituita in giudizio, a difesa dei propri interessi e degli atti di revoca dei contributi concessi inizialmente alle società cooperative per la realizzazione dell'oggetto dell'appalto, quindi degli alloggi residenziali convenzionati. Inutili sono stati i tentativi di "ripulire" le aziende, eliminando i soggetti pregiudicati e cercando di lasciare solo "volti puliti".
Anzi, tale dinamica ha ancora di più favorito l'accensione di campanelli dall'allarme agli occhi degli inquirenti. I trasferimenti di quote societarie, per i giudici, "potrebbero nascondere il passaggio del pacchetto azionario da un soggetto sospetto ad uno pulito e [...] il mutamento dell'assetto societario non ha portato, dunque, a sostituzioni, ma sono rimasti solo i soggetti senza sospetti ed ombre", riporta il dispositivo della sentenza.
L'interdittiva, dunque, continuerà a gravare sull'impresa emiliana, regione sulla quale, oltretutto, in più occasioni ha posto l'attenzione il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, identificando nei progetti edili - soprattutto di carattere residenziale - portati avanti nel Nord Italia, la principale possibilità di riciclaggio per i clan di 'Ndrangheta in espansione.
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