La 'locale' 'ndrina a Roma era preoccupata dall’iniziativa promossa 5 anni fa dal giornalista Klaus Davi di affiggere nella metropolitana nella Capitale una mappa delle stazioni ‘Ndrangheta di Roma, con tutti i nomi dei boss tra cui quelli dei due capi della ‘diarchia’ della Capitale, Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro.
Il fatto emerge dall’ordinanza con cui il gip di Roma Gaspare Sturzo ha disposto 43 arresti nell’ambito dell’indagine della Dda della Capitale e della Dia, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò e dai pm Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Stefano Luciani, nei confronti della prima ‘ndrina calabrese attiva a Roma e sgominata con la maxi operazione di oggi. Un "elemento di riflessione riguarda le minacce di Carzo contro il giornalista–opinionista Klaus Davi - scrive il gip Sturzo - reo di aver attirato l’attenzione sulla ‘ndrangheta a Roma avendo progettato di voler affiggere alle fermate della metropolitana i nomi dei boss calabresi e tra questi proprio Carzo e Alvaro, mettendo in pericolo la loro copertura".
In una conversazione intercettata, proprio il boss dice: "'Sto sbirro di Klaus Davi voleva mettere i boss della 'ndrangheta a Roma, chi sono... e voleva appiccicarli nelle fermate della metropolitana...come ha fatto a Milano...e aveva messo me... a Vincenzo...ora ti mostro...". L’iniziativa del giornalista, "fu poi bloccata – si legge nell’ordinanza - ma non sappiamo se ci possa essere stata qualche connessione tra il blocco di allora e le successive minacce di Carzo".
Quanto all’altro boss della locale di ‘ndrangheta a Roma, Vincenzo Alvaro, si legge nell’ordinanza, "ha compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere, degli obiettivi da perseguire e delle vittime da colpire, impartisce direttive alle quali gli altri associati danno attuazione. Inoltre, concorre nella commissione di alcuni delitti, soprattutto in materia di intestazioni fittizie di attività commerciali, settore nel quale Alvaro è un autentico punto di riferimento non solo per tutti gli altri sodali, ma anche per soggetti appartenenti ad altre cosche e che intendono investire sul territorio della capitale".
Il boss inoltre, "mantiene i contatti con personaggi di vertice di altre cosche" tra cui Terenzio Fasciani, "rappresentante dell’omonimo clan, di cui si serve anche per riscuotere crediti delle attività commerciali fittiziamente intestate o per ottenere vantaggi illeciti nel settore ittico o in quello del ritiro delle pelli e degli olii esausti".
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