'Ndrangheta, operazione "Filo Rosso". Chiesta la conferma della sentenza di primo grado

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La Corte d' Appello di Catanzaro
  15 settembre 2020 16:40

Ha partecipato come giudice, agli inizi della propria carriera, alla condanna di Francesco Giampà," il Professore", il boss dell'omonima cosca di Lamezia Terme che oggi sconta l'ergastolo al 41 bis. Eppure, ha notato il sostituto procuratore generale Adalgisa Rinardo nel corso della requisitoria d'appello del processo "Filo Rosso", dopo trent'anni la pericolosità e pervasività della cosca occupa ancora le aule di giustizia.

Il pg ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado, emessa il 3 giugno 2019 con rito abbreviato nei confronti di Giovanni Gianluca Notarianni (16 anni e 6 mesi); Pasquale Notarianni (10 anni e 8 mesi); Luigi Leone (9 anni); Giuseppe Cappello (9 anni); Michele Bentornato (8 anni 4 mesi); Fabio Vescio (3 anni e 8 mesi); Michael Mercuri (1 anno e 6 mesi); Roberto Castaldo (1 anno e 8 mesi) e Alberto Giampà (5 anni e 4 mesi). E' stata chiesta la riforma della sentenza a carico di Saverio Giampà da 12 a 15 anni di reclusione per la continuazione con la condanna del processo Medusa. Il pg ha parlato di indubbia responsabilità degli imputati, i quali, ha detto, " hanno assunto un ruolo di realizzatori e pianificatori delle attività estorsive poste a loro carico nei capi di imputazione.  Una responsabilità assodata e conclamata, per come si evince dalle intercettazioni in cui parlano direttamente i protagonisti di questa vicenda".

Riferendosi agli imputati, il Pg ha parlato di "gente che non esita a vessare, anche per pagare i soldi delle bollette". Alla fine della requisitoria, non poco emozionata, parlando della sua lunga esperienza maturata nelle aule di giustizia e giunta ormai alla conclusione della propria carriera (andrà in pensione tra poche settimane e questa era la sua ultima requisitoria in tema di criminalità organizzata), il pg ha dichiarato che questo processo è stato "irritante" per le situazioni che ha dovuto affrontare. Chiedendo la "giusta pena", "non quella esemplare". In riferimento alle vittime dei reati, Adalgisa Rinardo ha parlato di "povera gente che merita di avere rispetto per il proprio lavoro, di aver diritto ad una vita serena, nella speranza di un futuro migliore per la comunità".

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