di TERESA ALOI
Era preoccupato Andrea La Forgia. Preoccupato sulle eventuali reazioni all'esterno una volta diffusasi la notizia del sequestro del foglio manoscritto riportante la "copiata". Lo si legge nell'ordinanza scaturita dall'inchiesta denominata "Orso" che stamattina è sfociata nell'arresto di 12 persone - 9 in carcere e 3 ai domiciliari - e un obbligo di dimora con le accuse, a vario titolo, di associazione armata finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, ricettazione, detenzione di armi da guerra e, due di loro, di partecipazione ad associazione mafiosa.
In un colloquio - parte integrante dell'ordinanza - "registrato" presso la Casa Circondariale di Crotone, l'uomo chiedeva alla compagna convivente Palmina Laudari quali erano stati i commenti da parte di soggetti di cui non specificava l'identità al ritrovamento della "copiata" in sede di perquisizione "("di questo foglio che hanno detto?")" giustificandosi dicendo di essersi già disfatto di un foglio dal contenuto analogo ("lo avevo buttato io! Ti giuro lo avevo buttato uno!").
Ed era stata la stessa compagna a rispondergli di aver saputo lei stessa solo il giorno precedente del ritrovamento del manoscritto, ma che "gli altri" non ne erano ancora venuti a conoscenza - ("io ieri l'ho saputo! Ma gli altri ancora no!") - e lo redarguiva dicendogli di non parlare dell'argomento in quella sede, evidentemente temendo che il colloquio venisse monitorato ("non parlare! ! ').
Perché Andrea la Forgia parlava. Eccome. E spediva lettere dal carcere. Per gli investigatori "una vera e propria corrispondenza" con l'esterno. Lo faceva mediante " il sistema della "doppia busta", ossia mettendo dentro una lettera indirizzata dal detenuto alla convivente Palmira Laudari altre missive indirizzate a soggetti nei cui confronti non è autorizzata la corrispondenza". Lo si ricava dal contenuto di alcune intercettazioni telefoniche, "in particolare dalla conversazione, registrata dalla Casa Circondariale all'abitazione familiare di Andrea La Forgia del 4 luglio 2017 in cui il detenuto chiede alla Laudari se la stessa avesse ricevuto la lettera, ricevendo risposta affermativa".
E poi lo spaccio che avveniva ad ogni ora del giorno. Un via vai incessante per rifornirsi di droga nascosta nell'intercapedine dei muri, a volte in pacchi bianchi, con chi, anche minori che fungono da "vedette", "fornendo un indubbio contributo materiale, ma anche morale, alle operazioni di spaccio". E le telecamere riprendono tutto anche chi "conta del denaro". Un "modus operandi", dove ciascuno
aveva il controllo e la padronanza di operare nelle diverse aree del quartiere asservite allo spaccio.
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