di PAOLO CRISTOFARO
Dal maggio 1999 al giugno 2000 "avrebbe partecipato all’attuazione del programma di un’organizzazione criminale, dedita alla ricettazione e commercializzazione clandestina di farmaci, acquistando farmaci anche anabolizzanti provenienti da reati contro il patrimonio e perfino da una rapina per poi distribuirli ai suoi referenti nell’ambiente del ciclismo da lui frequentato". Con questa motivazione, nel 2013, è stata avviata un'azione disciplinare - con la sospensione dal servizio per un mese - nei confronti di un agente scelto della Polizia di Stato, da parte del Ministero dell'Interno e della Questura di Crotone e, con successivo decreto, del Capo della Polizia.
L'agente si è rivolto al Tar regionale per l'annullamento del decreto, ma il Tribunale ha rigettato il ricorso. L'uomo era già stato sottoposto a "misura cautelare personale degli arresti domiciliari, per i reati di cui agli articoli 416 e 648 c.p. (associazione a delinquere e ricettazione)", come riporta la sentenza (Presidente: Giancarlo Pennetti; estensore Francesco Tallaro). "Il processo penale si era concluso con un'estinzione per l’intervenuta prescrizione dei reati, ma le condotte erano state ritenute ugualmente disciplinarmente rilevanti".
Tra le motivazioni addotte dal ricorrente, anche presunte irregolarità legate alla presunta tempistica tardiva rispetto all'avvio del procedimento disciplinare, ma il Tar ne ha evidenziato l'infondatezza tenendo conto, parallelamente, del procedimento penale in corso. “Quando l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato”, ha ricordato il Tar, aggiungendo che "poiché la sentenza pronunciata nei confronti del ricorrente è divenuta irrevocabile il 5 febbraio 2013, l’azione disciplinare, avviata il 29 maggio 2013 con la contestazione degli addebiti, è tempestiva." L'agente dovrà risarcire il Ministero delle spese di lite, stimate in 2mila euro più accessorie.
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