Si alza il tono dello scontro interno al Pd di Catanzaro. Le polemiche fioccano. Non c’è pace tra gli “ulivi”. Vengono allo scoperto tutte le fibrillazioni – si, fibrillazioni! - vissute nel corso di una precedente riunione o assemblea tenutasi, al riparo da orecchie, evidentemente non gradite, nella Sala delle Culture. Non è finita a “tarallucci e bollicine”, ma con un susseguirsi di posizionamenti diversi. Alla polemica fra il presidente della commissione provinciale di garanzia, Attilio Mazzei, e il segretario provinciale, Domenico Giampà, si aggiunge la nota del componente l’assemblea cittadina, Lino Silipo che pubblichiamo integralmente.
“Il vuoto venutosi a creare nella guida del Pd della città capoluogo di regione all’indomani delle dimissioni irrevocabili del segretario cittadino impone una chiara e seria riflessione. Occorre chiedersi innanzitutto del perché i vertici più alti del partito provinciale e regionale, pur presenti personalmente alla stessa assemblea a distanza di 15 giorni dalla conclusione di un confronto duro e aspro sulla (non) gestione della democrazia interna del partito cittadino, mantengano ancora oggi, un silenzio assordante dando così agli iscritti, l’impressione di voler ovattare le pur evidenti e drammatiche conclusioni dell’assise cittadina.
Nel frattempo in una situazione di sospensione del governo del partito cittadino, il sindaco Nicola Fiorita con l’apporto di alcuni assessori e consiglieri/consigliori approfitta di questo vuoto, andando avanti per la sua strada prefigurando insistentemente un rimpasto di giunta di cui non si comprendono ad oggi le modalità e soprattutto le reali ragioni politiche.
Le esigenze della città sono tante e tutte meritano risposte adeguate che tuttavia siano in linea con gli intendimenti iniziali della stessa amministrazione.
Le questioni in campo sono tante e sotto gli occhi di tutti e sarebbe lungo elencarle tutte. Ebbene, di fronte a tante situazioni non più rinviabili, risulta francamente incomprensibile ai comuni cittadini una discussione al momento incentrata e ripiegata sui numeri e sulla presunta necessità di un rivisitazione della giunta, ad appena un anno esatto dall'insediamento della amministrazione a guida Fiorita.
Tanto più se dovessero trovare conferma voci di un allargamento dell’organo esecutivo, ad ampi settori del centro destra ed addirittura a pezzi provenienti dalla Lega con conseguente subentro all'interno del Consiglio comunale dei primi dei non eletti nelle stesse liste a trazione leghista.
Una opzione politicamente immotivata che non serve certamente al buon governo della città che così, in primo luogo verrebbe (ri)consegnata a quei pezzi importanti del centro destra protagonisti (in negativo) della giunta Abramo ed aspramente combattuti durante tutta la campagna elettorale; in secondo luogo, ci troveremmo poi a subire una scellerata ipotesi che se attuata si configurerebbe come una mera operazione di ridistribuzione di poteri a singoli capi bastoni magari a saldo di “impegni” pre- elettorali.
Un’operazione che andrebbe spiegata a quelle elettrici ed elettori che un anno fa hanno sostenuto a pancia in giù un progetto di amministrazione che aveva la legittima pretesa di rompere con il passato per porsi in una prospettiva che fosse agli antipodi di quello che oggi si vorrebbe realizzare con un intollerabile atto di imperio.
Nè è giustificabile appellarsi oggi alla dura legge dei numeri, oggettivamente carenti all’interno del consiglio comunale, per legittimare una operazione che più che un rimpasto si caratterizzerebbe come un vero e proprio ribaltone politico dal chiaro sapore di prima Repubblica.
Le maggioranze, nelle situazioni anomale come quella in cui si trova l'attuale amministrazione, si compongono in seno al Consiglio comunale attraverso l’approvazione delle singole pratiche di volta in volta portate in votazione. E’ quello il luogo delle decisioni ed in cui si concretizza l’indirizzo politico di un’amministrazione; il luogo istituzionale in cui i singoli consiglieri assumono la piena responsabilità con i cittadini di approvare o non approvare le singole pratiche importanti per il bene della città. Si obietterà: ma non c’è una maggioranza. Ogni eletto deve farsi carico del mandato ricevuto: operare per il bene della città o affossarla definitivamente a costo di andare tutti a casa. Altre scorciatoie che mirano a modificare l’assetto politico emerso dalle ultime consultazioni elettorali non sono consentite perché non sono garanzia di buona amministrazione ed anzi rischiano di compromettere definitivamente lo sviluppo della città che rimarrebbe cosi prigioniera (come è stato con Abramo) di veti incrociati e di interessi particolari che ne rallenterebbero la crescita.
La giunta Speranza di qualche anno fa, nella vicina Lamezia ci dice che si può governare e bene una città, anche senza avere sufficienti numeri in Consiglio Comunale.
Il Sindaco di Catanzaro (eletto dalla stragrande maggioranza dei cittadini catanzaresi) ha in questo momento la responsabilità di un progetto che, se attuato, porterebbe drammaticamente indietro negli anni la città con ripercussioni pesanti sulla sua credibilità politica ( il Sindaco e solo lui dovrà assumersi la responsabilità diretta di un evidente cambio di rotta) ma purtroppo anche sulla credibilità delle forze politiche e civiche che sin dall’inizio (e non strada facendo) hanno sostenuto questa coalizione.
Una scelta infine che minerebbe anche la credibilità di una grande forza politica (massimo sponsor della scelta di Fiorita a sindaco) la quale - è il caso di sottolineare - dopo le primarie, ha radicalmente modificato la propria agenda politica. E ciò non è un dato secondario per gli anni a venire.”
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