Gli arrestati nell’operazione ‘Garden’ avevano il sospetto di una imminente loro cattura, dopo avere individuato una microspia in un giardino dove si riunivano per discutere “gli affari” della cosca. “Qui va a finire che fanno l’operazione Garden”, confabulavano scherzando fra di loro gli arrestati, come confermato in conferenza stampa dal procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. “Le loro conversazioni – ha proseguito – riguardavano spesso le assegnazioni di nuove doti di comando per ricoprire i nuovi organigrammi della cosca con riferimento ai precedenti compiti”.
Per il capo della Procura, “appare significativo dal punto di vista investigativo il rinvenimento di materiale esplosivo di alto potenziale distruttivo ed armi da guerra in grado di bucare auto blindate". Analizzando i rapporti degli arrestati con gli esponenti della criminalità Rom, Giovanni Bombardieri ha confermato il “nuovo modo di relazionarsi con quella che non è più semplice manovalanza, ma che col tempo si è trasformata in una vera e propria cosca di criminalità organizzata di soggetti provenienti dalla comunità rom che operavano in maniera illegale, in attività di spaccio, gestendo il traffico di armi, in accordo con le cosche di ‘ndrangheta e sostenendo finanziariamente le famiglie dei detenuti, anche di altre cosche di ‘ndrangheta”.
Bombardieri, infine, ha richiamato l’attenzione su una intercettazione in cui gli esponenti di spicco della cosca Borghetto-Latella, commentando le denunce degli imprenditori, avvertono la necessità di “cambiare approccio, trovare metodi diversi per imporre le proprie attività estorsive, che ci fa capire quanto denunciare sia importante, e che gli imprenditori non sono soli”.
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