Nella celebrazione di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, un convegno per parlare di sofferenza e rete mediatica

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images Nella celebrazione di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, un convegno per parlare di sofferenza e rete mediatica
don Emilio Commodaro, Giuseppe Soluri, monsignore Vincenzo Bertolone, Carmelo Carabetta e don Giovanni Scarpino
  24 gennaio 2020 11:07

Sofferenza e social, è stato il tema dell’incontro dal titolo “L’approccio etico della sofferenza alla prova della rete mediatica globale”, organizzato dall’arcidiocesi metropolitana di Catanzaro - Squillace in occasione della celebrazione di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
Un appuntamento inserito nel ciclo di incontri diocesani “Amore e Verità si incontreranno”,  in programma per l’anno pastorale 2019-2020.
Moderati dal presidente della commissione diocesana per le comunicazioni sociali,  don Giovanni Scarpino, hanno partecipato sua eccellenza monsignore Vincenzo Bertolone, lo scrittore e docente universitario di sociologia Carmelo Carabetta, il  presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri ed il rettore del santuario Madonna del ponte di Squillace, don Emilio Commodaro.

Un incontro nel quale si è inserita la testimonianza di una storia vera raccontata nel libro “A Simone. Storie di una vita  di amore e di sofferenza”, (Grafiche Falcone,) scritto da Carmelo Carabetta e dedicato al figlio Simone, morto giovanissimo a causa di una malattia.
«Questo che stiamo vivendo – ha commentato don Giovanni Scarpino in apertura – è un periodo in cui non possiamo fare a meno della tecnica e del progresso. Ci muoviamo all’interno di un mondo digitale che ci ha resi sensibili». 

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Per Giuseppe Soluri «raccontare la sofferenza è difficile anche per chi la descrive. Spesso, però, ci si dimentica che la sofferenza è un qualcosa che appartiene ad ognuno di noi».

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Parole cariche di affetto, quelle dette da Carmelo Carabetta nel raccontare il figlio Simone e le sue sofferenze.
«Tra le tante esperienze che ho dovuto vivere in questo mondo, non pensavo mai di vivere la più estrema: quella di piangere la morte di un proprio figlio. Il massimo del disordine naturale al quale mai alcun individuo riuscirà a porre rimedio. Simone è stato un giovane puro, innocente ed amato da tutti per le sue eccezionali qualità. Ha vissuto un calvario di indicibili sofferenze che si è concluso nel peggiore dei modi, prima di consegnarsi nelle mani  dell’Onnipotente al quale ha sempre dedicato la sua inviolata e sofferta poca vita terrena».
All’arcivescovo monsignore Vincenzo Bertolone, è stata affidata la chiusura dell’incontro. «Sono due i ruoli che attribuisco ai social. Uno negativo ed uno positivo. Con il primo si può far soffrire, con una espressione o con una immagine, una persona che ha commesso un errore frutto, il più delle volte,  di fragilità umana. In positivo, invece, penso per esempio, a quanto si è fatto per un bambino inglese che, grazie  al mezzo di comunicazione sociale, ha avuto la forza di coinvolgere il mondo intero».

 

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